Muhamad Arkoun è professore emerito di Storia del pensiero islamico alla Sorbona di Parigi.

In alcuni paesi musulmani, come l’Algeria, il codice islamico è diventato terreno di scontro tra chi vuole aggiornarlo e chi invece ne difende l’integrale validità. Qual è la posta in gioco in questo conflitto?
Il dibattito, che percorre le società musulmane, vede contrapporsi i fautori di una laicizzazione del diritto ai fautori di una sua sacralizzazione ancora più spinta. Il dibattito che ruota intorno al diritto islamico, in particolare riguardo alla condizione della donna, è una questione religiosa e politica che divide ferocemente gli schieramenti. Se vogliamo fare un paragone possiamo pensare alla divisione che attraversò gli europei prima della Rivoluzione francese intorno all’applicazione del diritto canonico a tutta la società o solamente ad una sua parte, ossia limitandolo alla Chiesa e ai suoi fedeli, senza estenderlo allo spazio pubblico e ai cittadini.
Finché non si saranno prodotte nuove condizioni culturali e intellettuali che portino ad una desacralizzazione del diritto islamico, i paesi musulmani saranno sconvolti da questo conflitto, particolarmente violento in Algeria.
In che modo si può desacralizzare un corpus giuridico ritenuto addirittura d’origine divina?
Vi sono due modi per desacralizzare un corpus giuridico. Il primo, pacifico, si avvale dell’insegnamento di un’interpretazione moderna e critica dell’origine storica di questo diritto, ma richiede molto tempo, e gli stati non favoriscono un insegnamento di questo genere. Desacralizzare pacificamente rendendo intelligibili i meccanismi storici e sociali che hanno portato alla formazione del corpus giuridico islamico, sarebbe infatti una strada percorribile. Per esempio, supponiamo che lo stato algerino avesse deciso di favorire l’insegnamento dell’interpretazione moderna del diritto islamico, del tipo di quello che impartivo alla Sorbona negli anni Sessanta e Settanta; questo avrebbe potuto provocare un movimento d’idee in Algeria. Ma all’epoca un articolo che proponesse un’interpretazione critica del diritto musulmano non poteva assolutamente superare le maglie della censura algerina. Tutto il sistema educativo messo in piedi dall’Fln (il partito unico al potere dal 1962 al 1991, ndr) insegnava la teoria tradizionale dell’origine divina del diritto musulmano. I giovani algerini hanno appreso sui banchi di scuola questa teoria e adesso la mettono in pratica. Insomma, la via pacifica è fallita per colpa degli stati.
Perché questo? Perché la costituzione degli stati nazionali negli anni Cinquanta e Sessanta ha portato a privilegiare il monolitismo. Quando lo stato algerino è nato, nel 1962, il governo si è detto: "Vogliamo costruire la nazione algerina e per far ciò occorre un codice giuridico unico, certamente non una pluralità di codici". Quando l’Italia si è unificata ha fatto la stessa cosa. Anche la Francia repubblicana si è costruita in questo modo. Quindi, il monolitismo è voluto dallo stato nazionale, non dall’islam. Non bisogna addossare tutte le responsabilità all’islam come religione. L’islam come religione è stato utilizzato dagli stati come strumento per unificare la nazione.
Così l’islam ha perso la propria libertà in quanto espressione teologica e fede religiosa, diventando un codice politico e giuridico in vista della costruzione dell’unità nazionale.
Attraverso la scuola obbligatoria, laica e gratuita, la Terza Repubblica ha fondato l’unità della nuova Francia nello spazio di due-tre generazioni, dal 1870 al 1940. Questa via, però, è stata rifiutata dai paesi musulmani, che hanno imposto un sistema educativo conservatore che mantiene in piedi la finzione della sacralità del diritto.
E’ un po’ quello che può succedere in Algeria, se finalmente la politica algerina arriva a salvaguardare un minimo di cultura secolarizzata. Con quarant’anni di ritardo potremmo iniziare, nel 2000, quel che avremmo dovuto iniziare nel 1962: una politica di pacifica secolarizzazione.
La seconda via è quella della Rivoluzione francese.
Storicamente come è avvenuta la sacralizzazione?
E’ questo il problema che interessa maggiormente gli storici. In verità, il diritto islamico è una costruzione giuridica, risalente all’VIII-IX secolo dell’era cristiana. A quell’epoca vennero elaborati diversi corpus giuridici in cui si espresse la sapienza giuridica della cultura islamica.
Uno dei grandi giuristi che contribuì a creare il diritt ...[continua]

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