Hassen Clubist ha 26 anni e vive in Medina, quartiere centrale e popolare di Tunisi. A marzo, dopo la Rivoluzione, si è imbarcato su una delle tante carrette del mare che dalla Tunisia sono arrivate a Lampedusa.

A marzo, dopo la Rivoluzione, ho deciso di partire. Se vuoi partire devi sapere a chi rivolgerti. Ci sono delle piccole "organizzazioni” che se ne occupano: devi accettare certe condizioni di viaggio, il mare... Di solito l’organizzazione è fatta da tre persone: quello che guida la barca, quello che organizza e quello che va in giro a spargere la voce, diciamo. Così, nei quartieri, c’è qualcuno che va discretamente a informarsi su chi vorrebbe partire, mettendolo in contatto con il "rais” che poi farà effettivamente il viaggio. Il viaggio costa: io ho speso duemila dinari (circa mille euro), tra l’altro ho tentato due volte, la prima siamo stati fermati dalla polizia appena partiti. La seconda invece ce l’ho fatta.
Siamo partiti da Tunisi e siamo andati a Sidi Mansour, sulla costa, dove siamo rimasti tre giorni nascosti in una foresta, ad aspettare che i "capi” ci dessero il via libera. Finalmente, al terzo giorno, verso le cinque del mattino un uomo è venuto a dirci che saremmo partiti. È raro che si parta la mattina, perché ci sono più pattuglie in mare, ma quel giorno, a causa di uno sciopero della polizia, la zona era meno presidiata. Verso le nove ci siamo radunati sulla spiaggia. Io ero con un gruppo di amici e conoscenti, ci eravamo "preparati” e accordati per salire per primi sulla barca. Anche se quando l’abbiamo vista... Faceva quasi ridere: era una piccola imbarcazione per pescatori.

Comunque quando siamo arrivati sulla spiaggia c’era molta più gente di quella che ci aspettavamo. Già noi del quartiere eravamo in 58. Là c’erano almeno altre 130 persone. Il clima si è fatto subito teso, eravamo tutti sospettosi, si parlava sottovoce. Tutti volevano partire per primi ovviamente. In più tutti avevamo qualche arma, dal coltello fino a qualcuno con, addirittura, dei lacrimogeni. Io e i miei amici ci siamo messi da una parte e abbiamo chiamato il responsabile, eravamo un po’ alterati: pensavamo di essere i soli e invece c’era un sacco di altra gente. Lui ha cercato di calmarci e poi ha chiamato un altro che ci ha assicurato che, visto che eravamo il gruppo più compatto, saremmo partiti per primi. Eravamo in qualche modo i "favoriti”: tutti della capitale, i più numerosi, insomma, i più forti. Gli altri venivano dai paesini, erano meno compatti e non sapevano come cavarsela. Il rais ci ha comunicato che ci avrebbe fatto un segno al momento di salire. E, verso mezzogiorno, ci ha fatto questo "segno”. Intanto erano passate altre cinque, sei ore. Per non parlare del fatto che nei precedenti tre giorni non avevamo mangiato praticamente nulla.

Sono stato tra i primi a salire a bordo. Ci hanno caricato a gruppi di venti: la spiaggia di Sfax non è come le altre, il mare diventa subito profondo, per cui bisogna camminare una ventina di metri e poi salire su delle barchette che ti portano a quella più grande. Bisognava anche fare il più velocemente possibile perché sulla spiaggia la situazione era sempre più tesa: tutti volevano salire.
E così è iniziata l’avventura di Jack Sparrow!

Dopo circa quattro ore di mare ci siamo imbattuti in una pattuglia della polizia tunisina. Si sono avvicinati alla barca e ci hanno intimato di rientrare: per la notte era prevista una grossa tempesta. Hanno cercato di spaventarci, provocando delle onde con la loro barca (nulla rispetto a quello che ci aspettava, ma in quel momento non lo sapevamo). Abbiamo detto loro di lasciarci in pace: c’era stata la rivoluzione e non avevamo più paura, non temevamo né gli sbirri, né le armi. La polizia allora ha chiamato un’altra pattuglia, ed è arrivata un’imbarcazione più grande: questa volta era l’esercito. Erano ragazzi giovani, gentili, brava gente... Io li rispetto, fanno il loro lavoro. Hanno girato intorno alla nostra barca, provocando altre onde e ci hanno ordinato di fermarci. La nostra barca aveva preso a ondeggiare, ma noi abbiamo tirato fuori i coltelli, li abbiamo avvertiti che non ci saremmo fermati, che non era nemmeno il caso di chiedercelo.
Loro si sono limitati ad avvicinarsi e a mostrarci un telo che avvolgeva dei corpi. "Li abbiamo appena tirati fuori dell’acqua”. Uno era tutto blu, gonfio. A quel punto alcuni, spaventati, si sono gettati in acqua e hanno raggiunto la barca dell’esercito. Dei ...[continua]

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