A conti fatti

Verso appartenenze plurime e forme di cooperazione trasversali ai gruppi linguistici Per quanto contestabile per le ragioni già illustrate, è innegabile che ai tempi della sua introduzione il censimento etnico aves- se una logica e un fondamento storico. Lo- gica che, a distanza di 40 anni, appare in sé anacronistica almeno per due ordini di ragioni. In primo luogo, perché sottende una visio- ne riduzionista dell’identità umana che cozza con l’evoluzione della società altoate- sina-sudtirolese. È innegabile che la socie- tà sia cambiata profondamente da quando l’impianto del sistema fu disegnato nel 1972. Da tendenzialmente omogenea, so- prattutto nelle valli, la società è ora molto più complessa e diversificata in termini de- mografici, linguistici, sociali e rispetto ai bisogni che esprime. Ne è un esempio l’au- mento del numero di famiglie, convivenze e unioni civili “miste”. Di conseguenza, le persone che non si iden- tificano univocamente in un solo gruppo o che si identificano in un gruppo esclusiva- mente per motivi opportunistici, sono cre- sciute in maniera significativa. E questa complessità non può che essere destinata a crescere in futuro all’interno di tutti e tre i gruppi linguistici che, viceversa, tendono ad assomigliarsi sempre di più. Questo an- che per effetto del trasferimento crescente in Provincia di Bolzano di persone con un retroterra migratorio alle spalle che, come già sottolineato, devono giocoforza “aggre- garsi” a uno dei tre gruppi nel momento in cui decidono di mettere radici in terra sud- tirolese. Essendo quindi i confini tra i gruppi depu- tati ad affievolirsi, un sistema di tutela che poggia su rigide appartenenze non può che apparire una forzatura o un tentativo mal- destro di rallentare in extremis un processo inarrestabile. L’obiettivo di preservare i gruppi dal rischio assimilazionisto è, infat- ti, ora più che mai un’illusione, smentita dal pluralismo identitario che contraddi- stingue il Sudtirolo contemporaneo nei di- versi comparti economici e in molti ambiti d’interazione sociale. In secondo luogo, l’assetto attuale contra- sta con le esigenze della stessa società civi- le. Se ai tempi dell’istituzione del censi- mento etnico la battaglia contro le “gabbie etniche” fu fatta propria solo da alcune frange progressiste, il superamento delle barriere è oggi una necessità diffusa. La cartina di tornasole è il numero, oggi si- gnificativamente più alto rispetto al passa- to, delle iniziative di cooperazione che na- scono grazie all’impegno di persone appar- tenenti a gruppi linguistici diversi, sia co- me soci promotori che come utenti. Se espe- rienze come quella di Juvenilia erano una rarità negli anni Novanta, oggi le iniziative collettive di reale “convivenza”, in cui l’ap- partenenza linguistica è superata dal per- seguimento di un obiettivo comune di inte- resse generale, sono molto frequenti. Mentre l’appartenenza linguistica continua a contraddistinguere molte delle organiz- zazioni nonprofit tradizionali di vecchia da- ta, il coinvolgimento trasversale di persone appartenenti a più gruppi linguistici è una caratteristica che connota soprattutto le nuove esperienze di cooperazione a larga partecipazione, che hanno sperimentato servizi di welfare innovativi, nuove forme dell’abitare e modalità alternative di ge- stione di beni comuni, come l’energia, il paesaggio e la cultura (Borzaga 2018; Ste- nico e Kiesswetter, 2021). Iniziative di cit- tadinanza attiva e, nei fatti, scuole di par- tecipazione e convivenza, che sono in prima linea nel ridisegnare il sistema di welfare e democratizzare i modelli di produzione. La tendenza osservata nelle nuove coope- rative di superare i confini tra gruppi lin- guistici si scontra tuttavia con l’incapacità delle istituzioni di interpretare questa evo- luzione come un segnale di cambiamento profondo. Alla stessa stregua, si rileva l’in- capacità di ascoltare le istanze di quella crescente componente della popolazione che chiede esplicitamente di superare le “divisioni etniche”. Emblematica, a questo riguardo, è la recen- te reazione di una parte della cittadinanza vipitenese di fronte all’impossibilità di ria- prire il liceo linguistico italiano, a causa della scarsità di iscritti, e alla minaccia di chiusura del liceo linguistico in lingua te- desca, sempre per lo stesso motivo. Le fa- miglie di entrambi i gruppi linguistici han- no avanzato una proposta congiunta più che sensata: sperimentare una sezione bi- lingue a Vipiteno-Sterzing, che avrebbe evitato il trasferimento quotidiano delle e degli studenti a Bressanone. Proposta che è rimasta inascoltata. Questo e molti altri episodi indicano a chia- re lettere come la cittadinanza sia molto più determinata nel voler superare