Marie-Claude Blanc-Chaléard, storica dell’immigrazione, è Maitre de Conference all’Università di Paris Pantheon - Sorbonne.

Partiamo dal concetto di banlieue e dalla sua storia…
La parola banlieue è entrata nella cronaca quotidiana in occasione di una rivolta avvenuta nel 1981 in una banlieue di Lione, di nome Le Minguettes.
A partire da questa rivolta, la prima ad essere largamente mediatizzata, è emersa quella che oggi per i francesi è la rappresentazione collettiva della banlieue: uno spazio urbanistico ed architettonico recente, fatto di grandi complessi di alloggi popolari e caratterizzato da una forte presenza di immigrati e da fenomeni di delinquenza e disuguaglianza sociale.
Credo tuttavia sia opportuno articolare la rappresentazione attuale della banlieue a partire dalla sua lunga storia precedente. All’inizio infatti esisteva solo la banlieue parigina. In Francia l’unica città ad avere assunto dimensioni importanti nel corso della storia è stata Parigi che, nel corso del XIX secolo, ha cominciato ad assorbire le proprie banlieues periferiche con la creazione degli arrondissements periferici. Una volta compiutosi il popolamento di questi nuovi arrondissements si è passati al popolamento dei comuni posti al di fuori dei nuovi confini amministrativi creati sotto il secondo impero.
Con il compiersi di questo secondo processo, avvenuto all’inizio del XX secolo, si può cominciare a parlare di banlieue vera e propria. I comuni immediatamente al di fuori dei confini amministrativi della città di Parigi vengono così a costituire, nel 1964, i tre dipartimenti della cosiddetta “piccola corona”; all’esterno restano i comuni della “grande corona”. Parigi, i dipartimenti della piccola corona e quelli della grande corona, nel loro complesso, costituiscono l’Ile de France.
Esiste però una grande differenza di composizione sociale tra i comuni operai, come Saint Denis, e i comuni prevalentemente borghesi, come Saint Germain; una differenza che permane tuttora.
Le prime rappresentazioni negative ed allarmistiche della banlieue si affermano invece nel periodo tra le due guerre. Con l’esplodere della crisi degli alloggi all’interno della città, si assiste a un’accelerazione della crescita della popolazione della banlieue; in diversi comuni si creano così grandi concentrazioni operaie in condizioni abitative molto difficili. La crescita dello scontento sociale, poi, in molti comuni rafforza considerevolmente il Partito Comunista, di qui la percezione di una crisi sociale, politica ed urbana e l’idea di una banlieue politicamente minacciosa nei confronti di una Parigi progressivamente imborghesitasi.
Senza voler fare per forza un’analogia con il presente, si può certamente dire che quest’idea, seppure in termini profondamente diversi, si riproduce oggi nella rappresentazione di una banlieue egualmente minacciosa e pericolosa. Da allora in realtà molte cose sono cambiate, in particolare nel periodo successivo alla grande crisi economica del 1974, caratterizzato dalla volontà di uscire definitivamente dalla crisi cronica di case popolari, e risolto con la costruzione massiccia di grandi complessi d’edilizia sociale dove la maggior parte degli appartamenti era, e rimane, in locazione.
Da allora la banlieue si è estesa considerevolmente, e da fenomeno parigino è divenuto un fenomeno nazionale, con la costruzione di nuovi agglomerati anche attorno a grandi città come Lione e Marsiglia.
Contemporaneamente cambia anche la rappresentazione della banlieue, che comincia a definirsi come uno spazio di modernità: grazie ai nuovi quartieri di edilizia sociale una parte consistente delle classi popolari può finalmente abitare in alloggi nuovi e decenti.
L’immagine ideale della nuova banlieue tuttavia ha vita breve e si incrina con l’emergere delle prime prese di posizione che ne denunciano il carattere inumano e paradossalmente anacronistico. I nuovi insediamenti risultano infatti slegati dai luoghi di vita e di socializzazione storicamente presenti nel territorio, e poi sono problematici dal punto di vista amministrativo perché pertinenti a vari comuni in quanto spesso collocati in zone di confine. La banlieue viene così ad assumere l’aspetto della città-dormitorio, priva di vere opportunità di socializzazione: il modello di mobilità che ne conseguirà non a caso sarà fondato sull’indispensabilità dell’automobile privata e del trasporto pubblico regionale.
In questo periodo nasce una banlieue totalmen ...[continua]

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