una città - n. 295 - settembre 2023

una città 5 le fosse comuni Il 9 marzo del 1945 i soldati inglesi aprono le fosse comuni. Sono passati solo cinque mesi e mezzo circa. I corpi sono riconoscibili e infatti le suore, addette al reparto femminile del carcere, pur sconsigliate vivamente dal Vescovo, perché la scena poteva essere “troppo impressionante”, andranno a riconoscere le donne e identificheranno anche il corpo di Alfred Lewin, probabilmente perché lo conoscevano bene per via dei rapporti con la madre. Che fossero riconoscibili lo attesta anche il fatto che parenti delle vittime italiane porteranno via i corpi dei loro cari per seppellirli nelle tombe di famiglia. Ai secondini invece verrà dato l’ordine di non andare. Il danno di tale inspiegabile noncuranza sarà irreparabile: tante tombe resteranno senza nome per sempre. Dopo dieci anni, nel 1955, i “resti mortali” verranno tumulati nei loculi che si intravedono nella foto dell’ossario alle pagine 8 e 9: lassù, nella seconda fila da sinistra, prima quelli col nome e poi, a seguire, tutti quelli anonimi. Lì sono rimasti fino al 1992. Nelle pagine che seguono, i certificati della tumulazione in cui compare anche la causa della morte, redatti nel 1945 e che riportano: “colpi di arma da fuoco” per i più, ma per una donna “strangolamento con benda”, per altri si indicano anche “ferite alle gambe” e per un altro la causa di morte è “soffocamento”. Secondo la ricerca fatta dall’Istituto storico della Resistenza di Forlì il battaglione che operava in quel periodo a Forlì, responsabile degli eccidi, era lo stesso delle Fosse Ardeatine.

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