“Ahi ahi, ma conosciuto il mondo/ non cresce, anzi si scema, e assai più vasto/ l’etra sonante e l’alma terra e il mare / al fanciullin, che non al saggio, appare”. In sorprendente anticipo sulle celebri considerazioni di Heidegger a proposito della Tecnica, Leopardi, come ci testimoniano questi versi dedicati Ad Angelo Mai, già individuava nel Nulla, quell’evento che a partire dalla scoperta dell’America, in corrispondenza, cioè, di quella rivoluzione scientifica con la quale si è soliti dar inizio all’era moderna, stava caratterizzando il corso della nostra civiltà. “Ecco svaniro a un punto, / e figurato è il mondo in breve carta: / ecco tutto è simile, e discoprendo, / solo il nulla s’accresce”.
Dalla circumnavigazione del mondo, in effetti, la nostra civiltà non riportò quasi alcun giovamento spirituale, se non beni materiali o finalizzati alla scienza (Zibaldone 7 agosto 1821); si ebbe, al contrario, la ben più desolante impressione di aver fatto il pleriplo di se stessi senza aver incontrato nient’altro che se stessi. “o caro immaginar; da te s’apparta/ nostra mente in eterno... / e il conforto perì de’ nostri affanni”. L’incanto che grazie ai miti, alle leggende, ai complessi sistemi metafisici regnava sulla terra si rivelò frutto dell’ignoranza se non della menzogna. “Più scoperte - scrive ancora Leopardi nell’Annuncio delle Canzoni  - si fanno nelle cose naturali, e più s’accresce nella nostra immaginazione la nullità dell’universo”.
“Tutto è simile”, nessun mistero interno a noi, dietro le presunte “colonne d’Ercole”, né sopra di noi, nei cieli vertiginosi e “immobili”; “discoprendo, solo il nulla s’accresce”. “L’uomo -dirà più di un secolo dopo Martin Heidegger- è ossessionato dal problema di ciò che potrebbe accadere in conseguenza dell’esplosione di una bomba atomica. L’uomo non vede ciò che da lungo tempo è già avvenuto, l’evento che solo come suo ultimo sottoprodotto e risultato finale ha dato luogo alla bomba atomica e alla sua esplosione... Che cosa aspetta ancora questa confusa angoscia, se la cosa terribile è già accaduta?” (La Cosa)
“La cosa terribile” è che malgrado tutto sembri più vicino, più a portata di mano (“figurato... in breve carta”), nessuna cosa ci è veramente prossima, ma solo privata della sua distanza. “Tutto fluisce e si confonde nell’uniforme assenza di distanza”, così che lo straordinario diventa presto monotono, e il monotono superfluo. Le agenzie turistiche non fanno in tempo a presentarci nuove meraviglie esotiche che già questi luoghi ci assomigliano. Intere culture, aree geografiche, annientate e profanate dal nostro sguardo disincantato che “a un punto” non ha più riflettuto che se stesso, il proprio nulla, sono di volta in volta spogliate o rivestite a seconda che servano a giustificare “progetti globali di sviluppo” o a stimolare appetiti per “il diverso”. Di questo mondo ridotto a semplice “oggetto” noi finiamo per occuparci solo quando incomprensibilmente ci turba o ci minaccia, nel caso di un cataclisma o di una epidemia, di una rivolta etnica o di un’ondata emigratoria. Tanto che se della Natura dovessimo proprio, al di là di come ci è illustrata dalla scienza, farci un’opinione, non protremmo non convenire con Leopardi sul fatto che in qualche modo ci è “inimica” e “matrigna”.
Incapaci di pensare tutto ciò che, come la morte, presenta un aspetto ineludibilmente personale, singolare ancor prima che soggettivo, ci siamo affidati alla Tecnica con lo scopo di assicurarci la vita. Rendendo così la stessa Tecnica schiava di se stessa, poichè impensata e, perciò, abbandonata, da natura seconda che è, all’inesorabilità delle proprie leggi. D’altronde, la stessa impossibilità oggi di risanare l’ambiente dall’inquinamento provocato dal proliferare delle tecnologie senza l’ausilio di nuove tecnologie, la dice molto lunga sui rischi di irreversibilità del processo innescato.
Allo stesso modo, se gli Stati Uniti, ultimi eredi di un bonapartismo tutto europeo e attuali garanti del Nuovo Ordine Mondiale, si trovano in questi anni a prendere parte ad “operazioni di polizia internazionale”, ciò non va imputato unicamente ad una politica imperialistica, sia pure sostenuta dai profitti dell’industria bellica e dall’urgenza di invertire la tendenza recessiva, ma anche, come per i romani al tempo di Cristo, alla richiesta, da parte dei responsabili governativi dei paesi sottomessi all’economia di mercato, di un loro intervento, di eseguire quella sentenza che es ...[continua]

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