Dopo l’insediamento del nuovo governo di Hamas presso l’Autorità Palestinese, ci si potrebbe chiedere cosa possa aver portato un popolo, il più laico tra quelli arabi, e con una scarsa tradizione di fondamentalismo religioso, a votare per Hamas. Non può essere sufficiente attaccarsi semplicemente all’incapacità negoziale di Fatah e alla corruzione interna. Se da una parte i palestinesi hanno messo in guardia Hamas sul fatto che il loro voto non costituisce un’autorizzazione ad instaurare una teocrazia sul modello iraniano in Palestina, dall’altra hanno scelto l’unica opzione rimasta ad un popolo impotente a cui era stata negata ogni altra via di uscita: la non-cooperazione.

Gandhi disse: “Come si può costringere qualcuno ad accettare la schiavitù? Io rifiuto semplicemente di eseguire gli ordini dei superiori. Possono torturarmi, rompermi le ossa e persino uccidermi. Avranno allora il mio cadavere, ma non la mia obbedienza. Alla fine, quindi, sarò io il vincitore e non loro, poichè non sono riusciti a farmi fare ciò che volevano. La non-cooperazione non è diretta contro i governanti, ma contro il sistema che loro amministrano. Le radici della non-cooperazione non si fondano sull’odio, ma sulla giustizia”.

La non-cooperazione, forse il più potente strumento di resistenza non violenta, emerge quando per gli oppressi non si profila nessun’altra possibilità di ottenere la propria libertà ed i propri diritti. Allora, dato che sono stati la comunità internazionale, gli Stati Uniti, Israele e, sì, Fatah, ad aver precluso qualsiasi via di uscita ai palestinesi, sono loro ad avere la “colpa” dell’ascesa di Hamas. E a loro è rivolto il messaggio dell’elettorato palestinese: “All’inferno con tutti voi!”.

All’inferno con la comunità internazionale, che ha ignorato l’appello dei palestinesi al diritto internazionale e alle convenzioni sui diritti umani. Se solo fosse stata applicata la Quarta Convenzione di Ginevra, Israele non avrebbe mai potuto porre le basi della sua Occupazione. Il diritto internazionale definisce l’occupazione come una situazione militare temporanea che può essere stabilita solamente attraverso dei negoziati. Di conseguenza una Potenza di Occupazione come Israele non può intraprendere alcuna azione unilaterale che renda permanente il suo controllo. Oltre alle basi militari, ogni singolo elemento dell’Occupazione israeliana è palesemente illegale: gli insediamenti e la costruzione di un massiccio sistema di autostrade percorribili solamente da israeliani che collegano gli insediamenti nel West Bank allo stato di Israele vero e proprio; l’estensione del sistema di pianificazione israeliano nelle aree palestinesi occupate; il saccheggio dell’acqua e di altre risorse palestinesi per uso israeliano; le demolizioni di case e l’espropriazione di terre palestinesi; l’impoverimento intenzionale della popolazione locale; gli attacchi militari sulla popolazione civile -per citarne solo alcuni. E non si è fatto nulla per fermare la costruzione della “Barriera di separazione” voluta da Israele neppure dopo che la Corte di Giustizia Internazionale dell’Aja ha dichiarato illegale il progetto, e l’Assemblea Generale ne ha ratificato la decisione.

All’inferno con gli Stati Uniti che hanno bloccato i negoziati e la possibilità di ristabilire i diritti dei palestinesi permettendo ad Israele di rendere permanente la propria Occupazione. Nel momento stesso in cui prendeva il via il “processo di pace” di Oslo, gli Stati Uniti, sotto la spinta di Israele, hanno riclassificato le aree palestinesi da “occupate” a “contese”, cancellando, di conseguenza, il diritto internazionale come base dei negoziati e facendo mancare la terra sotto i piedi dei palestinesi. Se si fosse rispettato il diritto internazionale, l’Occupazione sarebbe terminata sotto il peso della sua stessa illegalità. Ma una volta che il potere è divenuto l’unica base dei negoziati, per Israele è stato facile sopraffare i palestinesi. Oggi come oggi i palestinesi non si aspettano niente dai negoziati. Con gli americani che appoggiano l’uniteralismo israeliano, con il veto degli Stati Uniti che ha bloccato l’Onu e qualsiasi reale possibilità di uscita, e con la passività dell’Europa, sono stati totalmente isolati.

All’inferno con Israele, che ha precluso persino la possibilità di uno Stato palestinese nei territori palestinesi. Il mondo ha ignorato la “generosa offerta” dei palestinesi ad Israele: il riconoscimento dei confini stabiliti ...[continua]

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