Il 10 e 11 gennaio, in occasione dell’uscita del n. 100 di Una città, si è tenuto a Forlì un convegno dal titolo “Le due libertà”, a cui hanno partecipato Pietro Adamo, Luca Baccelli, Nico Berti, Aldo Bonomi, Guido Montani, Pierpaolo Poggio, Andrea Ranieri, Gianni Sofri, Fabrizio Tonello, Nadia Urbinati. Pubblichiamo l’intervento introduttivo di Pino Ferraris.

Voglio subito precisare che questo mio intervento non vuole e non può essere un contributo di ricostruzione storiografica. Il richiamo al passato è esplicitamente sottomesso all’urgenza del tentativo di rischiarare alcuni problemi del presente.
Il riferimento alla discussione tra Saverio Merlino e Errico Malatesta su anarchia e democrazia nel 1897, il richiamo alla polemica tra Merlino e Filippo Turati su collettivismo, lotta di classe e ministerialismo nel 1901 potrebbero rappresentare l’accenno a quello che sarebbe un ben più impegnativo e suggestivo lavoro: mettere in luce la poliedrica ricchezza del dibattito socialista nella fine dell’800 confrontando i tre modi concreti di vivere e di pensare la relazione tra socialismo, libertà e democrazia in questi tre esponenti di spicco: l’anarchico Errico Malatesta, il socialista liberale ante-litteram Saverio Merlino e il socialista democratico Filippo Turati.
Non è certo quello che sono in grado di fare. Mi limiterò a trarre dalla trama di antiche polemiche giornalistiche spunti personali che possono toccare problemi ancora vivi, come ad esempio il rapporto tra libertà e democrazia o la lotta anti-autoritaria di libertà.
Una considerazione preliminare: l’uso del diverso aggettivo (libertario, liberale, democratico) per connotare il sostantivo socialismo incide in profondità sui caratteri, sulla qualità del sostantivo stesso. Sono socialismi molto diversi che si confrontano.
Dura un anno la polemica tra Merlino e Malatesta su anarchia e democrazia: dal gennaio 1897 al gennaio 1898.
Per Merlino questo scontro con l’amico e il compagno di tante battaglie comuni segna il suo esplicito distacco dalla corrente anarchica nella quale aveva militato per venti anni.
L’ avvio del dibattito scaturisce dalla acuta percezione da parte di Merlino del fatto che nel clima reazionario e illiberale di quegli anni matura la forte esigenza della difesa delle libertà politiche, e che questa azione di difesa deve avvenire anche attraverso l’impegno elettorale e parlamentare.
Merlino invita gli anarchici ad abbandonare il loro rigido astensionismo che rischia di isolarli in una posizione di sterile testimonianza.
Egli prende contemporaneamente le distanze dai socialisti parlamentari e statalisti che si illudono, scrive, “di poter far breccia a colpi di schede nella cittadella borghese e conquistarla”.
Crede di poter proporre una posizione intermedia che colga il meglio dell’ipotesi anarchica e tenga conto degli aspetti positivi della proposta socialdemocratica.
La risposta che viene da Errico Malatesta è intransigente e rigorosa: la partecipazione al voto non è una questione tattica, ma comporta la rinunzia a “tutto intero il programma anarchico”.
Raccogliendo ed estremizzando le riserve e le critiche del liberalesimo alla democrazia, egli ricorda come la democrazia rappresentativa non sia affatto il luogo che raccoglie e conserva le libertà, ma il contesto nel quale si alimenta l’autoritarismo illiberale: il potere che scende dall’Alto in nome del basso, in nome e per conto della sovranità popolare, è un potere particolarmente invasivo ed esigente. Il socialismo di stato concede dall’alto proprio in quanto riesce a sostituirsi all’esperienza di libertà, alla spontaneità sociale del basso.
Non vi può essere mediazione nella differenza sostanziale che separa le due posizioni: o autorità o libertà, coazione o consenso, obbligatorietà o volontarietà.
Sono alternativi i due modi di lotta politica: quello di coloro che vogliono conquistare i pubblici poteri e quello di coloro che vogliono abolire il governo e non già occuparlo.
Saverio Merlino cerca di incalzare Errico Malatesta in quanto anarchico non individualista, in quanto anarchico socialista che deve mediare il radicalismo delle libertà e delle autonomie con i limiti necessari che provengono dalle forme di organizzazione della convivenza sociale.
Un pensiero libertario socialista non può, secondo Merlino, evitare di fare i conti realisticamente con la forma della rappresentanza, con il principio di maggioranza, con la divisione del lavoro, con ...[continua]

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