Cari amici,
quando ero bambina, io, i miei fratelli e mia sorella giocavamo in un piccolo pezzo di terreno boscoso vicino a casa. Era un tempo, a differenza di oggi, in cui la maggior parte dei bambini erano liberi di vagabondare e di crearsi le proprie avventure. Venivamo mandati fuori alla mattina e non dovevamo tornare fino all’ora di pranzo. Ne combinavamo più di quante avremmo dovuto, ma imparavamo dal mondo intorno a noi e l’uno dall’altro. Imparammo a cadere coraggiosamente dagli alberi, ad arginare ruscelli e a correre a tutta velocità per campi pieni di ortiche e di cardi. Usavamo la nostra immaginazione e mi è rimasto impresso uno dei nostri giochi collettivi. Era un gioco in cui trasformavamo pozze di acqua stagnante, nere di foglie marcite e rami spezzati di ontani e di betulle argentee, in nostri personali palazzi nel bosco. Con rami, foglie e fango costruivamo tutte le stanze di una grande casa. C’erano sentieri che univano i pezzi della proprietà. Di notte facevamo piani dettagliati per scappare e vivere nei boschi -anche se non lo facemmo mai.

Ciò che avevamo anche, come bambini, era un senso del diritto di avere una casa. In Inghilterra c’è un detto, caduto in disuso, "La casa di un inglese è il suo castello”. La regola patriarcale dietro alla porta di casa non ha più peso e non dovrebbe averlo, ma c’era il presupposto che ci dovesse essere una porta da chiudere per tenere fuori il mondo esterno. Lo si considerava un diritto umano, questa cosa del riparo. Purtroppo oggi tutto quello che ha a che fare con i diritti fondamentali manca di chiarezza, come se avessimo dimenticato quello che con fatica è stato conquistato con due guerre mondiali e le lotte sociali. Adesso i diritti vengono trasformati in privilegi. La casa deve essere considerata un privilegio? L’articolo 17 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani dice che "Ognuno ha il diritto di possedere una casa di proprietà, da solo e in associazione con altri. Nessuno potrà privarlo deliberatamente di quella proprietà”. Sotto il governo di Margaret Thatcher ci fu un momento in cui l’idea dei diritti e i diritti a una casa cambiò in modo fondamentale. Non si trattava più di avere un semplice diritto al riparo. Il suo punto di vista era: perché qualcuno dovrebbe avere diritto a qualcosa? È ora di crescere, gente. Ma, paradossalmente, si poteva avere il diritto di possedere la casa dell’edilizia popolare. Questa fu l’ambizione dell’anno 1979: creare una "property-owning democracy”.

I risultati di quel singolo atto di governo hanno contribuito alle miserie di oggi sotto molti aspetti. "La promessa di ‘una democrazia proprietaria’ creò più proprietà immobiliari, ma nessun investimento per le future generazioni. Adesso c’è una crisi degli alloggi. La deregulation finanziaria ha posto il mercato immobiliare al centro di un’economia da gioco d’azzardo che si è formata su bolle azionarie e speculazioni. In Europa, la ricchezza dinastica è aumentata contemporaneamente all’aumento di povertà e disuguaglianza” così dicevano Jon Cruddas e Jonathan Rutheford sul "Guardian” l’anno scorso. "Negli ultimi trent’anni la quota di ricchezza nazionale posseduta dalla parte inferiore della popolazione è calata dall’8% al 5%. La quota della ricchezza nazionale destinata ai salari è calata drammaticamente. La connessione fra produttività e salari è stata spezzata e dal 2000 gli aumenti di produttività sono risultati il doppio degli aumenti salariali. I conservatori hanno spezzato la rete di protezione del welfare indebolendo il valore delle indennità e della pensione sociale. Le famiglie a basso e medio reddito hanno chiesto prestiti per sostenere il loro tenore di vita, raggiungendo livelli inediti di debito personale. L’eredità economica dei conservatori consiste in un massiccio trasferimento di ricchezza e potere dalla maggioranza della popolazione al capitale, dai poveri ai ricchi e dal paese a Londra. L’economia è stata finanziata a spese della creazione di una ricchezza più giusta”.
La crisi di cui parlavano nel 2010 è ancora più marcata oggi perché ci troviamo in un’altra recessione e l’intera Europa cala a picco.

Proprio questo mese, in un solo giorno, mi sono imbattuta in un’esperienza che non avrebbe potuto essere più emblematica dell’esistenza di due Inghilterre; una chiara rappresentazione dei tempi in cui viviamo. Il paradosso e le sfide dell’Inghilterra di oggi si sono concentrate nella visita alla "casa più confortevole ...[continua]

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