Cos’è che nel resto d’Italia non si è ancora capito della realtà del Nordest?
E’ un anno che vado scrivendo un mese sì e uno no su il Sole 24 Ore a proposito della Lega che la cosa monta, che è un fenomeno che cresce. E dopo ogni risultato elettorale ci si stupisce, scoppia il problema e ci si chiede il perché. Attualmente, stanno scendendo da Roma torme di giornalisti, abituati solo a parlare fra loro, che si stupiscono vedendo che i mau mau sono diventati ricchi perché si abbruttiscono a lavorare come bestie 30 ore al giorno e poi votano Lega perché continuano ad essere, come prima, la periferia dell’impero. Ma sono io a stupirmi che ci si possa stupire dei risultati della Lega.
Esiste una questione settentrionale, chiamiamola così, che è maturata tra gli anni Sessanta e Settanta, è esplosa negli anni Ottanta, ma non ha trovato, però, alcun tipo di risposta politica. La Lega è un soggetto politico che la interpreta a modo suo: fino ad ora l’ha fatto, eminentemente, in termini di denuncia, di enfasi, di accelerazione delle fratture, non di progettazione. Ho appena scritto un pezzo per Micromega intitolato "L’importanza di Zermeghedo". Ora, I’importanza di Zermeghedo sta a sottolineare l’incapacità di vedere, la distorsione ottica degli osservatori e degli attori politici in Italia nell’ultimo trentennio abituati a guardare i fenomeni, i processi che avvengono nei centri politici, urbani, metropolitani, sottovalutando ciò che avviene in quelle che tecnicamente sono considerate le periferie, con la piccola aggravante che oggi le periferie sono i centri dello sviluppo economico, sociale e urbano. Zermeghedo è un comunello di qualche migliaio di abitanti che sta nella Val del Chiampo, dove la Lega questa volta ha preso il 60% mentre nel 1983 ai suoi inizi, aveva preso, guarda caso, il 12%. In quella zona è esattamente da 13 anni che con cadenza sussultoria il fenomeno si gonfia, riappare, esplode, riparte.
Ora, le ragioni che hanno fatto emergere una "questione settentrionale" sono le stesse che spiegano il fenomeno leghista, la sua nascita e, ora, il suo consolidamento.
Dai dati elettorali emerge un rapporto molto stretto fra la Lega di oggi e la Dc di ieri...
Questo è assolutamente evidente. E’ proprio quello lo scarto di questa fase: il passaggio dalle elezioni del ’94 a quelle del ’96 è spiegato statisticamente anzitutto dal voto dato alla Dc nelle elezioni del ’92. La Lega è cresciuta tanto più dove più era forte la Dc: in tutta la corona dei comuni, o meglio nei 50 collegi, dove oggi la Lega è più forte, la Dc aveva ottenuto il 36% nel ’92. Viceversa, dove oggi la Lega è più debole, la Dc aveva in media, nel ’92, il 5%. Nei collegi oggi leghisti in media la Dc, nel ’92, aveva raccolto il 32-33% dei voti, mentre in quelli dell’Ulivo e del Polo raccolse il 22-23%. Quindi, la Lega è andata a riempire lo spazio che la Dc lasciava libero, la crescita è tutta lì. Se tu isoli i 40-50 collegi forti, il dato è impressionante: Bergamo, Bergamo, Treviso, Brescia, Verona, Varese... Sono province nelle quali la Dc aveva il 50% e passa di voti, sono le province che hanno dato i natali ad almeno quattro papi di questo secolo: Luciani, Montini, Roncalli, Sarto... Insomma, la "sacrestia d’Italia"! Tra i leghisti "fedeli" il 46% va a messa tutte le domeniche; questa pratica cala però fra i leghisti "sommersi" o i leghisti "acquisitivi", che hanno votato Lega prevalentemente perché ce l’hanno con Roma. Nel ’93 ho fatto una topografia dei comuni delle province di Vicenza e Treviso e li ho divisi in quattro tipi in base alla frequenza della messa e al voto alla Dc dal dopoguerra ad oggi: la Lega esplode nel 1983 in quelle zone in cui nel 1979 c’era un voto alla Dc molto superiore alla media, ma una presenza alla messa molto inferiore alla media. Vent’anni prima in quelle zone la frequenza alla messa era molto superiore alla media.
Questa forbice fra voto alla Dc e bassa frequenza alla messa, mostra come il doroteismo, cioè il partito degli interessi territoriali, fosse il vero volto della Dc veneta.
Secondo aspetto: dov’è cresciuta la Lega e dov’è forte oggi? Tra la zona di minore radicamento e quella di maggiore radicamento della Lega c’è un rapporto di uno a due nel tasso di industrializzazione e di uno a due nel tasso di presenza di aziende industriali. La Lega è forte in zone ad altissimo tasso di sviluppo produttivo, di occupazione industriale e di sistema industriale fondato sulla diffusione delle azi ...[continua]

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