Ugo Leone, già professore ordinario di Politica dell’ambiente presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Napoli "Federico II”, è presidente del Parco nazionale del Vesuvio.

Lei denuncia da tempo un’ignoranza diffusa, se non un disinteresse, nel nostro paese riguardo la geografia. Può parlarne?
Voglio raccontare un fatto di pochi minuti fa: girando nel corridoio e guardando fra gli scaffali, mi è capitato fra le mani un vecchio opuscolo del Touring Club, 1998, che si intitola "Perché insegnare la geografia in una innovata scuola moderna e interdisciplinare”. Leggo solamente le prime righe del primo capitolo: "Geografia, una fine annunciata nella scuola italiana? La geografia è morta. Addio geografia, la geografia è destinata a scomparire dalle scuole italiane. Questi sono alcuni dei titoli comparsi sui maggiori giornali nazionali, dal momento in cui, nel mese di maggio 1997, è stato presentato il progetto sperimentale varato dal Ministero della Pubblica Istruzione e denominato ‘Ipotesi di sperimentazione da attuare nei primi due anni di scuola secondaria superiore’”. È un problema, questo, che ci trasciniamo da anni. Come geografo, io poi lo vivo quasi come problema personale, ma non è così. Qualunque argomento che attiene alla cultura riguarda la collettività, soprattutto quando cultura significa trasferimento di conoscenze che inducono a comportamenti.
Nel caso della geografia, quindi, non si tratta solo di una riduzione di cultura. L’Italia è un paese che ha avuto fino a pochi decenni fa gravi problemi di analfabetismo, che sono stati in buona parte colmati per quanto riguarda l’aspetto quantitativo: oggi non c’è quasi nessuno che non sappia leggere, scrivere e far di conto, e tuttavia permane una grossa ignoranza.
Lo si è visto quando nel programma televisivo "Le iene”, alcuni deputati e senatori sono stati sottoposti a domande abbastanza semplici, come: quando è scoppiata la rivoluzione francese? Quando è stata scoperta l’America? Allora, può essere anche accettabile che uno non sappia il 1789 o il 1492, ma sbagliare di due o tre secoli è veramente indice di ignoranza, così come lo è non conoscere le caratteristiche del paese che gli elettori hanno chiamato a governare, e questo attiene proprio alla geografia.
La geografia è sempre stata associata a certe specificità: dove sono i fiumi, i laghi, le capitali, eccetera, un’impostazione da Lascia o Raddoppia. La geografia oggi, e da parecchi anni, è profondamente cambiata, non è più quella simpaticamente descritta nel Piccolo principe.
Quando il Piccolo principe, nel suo girovagare, arriva al Sesto pianeta, si incontra con un vecchio signore che scriveva enormi libri e gli chiede: chi sei? Il signore risponde: sono un geografo. Leggo: "E che cos’è un geografo? È un sapiente che sa dove si trovano i mari, i fiumi, le città, i monti, i deserti. È interessante, disse il Piccolo principe, questo finalmente è un vero mestiere. È molto bello il vostro pianeta, disse: ci sono degli oceani? Non lo posso sapere, disse il geografo. E ci sono delle montagne? Non lo posso sapere, disse il geografo. E delle città, dei fiumi, dei deserti? Neppure lo posso sapere. Ma siete un geografo? Esatto, ma non sono un esploratore. Manco completamente di esploratori. Non è il geografo che va a fare il conto delle città, dei fiumi, delle montagne, dei mari, degli oceani, dei deserti. Il geografo è troppo importante per andare in giro”.
Ecco, la geografia per molto tempo si è sentita troppo importante per andare in giro. Invece è una scienza in cui bisogna andare in giro. Il girovagare sul territorio, quello che un grande meridionalista come Giustino Fortunato chiamava, con riguardo a quello che lui aveva fatto per conoscere la realtà meridionale del nostro paese, "il ventennale peregrinare pedestre”, è fondamentale. Fortunato aveva percorso il Mezzogiorno in lungo e in largo rendendosi conto che non era quella ricca terra che molti viaggiatori stranieri avevano descritto, bensì una terra sfavorita dalla natura, perché difficile, arida, naturalmente predisposta al dissesto; non a caso ne parlava come dello "sfasciume pendulo sul mare”.
L’ignoranza della geografia, se vogliamo, è più grave di altre...
Già. Non si tratta, infatti, soltanto di non sapere dove sta il Sahara, New York o il Kilimangiaro. Conoscere la geografia vuol dire, ad esempio, sapere dove si trovano le risorse del pianeta, quali sono i paesi che ne sono detentori, quali quelli ...[continua]

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