Die Politik der richtigen Dinge: Alexander Langer oggi
56 nuova e più ricca qualità della vita. Sceglieva i suoi terreni d’impegno con grande attenzione alla valenza anche simbolica: le vittime delle radiazioni atomiche di guerra e di “pace” erano i suoi testimoni anti- nucleari, la vicenda del popolo tibetano per i cui diritti si batteva negli ultimi anni con particolare impegno era il suo avamposto di lotta con- tro ogni genere di statalismo e totalitarismo omologatore, l’entusiasmo per i diritti delle donne, dei bambini, dei malati e degli animali erano la sua trincea a fianco dei più deboli. Per i “Grünen” era stata porta- bandiera nella loro prima grande prova elettorale (elezioni europee del 1979: senza il quorum, ma con una visibilità sorprendente e preziosa per tutta l’Europa) e al Bundestag, nei primi tempi dopo il loro ingresso nel 1983. Poi si era via via scoraggiata per un certo abbandono dello spirito pionieristico degli albori, per la difficoltà di organizzare in cor- po politico strutturato le originali intuizioni verdi, per i troppi conflitti interni al partito verde. Il partito, d’altronde, ricorreva a lei quando bisognava far sentire una voce candida e unitaria, sopra le parti, ma ripeteva spesso che non amava il suo stile individualista, il suo prota- gonismo, le sue iniziative poco ortodosse. Così i “Grünen” non l’han- no più ricandidata al Parlamento europeo (dove nel 1984 e nel 1989 sarebbe stata senz’altro eletta) e le hanno varie volte ricordato il suo “dovere di rotazione”, considerandola una specie di libera battitrice, buona per messaggi ispirati e conferenze internazionali (possibilmente d’oltremare), ma poco spendibile nella politica del giorno per giorno. Dopo due legislature al Bundestag si è tirata da parte ed è rimasta lar- gamente silenziosa di fronte alle ultime vicende tedesche, dall’unifica- zione in poi, pur continuando a girare (un po’ nervosamente) il mondo col suo messaggio di vita e di politica ecologista e pacifista. Nel partito si erano quasi dimenticati di lei, la stampa tedesca ormai la notava solo se e quando parlava male dei “Grünen” o si poteva scivolare nel pettegolezzo. La fine tragica di Petra, in una Germania che cominciava a farle venir voglia di riscoprire la sua metà anglosassone, è un brutto segnale e ricorda un’altra donna che nel recente passato aveva tentato con una analoga porzione di “idealismo tedesco” di invertire la ruota
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==