Luigi Manconi è sottosegretario alla Giustizia.

Tu da tempo contesti la validità di un’analisi, che anche a sinistra riscuote un forte credito, secondo cui da una parte c’è una morale cattolica forte, a tutto tondo, e dall’altra c’è solo una specie di pragmatismo laico. La tua idea invece è che ci sono “più morali al lavoro”. Ultimamente il quadro s’è ancora più complicato, con una discesa in campo sempre più manifesta della chiesa cattolica.
E’ vero, ultimamente c’è stato un importante cambiamento: la morale di ispirazione religiosa, considerata declinante e addirittura in profonda crisi innanzitutto dai titolari istituzionali di quella stessa morale, ovvero le gerarchie cattoliche, ha avuto uno straordinario rilancio in rapporto a due eventi normativo-politici che sono il referendum sulla legge a proposito della fecondazione assistita e la mobilitazione contro la proposta di legge del governo sulle unioni civili, diventando tendenzialmente maggioritaria sul piano mediatico, ma soprattutto sul piano politico parlamentare.
Io ritengo che pochissimo sia cambiato nel senso comune, nella mentalità collettiva, nella stessa coscienza individuale e comunitaria dei cattolici. Certo, c’è stato uno scatto di orgoglio, certo, ci sarà stato un rafforzamento delle convinzioni, certo ci può essere stato un allargamento, ma questo è poco significativo rispetto a quello che è stato, invece, il successo straordinario ottenuto sul piano mediatico e sul piano politico-parlamentare.
A cosa si deve tale paradosso? Credo lo si debba alla debolezza da parte della cultura e della politica di ispirazione non religiosa a elaborare un proprio sistema di valori e una propria morale (che io esito a chiamare laica perché è un termine che non apprezzo, preferisco l’espressione, anche se più lunga, “di ispirazione non religiosa”) altrettanto robusta e, soprattutto, altrettanto capace di orientare le scelte politico-parlamentari, ma ancor prima gli orientamenti collettivi.
Si è palesata, cioè, ancora più brutalmente una falsa rappresentazione che vede da una parte una morale, ancorché, mi ripeto, declinante se non in grave crisi e, dall’altra, l’amoralità, l’utilitarismo se non il cinismo.
Questo si deve a molte ragioni, io ne ho in mente alcune. Innanzitutto al fatto che questo campo della morale non è stato mai trattato con capacità innovativa da parte della sinistra e del mondo laico. La sinistra ha in genere coltivato valori otto-novecenteschi di natura economico-sociale e di giustizia, assolutamente fondamentali, ma ha pressoché ignorato altri campi come i rapporti tra i sessi, l’educazione dei figli, le relazioni tra le persone, l’idea di futuro, il rapporto tra sistema industriale e natura, tutti questi campi che costituiscono poi quelle grandi questioni del vivere e del morire e che rappresentano in termini disciplinari la bioetica.
Benché singolarmente uomini della sinistra, scienziati, filosofi, eticisti li coltivassero, questi campi sono stati trascurati in una maniera fallimentare, fino -vorrei dire- a dieci anni fa, forse ancora meno. Questo ha impedito che ci fosse una morale autonoma.
In secondo luogo, o la sinistra, in una sua parte tutt’altro che esigua, ha subito i valori della chiesa cattolica o ha portato avanti una contestazione della morale di ispirazione religiosa, quando era dominante ma anche quando non lo era, di tipo utilitaristico economicistico, cioè strumentale, del tipo “ciascuno è padrone di se stesso, io sono libero di fare ciò che credo”, “non posso accettare interferenze della chiesa e dello stato”, non riuscendo, cioè, a riempire queste affermazioni pur sacrosante di contenuti valoriali, di ispirazione morale, di uno sfondo etico.
Queste sono almeno due ragioni.
Ce n’è persino una terza ed è che chi non vuole assumersi la fatica di elaborare una morale fondata su criteri e su principi di ispirazione non religiosa, chi non si rassegna a una interpretazione solo utilitaristica della critica alla morale di ispirazione religiosa, finisce col trovare più rassicurante aderire semplicemente a quella religiosa. Perché il fascino di quella religiosa, e in particolare di quella cattolica, invia un messaggio estremamente suggestivo.
La chiesa cattolica dice -ormai da decenni e con grande intelligenza- che la nostra morale non va rispettata perché mossa da preoccupazioni, criteri o valori di ordine religioso, bensì perché corrisponde alla morale naturale. Qui c’è un formidabile argome ...[continua]

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