Le lettere che seguono sono tratte dal libro di Gualtiero Cividalli, Dal sogno alla realtà - lettere ai figli combattenti - Israele 1947-1948, pp.368, piante e fotografie, Giuntina, Firenze, marzo 2005, curato da Francesco Papafava.

Gualtiero Cividalli, di ben sedimentata famiglia borghese, membro attivo della Comunità ebraica fiorentina, ingegnere edile di eccellente formazione e di avviata professione, sionista da sempre e anche patriota italiano (valoroso combattente sul Piave nel 1917-18, sodale dei fratelli Rosselli), costretto dalle leggi razziali, emigra in Palestina negli ultimi giorni del 1938 e nel marzo successivo è raggiunto a Tel Aviv dalla moglie Maria D’Ancona con i cinque figlioletti.
Le lettere che seguono sono la testimonianza, quasi giorno per giorno, senza soluzione di continuità, delle vicende iniziate in Palestina, all’indomani della spartizione del paese (sotto Mandato britannico) fra uno Stato ebraico e uno palestinese, decretata dall’Onu, e conclusesi di fatto nel novembre 1948 da Israele e gli stati confinanti, con la scomparsa della Palestina.
Gualtiero, il padre, a Tel Aviv, Paola a Gerusalemme assediata, Piero ai bordi del Negev e Bona in un kibbùz isolato, all’estremo nord della Galilea, narrano l’anno iniziale dello Stato d’Israele. Non solo per continuità epistolare, un racconto forse unico, perché scritto da protagonisti in atto, senza responsabilità politiche o militari, rivolto a se stessi e pertanto spontaneo e schietto, esente da quelle remore che sempre condizionano l’epistolario o la diaristica di chi occupa posizioni di comando. Sebbene Gualtiero, esperto di guerra combattuta, fosse attento anche al contesto internazionale, e i figli fossero di fronte al nemico, le lettere sono testimonianza non solo di politica e di scontri armati, ma pure dei contesti privati e anche sociali di quel conflitto, che si avvertono nella descrizione di fatti familiari, di parenti, molti in Italia e stretti, e di amici.

Alle 0,30 del 30 novembre 1947, a Tel Aviv, Gualtiero annota: “Pochi minuti fa l’Assemblea delle Nazioni Unite ha votato Risoluzione n°181 per la fondazione dello Stato ebraico e la divisione della Palestina. Non si può prevedere quello che avverrà: ancora ci saranno difficoltà, pericoli, lotte. I discorsi che sto ascoltando in questo momento alla radio, dall’America, le dichiarazioni degli Stati arabi dopo il voto a loro sfavorevole, non consentono di considerare la situazione tranquilla e pacifica. Ma il fatto grandioso rimane. La fondazione dello Stato ebraico è decisa da una grande maggioranza delle nazioni del mondo. La folla si riversa nelle strade; giovani ballano la hora. Un’atmosfera di festa sembra diffondersi per le vie di Tel Aviv. Pochi passi più in là, però, è Jaffa. Che cosa accade a pochi metri da noi? Il problema dei nostri rapporti con gli arabi, la necessità di trovare vie di umano accordo e comprensione, sono oggi, o dovrebbero essere, al centro dei nostri pensieri”.

La meditata annotazione prelude alla corrispondenza, che inizia con la lettera di Gualtiero, scritta nello stesso 30 novembre, all’amico fiorentino Carlo Alberto Viterbo, presidente della Federazione Sionistica Italiana.
“Caro Viterbo, a te e a tutti gli amici in Italia sento il bisogno di mandare un saluto da Erez Israel in questa alba di speranza e di festa. Il pensiero corre agli anni lontani, nei quali abbiamo lavorato, lottato, sperato insieme; agli amici e ai maestri che ci hanno guidato. Lo Stato ebraico non è ancora un fatto compiuto; ma quando, stanotte, abbiamo udito, dopo tante ore di ansiosa attesa alla radio, le voci dei delegati che pronunciavano il loro voto all’Assemblea delle Nazioni Unite, e poi la proclamazione dei risultati, abbiamo sentito che qualche cosa di grande, pur in mezzo a tante piccinerie, stava compiendosi. Le strade si sono popolate di gente festosa e ancora quasi incredula. Gruppi di giovani correvano, cantando abbracciati, ballando la hora per le strade e nelle piazze. Tutto non sarà facile adesso: lotte, difficoltà e pericoli non sono finiti. Il compito che si apre davanti a noi, materialmente e spiritualmente, è tale da far tremare. Ma per un attimo almeno concediamo a noi stessi e ai nostri ragazzi la gioia del sogno che si trasforma in realtà, anche se c’è una buona dose di illusione. Sta a noi di dare opera perché la realtà non sia troppo lontana dall’ideale. La città è in festa, per quanto si siano già diffuse notizie di alcun ...[continua]

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