A conti fatti

Francesco Palermo è professore ordinario di Diritto pubblico comparato all’Univer- sità di Verona e Direttore dell’Istituto di studi federali comparati di Eurac Rese- arch a Bolzano. Già Senatore della Re- pubblica, Senior Legal Adviser dell’Alto Commissario per le minoranze nazionali dell’Osce, membro e presidente del Comi- tato consultivo della Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazio- nali del Consiglio d’Europa. Membro e vi- cepresidente del comitato scientifico dell’Agenzia per i diritti fondamentali dell’Unione europea (2018-2023). Partendo dal modello del Censimen- to etnico in Alto Adige-Südtirol e confrontandolo con gli standard in- ternazionali, si può dire che abbia fatto scuola? E se sì, ha fatto una buona o pessima scuola? Non ha fatto molta scuola in realtà. Par- tiamo con il dire che il tema della rileva- zione dei numeri per la tutela delle mi- noranze è una questione centrale da cui non si può prescindere. Da noi questa centralità la si vede un po’ di meno, per- ché condizionata dalle polemiche che ci sono state, ma è necessario avere numeri e dati affidabili per poter tutelare e pro- muovere le minoranze. Se le autorità pubbliche non conoscono la consistenza dei gruppi che si accingono a tutelare ov- viamente non sono in grado nemmeno di ritagliare politiche specifiche sulle esi- genze di questi gruppi. Faccio per tutti l’esempio dei Rom che sono la minoranza su cui più spesso si dibatte in termini quantitativi. Il problema c’è ovunque, le soluzioni però sono molto diverse. Esistono -e su questo torneremo- degli standard internazionali che forniscono indicazioni precise sul punto, ma le modalità con cui queste ri- levazioni sono condotte possono essere le più diverse. Ci sono molti casi in cui il censimento, dal punto di vista della com- posizione etnico-linguistica delle popola- zioni, è collegato al censimento generale della popolazione. Quest’anno tra l’altro se ne faranno in tanti Paesi. Quello che non è comune, è il fatto di avere una di- chiarazione individuale anonima ma che può essere conosciuta dalle autorità nel momento in cui ciò serva. In quasi tutti i casi in cui il censimento viene svolto in connessione con il censi- mento generale della popolazione, si trat- ta di dichiarazioni anonime a pure fina- lità statistiche. Da questo punto di vista non c’è stato un effetto moltiplicatore del- la nostra esperienza. Ci sono poi altri contesti in cui queste rilevazioni sono fat- te o in via statistica o per finalità speci- fiche. In via statistica significa che sono basate su dati rilevati al di fuori dei cen- simenti, come ad esempio studi sociologi- ci, studi di antropologia, informazioni raccolte dalle organizzazioni delle mino- ranze stesse. Prendiamo per esempio la Germania, dove per ovvie ragioni stori- che il censimento etnico è un tabù. Ma poi succede che ti sanno dire quanti sono i Sorbi o i Sinti. Come fanno a saperlo? Ci sono dati molto precisi che derivano da fonti diverse dai censimenti. Abbiamo poi dichiarazioni specifiche le- gate quasi esclusivamente alle elezioni. Ci sono ordinamenti che prevedono delle quote o delle misure facilitate di rappre- sentanza politica delle minoranze, nei quali casi per esempio per poter votare una di queste liste è prevista la registra- zione volontaria dell’elettore nella lista delle minoranze. Questo lo associa auto- maticamente a uno specifico gruppo, dunque ne determina la consistenza. Co- sì ad esempio in Ungheria, in Slovenia, in Croazia, dove appunto per votare la li- sta delle minoranze ti iscrivi a un appo- sito registro. Ci sono altri casi ancora in cui la consistenza numerica dei gruppi è determinata dall’appartenenza alle asso- ciazioni rappresentative delle minoran- ze. Per esempio in Ungheria, ancora una volta, in Serbia e in Romania ci sono or- ganizzazioni che si chiamano autogover- ni delle minoranze e sono dei soggetti di diritto pubblico che gestiscono tutta una serie di competenze in materia culturale, scolastica, ecc., e per usufruirne bisogna iscriversi. Anche lì è una scelta volonta- ria. Naturalmente da qui derivano conse- guenze in termini o elettorali, come si di- ceva prima, oppure di fondi pubblici che vengono distribuiti in base ai numeri. Qual è allora l’elemento specifico del censimento in Alto Adige-Südtirol? L’aspetto specifico è il collegamento con la dimensione individuale che, salvo ap- punto i casi legati alle elezioni, non è pre- visto in altri ordinamenti. Qui invece c’è un collegamento ex-ante che viene fatto e che poi ti legittima a godere di determi- nati benefici. Nella maggior parte degli altri paesi la rilevazione serve o a finalità statistiche oppure per determinati ambi- ti come, in particolare, la distribuzione dei posti nell’impiego pubblico, con la proporzionale che non è mai -penso ai Balcani- una proporzionale aritmetica ma tendenziale. Si prevede, cioè, che vi sia una rappresentanza “equa”, “propor- zionata”, “adeguata”. In quei casi esisto- no modalità di accertamento ad hoc per l’individuo, che sono o la dichiarazione specifica per quel contesto oppure, più frequentemente, la conoscenza della lin- gua. In generale, il modello prevalente è quello dell’accertamento/dichiarazione ad hoc, o comunque per finalità specifi- che, non generali. Preso il nostro modello di censimen- to e tutto ciò che ne è derivato e ne deriva, se confrontato con gli stan- dard internazionali che differenze ci sono? E quali sono questi standard? Gli standard internazionali dicono essen- zialmente due cose. La prima è che non deve esserci una lista chiusa delle iden- tità e questo è un problema per quanto ci riguarda perché noi abbiamo, come sap- piamo, i tre gruppi (italiano, tedesco, la- dino) e lì si finisce, per quanto esista la possibilità di dichiararsi “altro” e aggre- garsi. Gli standard, che derivano preva- lentemente da ragioni statistiche, dicono che ci vogliono infinite possibilità così co- 24 l’idea, molto difficile da far capire in certi stati, che l’identità è una scelta e non qualcosa di biologicamente predeterminato Cosa dicono gli standard internazionali in termini di censimenti e minoranze? La questione della rilevazione della consistenza dei gruppi, da cui, quando si parla di minoranze, non si può prescindere; la dichiarazione di appartenenza anonima che ha fini puramente statistici; gli standard internazionali che in materia di censimenti propongono di riconoscere e accettare le zone grigie; il ritardo dell’Europa... Intervista a Francesco Palermo. intervista

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