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iraniane. Nel 1999, e nelle manifestazioni
del 2003 per commemorare le vittime del-
la rivolta di quattro anni prima, i
blog
non
servirono solo a informare l’opinione pub-
blica iraniana, ma anche quella internazio-
nale. I
blog
facevano da ponte anche tra le
diverse manifestazioni che erano in corso
nei diversi quartieri di Teheran e delle al-
tre città. Gli slogan gridati in un luogo fi-
nivano immediatamente sui
blog
e ripetu-
ti nelle altre manifestazioni. Il 9 luglio del
2003, una manifestazione convocata dal
quotidiano
Il Riformista
a Piazza Campo de’
Fiori di Roma, era collegata costantemente
con le manifestazioni in corso nella capitale
iraniana attraverso lo stesso meccanismo.
I partecipanti alla manifestazione roma-
na erano informati, minuto per minuto, di
quanto stava accadendo a Teheran e i gio-
vani manifestanti iraniani ricevevano quasi
in diretta, grazie al lavoro di alcuni
blogger
iraniani residenti in Italia, i discorsi delle
diverse personalità della politica e della cul-
tura italiana presenti a Campo de’ Fiori.
Le elezioni presidenziali iraniane del 2009
hanno dimostrato al mondo intero come i
so-
cial network
possano essere utilizzati come
strumento di lotta contro la dittatura media-
tica. Chris Kelly, uno dei massimi dirigenti
di
Facebook
, parlando in un popolare pro-
gramma televisivo americano condotto da
Charlie Rose, ha definito sorprendente l’uso
dei
social network
da parte degli iraniani.
“Abbiamo visto con le elezioni presidenziali
iraniane delle attività sorprendenti, che non
immaginavamo”, ha dichiarato Kelly. “Gli
iraniani -ha aggiunto- non solo hanno utiliz-
zato
Facebook
per raccontare eventi e fatti,
per comunicare tra di loro e per trasmettere
notizie e immagini, ma cambiando i loro pro-
fili e colorando di verde le pagine hanno por-
tato alla luce un’altra funzione che un sito
come il nostro potrebbe avere, cioè quella di
diventare un punto d’incontro tra persone
che all’interno di un paese o dall’esilio lavo-
rano per un cambiamento politico sostanzia-
le”. “La vicenda iraniana -ha sottolineato il
dirigente del
social network
più importante
del mondo- ci ha permesso di verificare una
teoria della quale da tempo si parlava, cioè
il ruolo che la tecnologia può giocare nella
politica e soprattutto nella comunicazione e
nella diffusione dei valori democratici”. La
tecnologia ha permesso che i social network
si trasformassero nel più importante mezzo
di comunicazione della primavera araba e
anche di molte campagne politiche e sociali
in Europa e nella stessa Italia.
La Repubblica Islamica, secondo un rappor-
to pubblicato da
Open Net Initiative
, possie-
de uno dei sistemi più sofisticati per il blocco
dell’accesso a determinati siti internet. In
Iran, secondo quanto afferma l’associazione
Twitter Revolution
, è il nome che la stampa
internazionale aveva dato all’ondata di pro-
teste post elettorali del 2009 in Iran. Thomas
Friedman, il noto editorialista dei maggiori
quotidiani americani tra cui l’
International
Herald Tribune
e il
The New York Times
,
in un suo articolo dedicato proprio all’im-
portanza di
Facebook
nella protesta politi-
ca in Iran, definisce il
social network
“una
moschea virtuale”.
Facebook
occupa, nelle
rivolte che stanno cambiando il volto del
mondo arabo, lo stesso posto che nel passato
occupavano le moschee? è la domanda che
molti si sono posti in questi ultimi anni. In
Iran le nuove tecnologie accompagnano da
sempre i cambiamenti politici. Nel 1979, la
rivoluzione islamica dell’ayatollah Khomei-
ni è stata definita “la rivoluzione delle au-
dio-cassette”. Khomeini, dopo essere stato
costretto a lasciare la città santa per eccel-
lenza degli sciiti, Najaf, nel sud dell’Iraq, ha
trovato ospitalità in Francia. Precisamente
nella cittadina di Neauphle-le-Chateau, non
molto lontano da Parigi. Ogni pomeriggio,
da sotto un albero di mele, Khomeini pro-
nunciava un discorso che oltre a trattare i
temi del giorno e quanto era accaduto nel
paese nelle ultime 24 ore, conteneva anche
anatemi contro la monarchia, e incitava la
gente alla rivolta. Questi discorsi del vec-
chio ayatollah venivano trasmessi qualche
ora dopo a Teheran da un gruppo di giovani
islamici guidati da Mohsen Sazegara (uno
studente giunto appositamente dagli Stati
Uniti, poi divenuto fondatore dei Pasdaran,
le Guardie della Rivoluzione, per poi rifu-
giarsi negli Stati Uniti) per essere divulgati
in tutto il paese attraverso le audio-cassette
che venivano riprodotte ovunque nel paese.
