1. Un ragazzo di strada

Oscar era un ragazzo di strada: sua madre apparteneva ad una famiglia di delinquenti importanti, avevano occupato un condominio, costruito abusivamente, insieme ad altre famiglie di delinquenti e famiglie di operai e lavoratori.
In casa di Oscar il rango sociale predominava su quello sessuale: il padre proveniva da famiglia di basso rango era quindi sottomesso: più volte aveva tentato di sottrarsi con la fuga a questa inversione di ruoli, ma era stato riacciuffato da suocero e cognati e riportato al tetto coniugale. La madre di Oscar non ti guardava in faccia, il suo sguardo andava oltre la persona, aveva negli occhi allo stesso tempo la durezza di chi ha un ruolo da ostentare e l’angoscia di chi ha paura di se stesso. Era sotto la trentina ed usciva a braccetto con il figlio quattordicenne, più alto di lei, vestita in modo molto giovanile ma impeccabile.
Oscar razzolava per strada col moccio che gli pendeva dal naso, un jeans sdrucito la cui cintura cascava fino all’inguine mentre la falda inferiore si arrotolava sotto i tacchi delle scarpe. Non parlava, si aggirava da solo intorno al cortile della scuola, ci spiava mentre giocavamo a pallavolo: non ha mai mostrato o chiesto di voler giocare. Dopo un po’ di volte lo ho invitato a giocare: lui ha accettato in silenzio e altrettanto compostamente ha giocato.
Ho saputo in quella occasione che era il fratello di Iole, ma mai Iole scorgendolo oltre il cancello mi aveva detto chi fosse.
Pensai che avesse undici o dodici anni e che dovesse frequentare la scuola media, ma -era il 1984- caldeggiare in qualche modo la sua frequenza scolastica era da non prendere neppure in considerazione. Più tardi -troppo tardi- appresi che era alunno di quinta, che gli era stata garantita la promozione a patto che non frequentasse.
Così come mi era apparso tranquillo e dimesso in strada, così -mi è stato detto- era aggressivo e violento in classe quelle poche volte che ci ritornava. Genitori ed insegnanti avevano concordato su quella soluzione: nessuno, per opposti motivi, aveva interesse che nella mancata frequenza scolastica mettesse il naso il servizio sociale: gli insegnanti temevano la reazione della signora, la signora temeva che attraverso le vicende del figlio venissero turbate le attività illegali.
Ho avuto modo di sperimentare la reazione della signora: avevo segnalato al servizio sociale le assenze della figlia, ed ero il primo insegnante, dei circa quindici succedutisi in cinque anni, ad averlo fatto: non solo mi investì con insulti e minacce -cosa scontata e prevista- ma mancò poco che mi accusasse di qualche azione immonda nei confronti della figlia: "Tutto questo succede perché mettono gli uomini in classe con le femmine".
Nel sentire questa frase capii che ove mai avessi fatto un qualsiasi gesto cosi interpretabile anche lontanamente, una accusa del genere nessuno me la avrebbe evitata. Dopo pochi giorni infatti la signora si precipitò a scuola come una furia sostenendo che in classe i maschi toccavano il sedere della figlia: cosa che esclusi radicalmente sostenendo che purtroppo i ragazzi avevano una tale consapevolezza di qual genere di reazione potessero scatenare che evitavano persino di rivolgerle la parola.
Alcuni giorni dopo Iole arrivò in classe senza grembiule, con una minigonna invisibile, per di più scucita, che lasciava scoperto il deretano: feci accompagnare la bambina a casa a rivestirsi e da allora fu chiusa la contesa con sua madre.

1992 - otto anni dopo
Sono ritornato nella scuola di Oscar; la criminalità che nell’84 era semplice criminalità, ora si era organizzata e i risultati si vedevano: nel corso dell’anno scolastico, nello stretto raggio di cento metri intorno alla scuola, c’erano stati già una decina di morti ammazzati. L’undicesimo della serie è stato Oscar.
Non ho avuto nessuna curiosità di sapere come fossero andate le cose, non ho letto giornali, non ho fatto domande: l’ho semplicemente rivisto con quel suo pantalone penzolante, gli occhi piccoli e cisposi un po’ porcini, il viso rotondo e paffutello con un sorriso appena accennato, e volevo conservare questa immagine. Ciononostante m’è caduto l’occhio su un titolo di giornale, ho colto frammenti di conversazioni a scuola. Le cose sembrano essere andate in questo modo:
Oscar era considerato un pericoloso esponente del clan (vattelapesca, non mi interessa), la sua famiglia -leggi la madre- era una pentita e ‘collaborava con la giustiz ...[continua]

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