Ignazio Marcozzi, medico di famiglia, esperto di dipendenze, è stato Presidente dell’Agenzia per le tossicodipendenze del Comune di Roma fino al 2009.

Lei si è occupato di tossicodipendenza fin dagli anni Settanta. Cos’è cambiato rispetto al consumo e alle sostanze stesse?

Di tossicodipendenza mi occupo da quando avevo vent’anni ed ero studente di Medicina. Me ne sono occupato prima da un punto di vista sociale e anche politico, poi da un punto di vista medico-scientifico e infine come amministratore di un’agenzia comunale per circa 12 anni. Oggi continuo a occuparmene per quei pochi pazienti tossicodipendenti che mi sono rimasti come medico di medicina generale.
Chiedeva cos’è cambiato. Beh, è cambiato moltissimo. Negli anni Settanta abbiamo assistito all’emergere di quella che poi è stata un’emergenza vera e propria e che è durata tanti decenni cioè la dipendenza da eroina. Prima, negli anni Sessanta c’era un consumo limitato a delle élite culturali e ad alcune tendenze giovanili. Il mondo giovanile, hippy, beat, con questi riferimenti alla musica e ai figli dei fiori, si rivolgeva alla cannabis. Roma aveva questa caratteristica del cinema che riguardava la cocaina. Ma parliamo di due settori minoritari della società e abbastanza impermeabili. Ecco, negli anni Settanta i consumi sono diventati sempre più di massa. Non solo, il consumo della cannabis, se all’epoca non era problematico, oggi lo è. Il contenuto di tetraidrocannabinolo presente nella cannabis negli anni Sessanta e Settanta era di molto inferiore a quello che c’è attualmente.
Quindi è vero che le droghe leggere non sono più così leggere...
No, non sono più così leggere perché c’è stata una selezione delle piante e oggi il contenuto è sicuramente dieci volte superiore a quello di una volta. Anche i danni alla salute e i comportamenti sono cambiati. Intanto c’è stata una diminuzione sempre maggiore dell’età di accesso al consumo. Lo stesso consumo è diventato sempre meno collettivo e sempre più finalizzato a una forma di autoterapia: viene utilizzato come un vero e proprio ansiolitico.
Negli anni Settanta il rito dello spinello era fondamentalmente, direi esclusivamente, collettivo. Poteva riguardare poche o molte persone però era un rito collettivo e aveva che fare con un’allegria dello stare insieme, con l’accompagnare momenti musicali. Col tempo è diventato sempre più un consumo abitudinario e isolato. Io conosco molte persone che fanno un uso, appunto, ansiolitico della cannabis, cioè se la fumano da sole la sera prima di andare a dormire o in altre circostanze non socializzanti.
Diceva che il consumo è diventato di massa.
Il consumo di hashish e marijuana credo che possa riguardare circa quattro milioni di persone in maniera saltuaria o abitudinaria e con delle problematiche giovanili che non sono più così indifferenti. Ovviamente se si aumenta la frequenza del consumo e si diminuisce l’età di inizio, beh, gli effetti si vedono.
Il tetraidrocannabinolo si accumula nel nostro grasso quindi viene dismesso lentamente. Questa dismissione può durare anche un mese o più determinando degli effetti psicologici, fisici.
Oggi si parla della cosiddetta "sindrome amotivazionale”. Ecco, io ho l’impressione che nelle generazioni degli anni Novanta e Duemila soprattutto, un consumo massiccio abbia determinato sicuramente un minore impegno scolastico, un minor impegno fattivo, costruttivo della propria identità.
Che effetti produce la cannabis?
La cannabis può scatenare una serie di effetti molto diversi. A qualcuno abbassa la glicemia, ad altri la alza, dipende molto da chi incontra, e anche dalla situazione. La dispercezione sensoriale è sicuramente uno degli effetti ricercati; una dispercezione che può essere di tipo uditivo, che si ricerca proprio per ascoltare (o per fare) musica in maniera diversa dal normale. Una dispercezione visiva, cioè una diversa visione dei colori delle cose che può essere anche pericolosa. Per esempio nella guida di un automezzo, la persona sotto l’effetto di cannabis può avere un particolare piacere nel guardare la luce del semaforo. Abitualmente chi fuma guida più lentamente, che in questo caso non vuol dire essere più sicuro per sé e per gli altri, perché ci sono dei ritardi nelle reazioni, nei riflessi necessari per un’operazione complessa come quella della guida. Un altro effetto è quello di uno stato maggiormente sognante, meditativo, assieme a un’alterazione della valutazione dei propri mezzi e ...[continua]

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