All’epoca, quella di far sentire la voce dell’a-
yatollah Khomeini a centinaia di migliaia
di persone che ogni giorno marciavano per
le strade del paese chiedendo la fine della
monarchia, fu una novità assoluta. Mai, pri-
ma di allora, le audio-cassette erano state
utilizzate come strumento di lotta politica
e come mezzo per rovesciare un regime. Un
mezzo tanto efficace che il regime monarchi-
co pensò addirittura di mettere al bando la
vendita degli audio registratori. È famosa
la frase del governatore militare di Teheran
nel 1979, il generale Gholamreza Azhari, il
quale definì il movimento anti monarchico
“solo un’audio-cassetta”. Le immagini di
centinaia di persone, riunite davanti agli
audio registratori, nelle moschee e nelle
strade, come in tutte le scuole e soprattut-
to nei luoghi di lavoro ad ascoltare l’ultimo
discorso di Khomeini, hanno fatto il giro del
mondo.
Nel luglio del 1999, le notizie della rivolta
studentesca, della quale i giornali avevano
ricevuto l’ordine di non pubblicare nulla,
venivano fatte circolare grazie ai telefonini
e ai
blog
. Minuto per minuto i
blogger
ira-
niani informavano il mondo di quanto sta-
va accadendo a Teheran e nelle altre città
Reporter sans Frontier
, sono tre milioni i siti
ai quali è impossibile accedere liberamente
e direttamente. “Anche con sistemi sofisti-
cati come quello in dotazione del governo
iraniano -si legge nel rapporto dell’Oni- un
internauta minimamente aggiornato sul-
le ultime trovate tecnologiche può entrare
in tutti i siti filtrati aggirando il blocco con
l’utilizzo di alcuni siti
proxy
”. “L’unica for-
ma efficace di censura -scrivono gli esperti
dell’Oni- è impedire l’accesso a internet”.
In Iran hanno cercato di bloccare alcune
attività, come quella di caricare foto in alta
qualità su siti come
Flickr
, o filmati su
You-
tube
, riducendo la velocità di connessione,
ma anche questo provvedimento si è dimo-
strato efficace solo parzialmente. Grazie
a una provata collaborazione tra gli inter-
nauti iraniani che vivono nella Repubblica
Islamica e la comunità dei fuorusciti, anche
questo ostacolo è stato brillantemente su-
perato. Oggi la Siria cerca di controllare la
rete grazie alle tecnologie e gli esperti arri-
vati da Teheran.
Nell’impossibilità di praticare il giornalismo
classico, molti giornalisti iraniani hanno do-
vuto scegliere tra cercare lavoro all’estero o
emigrare nel mondo virtuale. In pochi anni,
il numero delle emittenti radiofoniche che
dall’estero trasmettono in farsi per poche
ore al giorno, o addirittura per 24 ore, ha
raggiunto una cifra non immaginabile che
si avvicina a 500, mentre sono più di 100 i
canali televisivi che via satellite o tramite
internet raggiungono i 70 milioni di abitanti
della Repubblica Islamica.
Più difficile è invece calcolare il numero dei
siti d’informazione generati in questi ulti-
mi anni dai giornalisti rimasti orfani della
carta stampata. Emigrare su internet non
mette però al riparo i
blogger
e i giornalisti.
Nel rapporto pubblicato il 3 maggio 2012 da
Reporter sans Frontier
, in occasione della
Giornata Mondiale della Libertà di Stam-
pa, l’Iran si trova al quarto posto nel triste
elenco dei paesi che arrestano e imprigiona-
no i giornalisti. In quella data i giornalisti
iraniani in carcere erano 42, con altri 102 in
libertà provvisoria dietro cauzione o in atte-
sa di giudizio. Alcuni di questi giornalisti,
accusati di aver denigrato il paese denun-
ciando abusi di potere e violazioni dei diritti
umani, devono scontare pene fino a 10 anni
di carcere.
(A.R.)
La rivolta viaggia in rete
Stanotte devo partire.
Stanotte devo prendere la valigia
che ha spazio quanto la veste
della mia solitudine
e andare verso una direzione
in cui sono visibili epici alberi
dinanzi a quella vastità senza parola
che perennemente mi chiama.
Una voce ancora ha chiamato: “Sohrab!
dove sono le mie scarpe?”
(Sohrab Sepehri)
i
social network
si sono trasformati
nel più importante mezzo di
comunicazione della primavera araba