Lei, fin dai tempi della guerra del Golfo, ha polemizzato col pacifismo, e anche ora per la Bosnia. Perché?
Il motivo principale è questo: per un cristiano uno può accettare di non difendersi, ma, potendo fare qualcosa, può accettare senza fare nulla che l’altro venga ucciso? Questo è il problema fondamentale che si pone nel caso morale della difesa. Uno può rinunciare all’autodifesa, ma in linea di principio non può rinunciare alla difesa degli altri, né può pensare che l’insieme degli uomini di una comunità civile possa fondarsi sul principio della rinuncia all’autodifesa. La difesa è uno degli scopi fondamentali della convivenza umana. In questo senso una posizione che escludesse in modo radicale il diritto di una comunità politica a difendersi sarebbe la negazione della comunità politica.
Dal punto di vista cristiano la negazione totale della difesa è un’antica eresia. Perché ci sono testi contrari nel Vangelo: il Battista ai soldati o gli elogi sperticati di Gesù a un centurione romano. Gesù stesso rinunciò alla propria autodifesa, ma non a quella degli altri, tant’è vero che, in sostanza, non organizzò la propria difesa e in questo senso permise agli altri di andar via, di fuggire, di salvarsi. La rinuncia all’autodifesa è possibile, Gesù la fece, quella alla difesa altrui no, né per il singolo né, certamente, per la società. Se, come fa un certo pacifismo, si rinuncia sempre e comunque alla difesa dell’aggredito nessuna vita civile è possibile. In realtà il pacifismo come pensiero è impensabile e nel cristianesimo è un’eresia senza nessun fondamento nella scrittura.
Tutti quelli che l’hanno sostenuto -dai montanisti che, con una posizione estrema, da chiesa antica, negavano che il cristiano dovesse sottoporsi agli obblighi mondani e che quindi non potesse fuggire il martirio, ai catari che negavano il valore dell’autorità civile- sono sempre stati considerati eretici.
Quindi: per ragioni teoriche generali, e cristiane particolari, io non ho mai capito il pacifismo, quello assoluto naturalmente. Forme di ricerca della pace sono sempre possibili, ma richiedono sempre consenso e quasi sempre una qualche applicazione della forza. Ora la possibilità che si era offerta con la guerra del Golfo -con l’uso di una forza internazionale- era quella di passare da una situazione in cui la guerra era la soluzione dei conflitti fra i popoli e quindi come esercizio della difesa -tra l’altro ogni guerra si è sempre legittimata dal diritto alla legittima difesa, la paura di un’aggressione legittimava l’attacco- a una situazione in cui un’autorità internazionale imparziale giudicasse un conflitto e applicasse una sanzione. Era cioè applicare in campo internazionale il metodo che ha reso possibile la soluzione dei conflitti particolari all’interno della comunità politica. E’ vero che questo fu reso possibile da una circostanza particolare: era interessata l’area petrolifera e un monopolio di Saddam Hussein su quella zona del petrolio avrebbe sconvolto la comunità internazionale. Si era, cioè, creato un motivo di bene comune economico internazionale che fu la base materiale per l’applicazione di un principio etico-giuridico fondamentale: il diritto della comunità internazionale a riconoscere le aggressioni, a giudicarle e, nel caso, a intervenire per tutelare l’aggredito. Il che è conforme alla carta dell’Onu che è nata proprio per giudicare un’aggressione ed eventualmente sanzionarla.
Il pacifismo allora praticamente cosa difese? Il principio che la società internazionale non dovesse intervenire nel caso di un’aggressione. Un principio, cioè, che a me sembrò reazionario perché andava contro quello che era un progresso storico.
Nel caso della Bosnia, purtroppo, questo principio non s’è applicato. Perché? Non tanto perché non ci fossero interessi per intervenire, ma perché l’Europa stessa era divisa sulle parti da sostenere. Ero e resto convinto che se si fosse bombardato i serbo-bosniaci quando cominciarono a bombardare, non si sarebbe arrivati a questo. Che se ci fosse stato un minimo di volontà da parte della comunità internazionale o anche solo della Comunità Europea, o della Nato, di bloccare la cosa dall’inizio questo non sarebbe accaduto. Non si volle. E non si volle perché c’erano simpatie franco-britanniche per la Serbia, c’erano simpatie russe per la Serbia che pesavano sugli Stati Uniti, ma in realtà io credo che, alla fin fine, ci sia stato un veto reciproco che ha neutralizzato le parti. Tutte sono convenu ...[continua]

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