una città - n. 295 - settembre 2023

cantiniere che dorme in una stanza vicino alla nostra cantina viene a ripararsi dove siamo noi vicino alla grotta e dove c’è il soffitto a volta, per essere più sicuri. A un tratto si ode uno schianto, la lampada di acetilene si spegne e rimaniamo al buio con la gola arsa dalla polvere e accecati pure dalla polvere. Si vede un chiarore, è una bomba che passando dal tetto attraversa due piani uccidendo tre persone, vecchi nei propri letti, nella sezione dei cronici, sfonda in un punto il soffitto sopra di noi e scoppia in cantina a poca distanza da noi. Tutti gridano: “Aprite le porte!”, ma ci vuole del tempo perché siamo al buio e i letti dei Foà sono vicino alla porta e impediscono il passaggio. Io sento che la gente cammina sopra il mio corpo, faccio uno sforzo e finalmente riesco ad alzarmi. Anche il Sig. Attilio (credevo veramente fossero giunti i miei ultimi momenti e dissi forte Pesach...) e la signora Maria riescono ad alzarsi (siamo tra le macerie), si riesce ad aprire la porta e possiamo uscire ringraziando il Signore di essere ancora vivi, giacché la morte l’abbiamo vista molto da vicino. Appena usciti dalla cantina vedo che il Sig. Attilio ha la testa che sanguina, per fortuna una ferita leggera, più un colpo alla spalla destra e alla schiena. Dopo un poco mi accorgo di essere ferita anch’io leggermente alla tempia e un po’ più alla gamba sopra il malleolo. Ci facciamo medicare alla Croce Rossa, sempre ringraziando il Signore di essere salvi per miracolo. Gli altri nostri, per fortuna, sono illesi, mentre nella famiglia del cantiniere ci sono rimasti parecchi feriti più o meno gravi. 16 luglio Gina. Spaventati e sfiniti dormiamo in un altro sotterraneo dell’ospedale decisi di lasciare Osimo per sfuggire il pericolo. L’ospedale è molto colpito, i feriti vengono trasferiti con la Croce Rossa, parte a Loreto e parte a Recanati. Quasi tutti gli abitanti lasciano la città ormai mezzo distrutta dalle bombe. Si cammina sulle macerie e sui vetri. Tutti i negozi sono chiusi o svaligiati e bisogna andare a mangiare all’Assistenza, sempre col terrore dei colpi di cannone. (Perché le suore con vero senso di cuore e di bontà si rifiutano di dare una minestra. Carità cristiana!!!). Si parla di partenza in carovana per Loreto o Recanati. Noi decidiamo di partire per Loreto assieme ai Foà. 17 luglio Gina. Nonostante la ferita alla gamba mi accingo con tutta la forza di volontà a fare a piedi 7 chilometri per arrivare sino al Musone, nella speranza di trovare poi un mezzo per arrivare a Loreto. Alle 3 ci raduniamo in piazza, ma prima di avere i permessi si fa l’appello, etc. Si arriva alle 5. Si forma la carovana di circa 35 persone, alla testa un prete, in coda un carabiniere. Ci mettiamo in cammino trascinando a fatica il poco bagaglio, e in fretta per arrivare al tiro a segno ed essere fuori tiro. Io sono tutta riscaldata e nervosa, cammino per forza con la gamba che mi duole, la signora Maria è tutta rossa, accaldata e stanca, il Sig. Attilio è anche lui mezzo sfinito. Dopo 7 chilometri di cammino arriviamo al Musone. Causa il ponte rotto dobbiamo passare il fiume a guado. Io non posso farlo con la mia ferita e per fortuna si trova un giovanotto che si presta a portare la gente sulle spalle e in braccio per attraversare il fiume. Così ci trasporta me e il sig. Attilio. La signora Maria, coraggiosamente, con scarpe e calze entra nel fiume e lo attraversa. Poi si fa l’appello e la carovana si scioglie. Noi rimaniamo soli con i Foà con il peso dei bagagli. Per fortuna c’è lì un carretto e un uomo che si è fermato al fiume. Siamo nell’impossibilità di continuare fino a Loreto a piedi e domandiamo di qualche casa di contadini. L’uomo del carretto dice che a 2 chilometri c’è la casa di suo fratello che potrà ospitarci. Ci avviamo caricando i bagagli sul