sero venuti da Marzocca a farmi visita invece mi dicono che anch’essi sono internati! Si sta tutti in una camerata e si fa vita in comune. Per uscire dall’Unes ci vuole il permesso del Maresciallo dei carabinieri e bisogna essere accompagnati. Del resto si cammina su e giù per il cortile e il giardino come i carcerati. La direttrice, la signora Iolanda Diamantini, con noi è abbastanza gentile. Ogni tanto c’è cambiamento di gerarchia con capoposto più o meno buono. Giornate di gioia quando si riceve posta con buone notizie dei propri cari. Tra noi internati ci sono quattro sloveni che sono dei buoni giovani, Biagio, molto servizievole, Marco, Vincenzo e Antonio. Ogni tanto c’è l’allarme, con lievi spaventi e corse in cantina di giorno e di notte. Il Sig. Attilio e la signora Maria, sempre impavidi, rimangono nella stanza di sopra a dormire tranquilli, mentre tutti gli altri, primi i carabinieri, scendono nel sottoscala. Per fortuna, ringrazio il Signore, la colonia non è stata mai colpita sebbene siano cadute bombe nelle vicinanze e abbiamo raccolto schegge anche nel giardino. Più volte, a tarda sera, siamo stati spaventati dall’irruzione di alcuni fascisti con schioppi e facce da delinquenti e brutte maniere, che con la scusa di aver visto filtrare la luce da fuori, vengono a vedere gli ebrei come bestie rare. 12 giugno Gina. Alle 5 di mattina si sente bussare alla porta. Si chiede chi è. I carabinieri. Ci si deve subito preparare per partire per Osimo. L’auto ci aspetta al cancello. In fretta e furia e in grande agitazione, certi di finire nelle carceri di Osimo, prepariamo il bagaglio e la nostra roba e partiamo scortati dai carabinieri. I Foà rimangono nella colonia e riteniamo siano liberi, invece anch’essi in serata vengono condotti a Osimo. Durante il viaggio vediamo gli orrori dei bombardamenti aerei, specialmente Chiaravalle distrutta, e i ponti, etc., etc. Arrivati a Osimo veniamo condotti in questura e qui il capo gabinetto, visto che si tratta di persone anziane e ammalate ci manda dal medico provinciale e poi ci interna in ospedale dove, sorvegliati da un agente di questura, veniamo accolti e condotti in corsia, veniamo trattati bene... 18 giugno Gina. Ci fanno andare nuovamente in questura e ci dichiarano liberi dopo solo sei giorni di internamento visto che i liberatori sono vicini. Non si può però ritornare a Senigallia mancando di qualsiasi mezzo di locomozione avendo i tedeschi portato via tutto. Verso gli ultimi di giugno Gina. Comincia la battaglia di Osimo e da allora comincia per noi il più brutto periodo di questa triste odissea. Continui cannoneggiamenti di giorno e notte e sempre più vicini. 26 giugno Attilio. Io devo rimanere a letto per una leggera colica renale. Frattanto gli ammalati delle corsie sono stati in fretta trasportati in cantina. Gina. Dato il forte bombardamento Anche il Sig. Attilio nel pomeriggio si alza e scende in cantina. Cinque minuti dopo una bomba sfonda la corsia e una scheggia si è trovata nel suo letto. Sia ringraziato il Signore che lo ha salvato. Ci trasportiamo tutti nelle cantine, legnaie e sotterranei dell’ospedale, vengono portati letti per gli ammalati, altri messi su materassi per terra, dormiamo naturalmente senza lenzuola e senza spogliarci. Passano i giorni, due, tre, quattro, una settimana. I cannoni tuonano continuamente, l’ospedale è colpito in varie parti, i feriti aumentano sempre più e i medici e gli infermieri non si coricano più, pronti a ogni chiamata. I sotterranei diventano sempre più difficili ad abitarsi. C’è poca aria, mancanza di luce e una città 50 le storie
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