2 GIUGNO 1995
La città è ancora tesa, nonostante l’abitudine. Dopo il bombardamento dell’altro giorno, dalle 4.30 fino alle 7.00 del mattino, con decine e decine di fortissime detonazioni, Sarajevo è tornata alla sua normale quotidianità, piena di rischi ma non di paura. C’è tanta depressione e frustrazione per la strage di Tuzla dove 70 giovani sono stati uccisi e 150 feriti. Il mondo non ha avuto il tempo di impressionarsi e di reagire alla strage di Tuzla, la più grande insieme a quella del mercato di Sarajevo da quando è iniziata la guerra, perché subito c’è stata la cattura dei soldati dell’Onu. Sulle tv di tutto il mondo la notizia di Tuzla ha resistito per poco tempo. Da noi ancora tutti i giorni se ne parla e la tv trasmette immagini e interviste. I genitori e i parenti dei ragazzi -mussulmani, croati, serbi- hanno deciso di seppellirli tutti insieme piuttosto che nei cimiteri etnici e il funerale s’è svolto alle tre di notte, per evitare di fornire il bersaglio per un’altra strage. Le immagini di questo funerale hanno colpito molto i sarajevesi, che ora sono in attesa, come sempre dopo avvenimenti importanti che accadono fuori della città, di vedere cos’altro accadrà loro. La città è rimasta molto impressionata anche dalla notizia del sequestro dei soldati Onu da parte dei serbo bosniaci. Noi non condividiamo la politica dei paesi europei, ma siamo grati alle persone venute ad aiutarci rischiando la loro vita. Non credo che abbiate visto le immagini trasmesse dalla tv di Pale, dove si vede una giornalista serba che allunga il microfono e chiede a un soldato, credo francese, legato a un radar, se qualcuno lo maltratta. E lui risponde che no, nessuno lo sta maltrattando... Un altro soldato, canadese, ha invece risposto che se l’Onu ritenesse utile bombardare quel radar a lui non interesserebbe, anzi.
Stiamo aspettando con grande preoccupazione le prossime mosse della comunità internazionale. Quei 5000 soldati inglesi, altri 2000 francesi, tutti specialisti, commandos pronti ad intervenire, ci fanno temere sia perché Francia e Gran Bretagna si sono dimostrate finora più amiche dei serbi che della Bosnia e sia perché potrebbero avere il compito di imporre una pace immediata attraverso il congelamento della situazione così come è oggi, il che significherebbe premiare l’aggressione dei serbi, abbandonare Sarajevo nell’isolamento vissuto da tre anni, rendere inutili tutti i sacrifici fatti dai bosniaci. Sarebbe una grande sconfitta non solo del popolo bosniaco e del suo governo, ma della comunità internazionale.
Per quanto riguarda le condizioni della popolazione, queste sono peggiorate improvvisamente. Siamo senza acqua, gas, luce. Le file per l’acqua sono lunghe centinaia di metri e si aspetta per circa due ore. Questa è un’ottima situazione per chi dalle montagne spara cercando altre stragi. I vigili per la strada aiutano la gente a rifornirsi d’acqua più in fretta possibile perché il pericolo di un massacro è terribilmente concreto. E’ molto caldo e senz’acqua aumentano le possibilità di malattie e di epidemie. Tutto questo rende la situazione veramente dura. Di notte la città piomba nel buio assoluto e per quel che ne so ci sono solo due o tre bar aperti. La città, in compenso, è piena di voci, nel senso di notizie che girano di casa in casa e raggiungono tutti. Proprio oggi, mentre venivo alla redazione di Dani, un amico mi ha fermato e mi ha detto che fonti Cnn danno per certa l’uccisione di Karadzic. E’ successo altre volte, e naturalmente non è vero neppure questa volta. Certo, nessuno più di noi vorrebbe che fosse vero, però credo che sarebbe molto meglio riuscire a trascinarlo di fronte al tribunale per i crimini di guerra dell’Aja.
Sull’ultimo numero della nostra rivista abbiamo dibattuto di una questione che tormenta tutti i cittadini di Sarajevo: sarà possibile rompere l’assedio e quando? L’abbiamo chiesto anche al presidente Izetbegovic, il quale ci ha risposto così: ci riusciremo fra il 25 maggio e il 25 novembre. Quindi, entro sei mesi. La liberazione di Sarajevo non dipende solo dai bosniaci e dal loro esercito, ma da molti altri fattori, primo fra tutti l’atteggiamento della comunità internazionale. Fino ad ora era evidente che non le interessava affatto liberare Sarajevo, ma ora sembra che stiano considerando questa opzione, forse perché sono allo stremo delle forze. Vedremo. Dal punto di vista militare la situazione adesso è questa: intorno a Sarajevo ci sono ancora p ...[continua]

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