carretto e avviciniamo verso le 8 di sera la casa dei contadini. Domandiamo da dormire e da mangiare, e per prima cosa acqua, acqua da bere in quantità che mi calmi la sete e l’arsura. C’è una stanzetta vuota, ci mettono della paglia in terra e delle coperte e lì dormiamo tutti e sette: non ci sembra vero di essere lontani da Osimo, e speriamo di non sentire più i cannoni! Verso mezzanotte viene in stanza una ronda di polacchi che cercano dei fascisti nascosti nelle vicinanze e visitano i bagagli per vedere se trovano armi, poi chiedono scusa e vanno via. 18 luglio Gina. Invece ricomincia la battaglia tutta la notte. Di nuovo i cannoni tuonano fortissimo, sebbene in lontananza, in direzione di Osimo e Lucana. I contadini ci hanno preparato un buon pranzo, ma molto salato, essendo a corto di quattrini bisogna pensare a partire e proseguire con qualche mezzo per Loreto. Dopo molte ricerche finalmente troviamo un carro con un cavallo che è disposto a portarci a Loreto. 19 luglio Attilio. Forte combattimento tutta la notte e tutta la mattina. Ancona è occupata dagli inglesi. Il carro che doveva venire alle 7 non si vede a causa del combattimento. Viene alle 10. Ci mettiamo a posto sul carro, carichiamo la nostra roba come poveri zingari e partiamo alla volta di Loreto. Arriviamo verso le 12. Andiamo a mangiare e poi in cerca di alloggio. Loreto è piena di sfollati, non c’è posto da dormire. Dopo aver girato molto in cerca di stanze e dopo aver fatto tre ore di anticamera dal Sindaco otteniamo una raccomandazione per andare a dormire nella S. Casa dove sono alloggiati gli sfollati, e ci danno due stanze senza finestre. Io sono contento anche se devo continuare a dormire senza lenzuolo, il mio terrore era di non poter mettermi i Tefillin e dire le mie preghiere4. Le camere sono ben 35 gradini sotto terra, dalle finestre però si vede il mare. Per mangiare andiamo alla mensa degli sfollati, io per pranzo prendo un po’ di pomodoro crudo e la sera latte. 20 luglio Attilio. Sto meglio dalle mie ferite mentre la signorina Gina, per gli sforzi del camminare nei giorni passati, ha dolore alla gamba. 24 luglio Attilio. Finalmente posso dopo 6 mesi scrivere al mio Giulio, non avevo scritto dal campo di concentramento per non comprometterlo, speriamo che in breve si possa vederlo e col suo aiuto rintracciare il mio tesoro di Gaddo. Urbino ancora non è liberata. Dio lo salvi povero figliuolo: pensare che sono partito da Gorizia solamente per lui e con la trama di avermi nascosto la comunicazione della radio, nulla ho potuto fare e mi cruccio giorno e notte. 30 luglio Attilio. Ore 10. Mi sento male e per accontentare le donne vado da un medico, il Prof. Patrignani di Ancona. Mi fa una visita accuratissima e mi riscontra un esaurimento generale. Che continuando in tale stato può venire qualche complicazione e allora devo, e con mio grandissimo dispiacere e cruccio, onde non si dica che chi osserva la religione è la morte, andare a mangiare taref dagli sfollati. Prima di mangiare pregavo l’Onnipotente che mi perdoni e faccia terminare questo patimento per me di trasgredire la S. Torah5. 8 agosto Attilio. I Foà sono partiti per Osimo. Noi, visto le difficoltà che ci sono a Osimo per trovare alloggio e vitto decidiamo di rimanere qui sperando di ricevere lettere da Giulio e qualche rimessa essendo privi di denaro. ... 10 agosto Attilio. La signora Gina ha trovato in piazza l’ingegnere Kerbes di Trieste e lo ha condotto da me nel mio rifugio dove ero disteso a letto non sentendomi bene, sapendo che l’avrei visto molto volentieri. Una persona conoscente e buona e dei nostri a cui si può parlare e chiedere consigli. 15 agosto Attilio. Mediante un camion che va a Roma mando una lettera a Giulio e alla Comunità implorando aiuto finanziario. una città 52 le storie

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