A conti fatti
Lidia Brisca Menapace, docente universita- ria, parlamentare, giornalista, scrittrice, è deceduta a Bolzano il 7 dicembre 2020. L’intervento è tratto dagli atti del convegno “2001, Il nostro censimento in Europa”, or- ganizzato dall’Associazione famiglie misti- lingui e dai giornali “ff” e il “Mattino a Bol- zano” del 25 gennaio 1997. Ho un breve testo che poi leggerò, ma mi scuso se farò tre brevi premesse. La prima è che sono visibilmente così vecchia che nel corso della mia vita ho dovuto rendere una dichiarazione di appartenenza alla razza ariana. Cosa di cui mi vergogno così tanto che ancora oggi non riesco a parlare di et- nico o di razziale. Dirò perciò sempre grup- pi linguistici, culturali, nazionali. Sono determinazioni appartenenti alla sto- ria e quindi alla libera scelta delle persone e non a qualche improbabile “Blut und Bo- den”, oppure a qualche impero che riappare sui colli fatali di Roma. Seconda premessa: a me pare che il conti- nente europeo si caratterizzi con un mix molto interessante nella sua storia, di uni- versalità e molteplicità. Anche dopo l’unifi- cazione politica nel sacrum imperium, han- no continuato a vivere le “nationes”. C’era- no l’“universitas” e la “natio” contempora- neamente. Io sono convinta che questa cosa non è da buttare. E che per globalizzazione che ci sia, io penso che l’Europa, insieme ai popoli del Sud del mondo e alle donne che a Pechino nell’agosto del ’95 si sono dichia- rate contrarie alla globalizzazione, si riesca a porre un ostacolo significativo a un pro- cesso di unificazione economica che non preveda molteplicità di soluzioni. Allora, i popoli del Sud del mondo da soli non sono in grado, le donne sono già una corporazione significativa nella specie umana, ma l’Europa è un’entità storico-po- litica-economica capace, aggiungendosi a questi altri elementi storici, di mantenere questo interessante mix di universalità e molteplicità. Sotto questo profilo, la nostra Provincia diventa una cosa importante che però, nello stesso tempo, è bene che ricono- sca anche i propri limiti. Parlando perciò di libera circolazione, sembra strano, ma io penso a quanti di noi südtiroler, altoatesini e ladins possono tranquillamente andarse- ne altrove, e non tanto alla paura che qual- che irlandese sparso voglia per forza diven- tare professore di tedesco o italiano a Bol- zano. Mi interessa molto stabilire le condi- zioni di una libera circolazione, specialmen- te delle élite culturali, degli studenti e delle studentesse universitarie in tutta l’Europa. Perché? Terza premessa: ho come l’impressione, e lo dico forse anche come escamotage per ce- lare malamente la mia totale ignoranza giuridica, che il diritto com’è attualmente sancito poco ci aiuti in questa terra. Se non producendo dei bizantinismi giuridici, dei quali non c’è mai fine. Allora quasi quasi preferirei che noi in Eu- ropa facessimo un tentativo di buttare fuori le nostre specificità e caratteristiche -un gruppo, due gruppi, tre gruppi, siamo già arrivati a cinque stamattina, io potrei es- sere un sesto, perché sono piemontese di nascita, mio marito, essendo trentino, è un welschtiroler ed entrambi consideriamo Bolzano la nostra Heimat. Allora che cosa siamo? Allora alla fine c’è un’infinità di pos- sibili dichiarazioni di appartenenza o di de- cisioni di appartenenza. Nella storia europea persino al livello della scrittura letteraria questa cosa è frequente. Appunto Konrad era polacco e scriveva in inglese, Kafka era boemo e scriveva in te- desco, l’yiddish è una lingua che appartiene agli ebrei europei che mantengono una loro espressione linguistica. Questa straordina- ria ricchezza a me pare degna di essere con- siderata positivamente. Ma mettendo a reagire questo che ho detto in modo molto sommario e ovviamente non abbastanza motivato, con il censimento a me pare che qui potremmo cogliere una pri- ma occasione. Perché se si costruisce anche un’Europa politica non è male che anche i documenti conoscitivi sulla caratterizzazio- ne molteplice possano essere in qualche modo discussi e anche confrontati. Sotto questo profilo l’occasione del censimento, e penso giustamente che se non ce ne occu- piamo noi a Bolzano nessun altro se ne oc- cuperà, per questa specifica caratteristica possa essere un’occasione per ricordare che l’Europa è un continente di minoranze. In Europa non c’è nessuna nazionalità o cul- tura, per quanto imponente, che abbia da sola la maggioranza assoluta. Nemmeno lo Sprachraum tedesco, nemmeno i russi, con- siderando l’Europa dall’Atlantico agli Ura- li, secondo la sua determinazione geografi- ca, nessuna di queste è maggioranza. E dentro ciascuna di queste grandi identità esistono minoranze significative. Non so se pecco di eurocentrismo, ma mi pare che nella storia europea questo sia un po’ diver- so che nella storia di altri continenti. Per- ché tutte queste minoranze sono in qualche modo autoctone. Poi noi abbiamo prodotto problemi di minoranze colonizzando altri continenti. Ma per quanto ci riguarda, la nostra storia molteplice, universale, è così antica che possiamo anche dire che le mi- noranze in Europa sono tutte autoctone. E sono proprio tante. Allora un ordinamento che consenta di mantenere questa caratte- ristica, a mio parere, ha non solo il senso di una moderazione, rispetto ai grandi movi- menti in corso, non ha solo il senso di una nostalgia del passato, ha il senso proprio di una di una sfida del futuro. Quanto al mio parere, sarà sempre di più necessario che 20 La ricchezza delle molte culture Il censimento è un’occasione per ricordare che l’Europa è un continente di minoranze; l’utilità di tutte le dichiarazioni di appartenenza linguistica, nazionale o culturale, purché numeriche, non anagrafiche... Reprint di Lidia Menapace. un nonno padovano, una nonna viennese, un padre, una madre, uno di qua e una di là, dei figli che vanno per i fatti loro reprint Zintosch
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==