Kenan Malik, giornalista inglese, ha militato nel movimento anti-razzista in Gran Bretagna e ha recentemente pubblicato il libro The Meaning of Race (Il significato della razza, ndr.). Vive e lavora a Londra.

Nel tuo libro hai affrontato il problema del significato del termine multiculturalismo e dell’uso che ne viene fatto. Che definizione ne dai?
Quello del multiculturalismo è diventato un linguaggio attraverso il quale oggi vengono propagate idee razziste. Al centro dell’idea di razza vi è la convinzione che l’umanità sia divisa in diversi gruppi aventi differenze immutabili fra loro. Ogni gruppo ha delle proprietà speciali che lo definiscono e il suo destino è legato a queste proprietà, diverse da ogni altro gruppo.
Nel XIX secolo queste differenze venivano viste in termini biologici, oggi vengono viste in termini culturali, ed è a questo che diamo il nome di multiculturalismo. Il nazismo e l’Olocausto hanno screditato le teorie biologiche della razza, che ora vengono tradotte nel linguaggio del pluralismo culturale, che nel dopoguerra è divenuto il linguaggio accettabile per discutere di ciò che prima veniva discusso in termini di differenza biologica.
Tuttavia, per molti la parola multiculturalismo non è legata al razzismo, anzi, viene spesso usata in un’accezione positiva.
Certo, ed è interessante vedere quali sono le radici di questo termine, che cominciò ad essere usato negli studi antropologici delle società coloniali come la Birmania o l’lndonesia. Il termine che veniva impiegato a quei tempi era "multirazziale", che descriveva una società segmentata, nella quale la popolazione si "combinava ma non si mischiava". Ovviamente, la popolazione non si mescolava per via delle leggi coloniali, ma gli antropologi studiarono il fenomeno come se fosse causato dall’esistenza di diversi valori, diverse attitudini, diversi stili di vita. Dopo la guerra l’immigrazione di massa in Europa occidentale creò società segmentate perché i nuovi immigrati erano visti come diversi, non appartenenti alle nostre società. Le pratiche sociali e politiche fecero poi in modo che l’eguaglianza non venisse estesa ai gruppi di immigrati. In breve, l’ineguaglianza venne razionalizzata come multiculturalismo. Così, invece di dire che in Gran Bretagna viviamo in una società ineguale, diciamo che viviamo in una società multiculturale. "Multiculturalismo" è diventato il nome in codice della differenza. Ecco di che cosa si tratta: è il fallimento della nostra società nell’estendere la realtà dell’ eguaglianza a tutti i cittadini.
Oggi sempre più spesso gli immigrati tendono ad affermare le loro abitudini tradizionali, viste come ancore di salvezza in un mondo ostile. E’ una reazione naturale, se vivi in un mondo che ti rifiuta e di cui non puoi far parte, ma questo non ha nulla a che vedere con un mondo multiculturale. Molti giovani musulmani a Bradford, Marsiglia o Berlino, che vanno raramente alla moschea e magari mangiano carne di maiale, difendono ferocemente la loro identità musulmana perché è un modo per difendere la dignità della loro comunità in un momento in cui i sentimenti anti-islamici sono così forti. Esaltando le differenze, in realtà esaltiamo la diversità imposta alle persone piuttosto che la diversità che queste persone hanno scelto. Finché vivremo in una società razzista e ineguale, le persone non potranno scegliere liberamente quello che vorranno essere. In fin dei conti, attraverso la celebrazione del multiculturalismo, esaltiamo l’imposizione razzista della differenza, non pratiche culturali liberamente scelte.
Il diritto di cittadinanza potrebbe aiutare l’integrazione?
La cittadinanza è molto importante perché comporta forme di eguaglianza politica. Tuttavia, il caso della Gran Bretagna mostra che essa non è sufficiente per raggiungere una vera eguaglianza sociale. La maggior parte degli immigrati era composta da sudditi dell’impero britannico, titolari quindi di un passaporto britannico e cittadini a pieno titolo, con il diritto di vivere, lavorare e votare in Gran Bretagna. Però, non hanno raggiunto l’eguaglianza e oggi hanno gli stessi problemi delle comunità di immigrati in altri Paesi europei. Quindi, la cittadinanza è importante, ma non è l’unica risposta perché non affronta il problema dell’eguaglianza sociale. Certo, laddove non è concessa, occorre combattere per ottenerla, ma non è tutto.
Credo che uno dei problemi che i movimenti anti-razzisti hanno risiede nel fatto che hanno abban ...[continua]

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