le bar- riere linguistiche rispetto a quanto ritenu- to dalla classe politica dominante, che per- siste nell’arroccarsi su posizioni di difesa dello status quo 6 , a conferma del persisten- te scollamento tra i bisogni della cittadi- nanza e la capacità della politica di ade- guarsi alle trasformazioni sociali, anche quando diventano lapalissiane. Una maggiore attenzione alle esperienze di convivenza reale, che sono state sviluppate con successo dal basso potrebbe, viceversa, ispirare innovative strategie di intervento in grado di governare la complessità legata alla coesistenza di diversi gruppi etnici, lin- guistici o religiosi nello stesso spazio. Giulia Galera 15 la cittadinanza è molto più determinata nel voler superare le barriere linguistiche rispetto alla classe politica dominante intervento Note 1. Il regime di “separatismo linguistico” era sintetizzato dal motto “più ci separiamo, più ci capiremo”, coniato dall’allora senatore della Svp Anton Zelger. È importante ricordare come fino a prima del- l’entrata in vigore nello Statuto di Autonomia del 1972, nei territori di periferia, come ad esempio nell’Alta Val d’Isarco, fosse frequente iscrivere i bambini di madrelingua tedesca alle scuole dell’infanzia italiane. Lo stesso Alex Langer e i suoi fratelli frequentarono la scuola dell’infanzia in lingua italiana di Vipiteno. E anche a fine anni Settanta, dopo il cambio di rotta separatista, larghi strati della popolazio- ne di lingua italiana si dichiaravano favorevoli al bilinguismo precoce, come dimostrato dalle 16.000 firme raccolte alla fine del 1979 dal Pci- Kpi e consegnate alla Presidenza del Consiglio. Camera dei Deputati, Interpellanze, 23 ottobre 1980, p. 46. 2. Scritti che Edi Rabini, presidente della Fon- dazione Langer, stava al tempo recuperando e archiviando con grande cura, dando vita all’Ar- chivio Langer. A questo riguardo, La Fondazio- ne Alexander Langer Stiftung, la Soprinten- denza provinciale ai beni culturali-Archivio provinciale di Bolzano e la Fondazione del Mu- seo storico del Trentino, hanno recentemente sottoscritto un accordo di collaborazione volto a valorizzare l’Archivio e “promuovere la cono- scenza della figura, del pensiero e dei temi di Alexander Langer, da considerarsi quali fattori culturali di integrazione e apertura alle diver- sità”. 3. Si stima che 10.000 “italiani” si dichiararo- no appartenenti al gruppo linguistico tedesco nel censimento del 1981, al fine di poter godere di maggiori benefici e l’effetto inevitabile fu un’artificiale diminuzione di tale gruppo lin- guistico, pari al 10% rispetto al risultato cen- suario precedente (Telchini, Su un caso parti- colare di non rispetto della privacy, in “Rivista internazionale dei diritti dell’uomo”, maggio- agosto 1990, p. 316). 4. Innovazione introdotta dal decreto legislati- vo 1 agosto 1991/253. 5. La vera svolta, a favore di un sistema scola- stico meno rigido ci fu con Luis Durnwalder a metà degli anni 2000. Furono gli anni in cui la borghesia italiana, vincendo le resistenze, ini- ziò a iscrivere i propri figli alle scuole medie e superiori in lingua tedesca. 6. Non è un caso che anche la proposta di Legge Costituzionale del senatore Francesco Paler- mo, quando era in carica, di riformare lo Sta- tuto di Autonomia per regolamentare l’istitu- zione di sezioni bilingui, non abbia avuto se- guito. Allo stato attuale, la sperimentazione di percorsi di studio bilingui continua, quindi, a essere un appannaggio delle scuole private, cui hanno per ovvi motivi accesso i figli delle fami- glie più abbienti e dei dirigenti più intrapren- denti. Bibliografia Borzaga, C., Cooperative da riscoprire. Dieci te- si controcorrente , Donzelli, 2018. Fabietti, U., L’identità etnica, storica e critica di un concetto equivoco , Carrocci editore, 2013. Galera, G., Il “censimento etnico” in Alto Adi- ge-Südtirol. Diritti individuali e tutela del gruppo linguistico . Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, sede di Gorizia, Facoltà di Scienze Politiche. Corso di Laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche. Langer, A., “Il conflitto etnico ben temperato, 1.1.1986”, tratto da Etnicità e potere , a cura di Chiozzi, P., Cluep editore, 1986. Langer, A., Aufsätze zu Südtirol 1978-1955 Scritti sul Sudtirolo , AlphaBeta, 1996. Langer, A., “Senza Confine”, 4 aprile 1992, ri- pubblicato in Langer, A. Il viaggiatore leggero, Scritti 1966-1995 , Sellerio Editore, 1996. Langer, A., “Autobiografia Minima Personalia, 27.3.2020”, Rivista Belfagor 1986. https://www.alexanderlanger.org/it/1056/4557 Stenico, A., in dialogo con Kiesswetter, O, La staffetta cooperativa, esperienze vissute, moti- vazioni per il futuro , Praxis, 2021.

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