A conti fatti

ber, secondo la quale “ai cittadini di lingua tedesca sarà in particolare concessa […] l’eguaglianza di diritti per l’ammissione ai pubblici uffici, allo scopo di attuare una più soddisfacente distribuzione degli impieghi tra i gruppi etnici”. Una tale direttiva era certamente giusta, perché mirava a correg- gere l’evidente squilibrio che si era andato formando nel pubblico impiego per quanto riguardava la presenza di persone di diver- sa madrelingua, come effetto della discri- minazione che negli anni del fascismo era stata operata nei confronti dei cittadini sudtirolesi. Se l’uguaglianza di diritti per l’ammissione ai pubblici uffici doveva considerarsi un po- stulato ovvio per la Repubblica italiana na- ta dalla Resistenza, lo “scopo di attuare una più soddisfacente distribuzione degli impieghi tra i due gruppi etnici” necessa- riamente implicava l’adozione di misure speciali idonee a emendare la situazione di palese disparità esistente. La Svp propose subito di riservare i nuovi posti del pubblico impiego a candidati ap- partenenti ai gruppi linguistici in rigida proporzione alla consistenza degli stessi. Non era questo l’unico meccanismo idoneo a raggiungere lo scopo indicato nell’accordo Degasperi-Gruber. Probabilmente era, sì, il congegno di più rapida efficacia, perché avrebbe favorito l’ingresso nei pubblici uf- fici di persone di lingua tedesca in un tem- po più breve di quello che sarebbe occorso con altre diverse misure, però conteneva anche in sé i semi che avrebbero potuto ge- nerare altri effetti gravemente negativi. Al posto di una burocrazia bilingue si sareb- bero create due burocrazie monolingue se- parate. Il favore riservato al requisito della madre lingua dei concorrenti avrebbe finito per trascurare la loro preparazione profes- sionale. L’appartenenza al gruppo lingui- stico quale condizione per accedere all’im- piego avrebbe convertito il diritto soggetti- vo al lavoro in una sorta di abnorme diritto collettivo del gruppo. Ma soprattutto il meccanismo della riserva proporzionale avrebbe comportato, nella sua applicazio- ne, conseguenze appunto aberranti. Nonostante queste obiezioni che io svolsi fin da allora, la Commissione dei 19, a lar- ghissima maggioranza, scelse questo mez- zo sbrigativo ma rischioso per perseguire il giusto fine additato nell’accordo Degaspe- ri-Gruber. Quando in Parlamento si discusse il nuovo Statuto, nel quale all’art. 89 è sancito il principio della riserva proporzionale dei po- sti nel pubblico impiego, il relatore di mag- gioranza -che vi parla- espresse parere con- trario a tale principio. Identica posizione fu assunta, con motivazioni diverse, dai rela- tori di minoranza on. Luzzato, on. Scotoni, e on. Almirante. L’on. Scotoni del Pci pro- pose come soluzione subordinata di attri- buire a una norma così speciale efficacia so- lamente per un periodo determinato. Ma il Governo, ritenendosi vincolato agli accordi con la Svp e preoccupato per le ripercussio- ni internazionali che la questione aveva as- sunto, fu inflessibile e l’art. 89 fu votato dalla maggioranza. Si presentarono subito le difficoltà della sua applicazione. Infatti, l’appartenenza a un gruppo linguistico è un fatto puramente soggettivo, come l’appartenenza a un par- tito o a una religione. Essa consiste in una scelta culturale e quindi come tale non og- gettivamente rilevabile e soprattutto per sua irrinunciabile natura mutevole. Da qui la necessità di far dipendere il diritto alla riserva del posto di pubblico impiego dalla mera scelta soggettiva, quindi reversibile, del titolare del diritto. Per evitare gli evi- denti rischi di opportunistiche simulazioni e per conferire una ragionevole base di sta- bilità al funzionamento del meccanismo, si è escogitato il congegno di attuazione rap- presentato dalla dichiarazione linguistica nominativa e vincolante per dieci anni da farsi in occasione del censimento. Con il ri- sultato abnorme, sul piano dei principi fon- damentali, di coartare la libertà che è pro- pria di ciascun individuo di mutare, in qualsiasi momento, le proprie scelte cultu- rali e di appartenenza a questo o a quel gruppo anche linguistico. L’effetto forse anche più clamoroso di que- sto aberrante meccanismo di attuazione di un criterio già di per sé viziato, è stato reso evidente dalla tenace resistenza di Alexan- der Langer, che ha rifiutato la dichiarazio- ne di appartenenza ad alcuno dei gruppi ammessi, con la incontestabile motivazione che se la scelta di appartenenza a un grup- po è atto puramente soggettivo e culturale, ciò comporta, in nome del principio di uguaglianza, anche la piena legittimità di non sceglierne alcuno. Prospettiva questa che, a 25 anni di distan- za, diventa ancor più attuale, se consideria- mo la presenza sul territorio della provin- cia di numerosi immigrati ai quale le nor- mative comunitarie stanno per riconoscere, se non ancora la cittadinanza, diritti a essa tradizionalmente inerenti. Sicché, anche se oggi forse il principio della riserva proporzionale non funge più in pre- valenza come mezzo di tutela della mino- ranza sudtirolese, sembra essere venuto il momento di una sua riconsiderazione per valutare l’opportunità di sostituirlo con al- tri meccanismi più adatti a garantire un bi- linguismo equilibrato, in una società più ci- vile perché più matura e più rispettosa del- la diversità di tutti. Renato Ballardini l’appartenenza a un gruppo linguistico è un fatto puramente soggettivo, come l’appartenenza a un partito o a una religione meccanismi più adatti a garantire un bilinguismo equilibrato, in una società più civile perché più matura “Convivia” è un’associazione plurilingue e interculturale, nata sul ceppo di un’altra associazione deno- minata “Famiglie Mistilingui dell’Alto Adige”. Si è battuta soprattutto per una scuola veramente plu- rilingue e per un censimento anonimo e non costrittivo. Nell’art. 3 del suo Statuto si legge: “L’Associazione favorisce la crescita culturale e sociale dei cittadini della provincia di Bolzano, che riconoscono il valore di una identità plurilingue e interculturale […] s’impegna a tutelare i diritti civili dei cittadini […] e persegue altresì una più approfondita conoscenza delle lingue e delle culture e la crescita di una comune coscienza civica europea”. convivia 22 reprint

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