Cambia il nostro mondo, la nostra società e vengono alla luce in modo sempre più urgente quei vecchi problemi morali che ritenevamo “astratti”, non rilevanti per la concretezza della nostra vita. Scienza e politica ci sembrava che bastassero. E invece, eccoli lì, quei benedetti problemi così vaghi e irrisolti, che ci affliggono duramente proprio perché nemmeno li consideravamo: prediche inutili; la morale era una faccenda privata. Eppure, proprio nel bel mezzo di una tra le più selvagge campagne elettorali cui abbiamo assistito, ci siam sentiti dire che qualunque potrà essere il prossimo assetto politico, tutti dovranno farsi carico di un’opera di civilizzazione sociale, di etica della convivenza, se non vorremmo lo sbando, l’anarchia selvaggia, la dissoluzione sociale.
Ovviamente, nessuno pensa che bastino le decisioni di un “buon governo”; la Repubblica non può decretare la bontà dei suoi cittadini. Ma nemmeno possiamo più pensare di privatizzare anche la morale. Se ne stanno accorgendo anche negli USA, dove la libertà individuale è stata di fatto comperata dai mercanti d’armi. Di libertà privata si può anche morire. E Clinton, toccato da vicino, sta provvedendo. Qui da noi, la conflittualità armata è faccenda soprattutto di mafia. Eppure, il livello di scorrettezza, volgarità, aggressività politica che abbiamo raggiunto nella lotta elettorale, potrebbe anche averci avviato su una china difficile da risalire; un nuovo stile duro, sbrigativo, efficiente. Sarà difficile liquidare i mostri che abbiamo evocato.
E’ abbastanza paradossale che proprio nel momento in cui stiamo razionalizzando la politica, -forse anche a destra ci si sta purificando dalle ideologie nostalgiche- l’aggressività del discorso è esplosa fanatica, virulenta, paranoica. Basteranno le nuove istituzioni? Tutto cambia perché tutto resti come prima.
Se non si vuol cadere in queste insidie, dobbiamo in qualche modo affrontare il problema dei soggetti sociali dell’etica. Le famiglie sono le prime che vengono in mente, le prime per importanza: è lì che si avvia la stessa possibilità del pensare etico; senza padre e madre il pensiero resta libero, ma astratto. Le organizzazioni professionali con il loro codici deontologici si autoimpongono i propri valori normativi. Ma spesso finiscono col prevalere gli interessi associativi, le difese corporative, gli orientamenti politici. E’ difficile vedere sempre il superiore bene comune della società. E le scuole? Si sa che tendiamo a sovraccaricare di troppi compiti e responsabilità una scuola che è invece sempre più debole e impotente. Troppe materie, è stata la critica principale al progetto Brocca. La sfida della scuola privata si giocherà però in gran parte su questa adeguatezza della scuola pubblica a farsi carico anche delle dimensioni esistenziali dei giovani. C’è da dubitare che la scuola cattolica sia veramente cattolica e non piuttosto separatezza elitaria; sarà scelta perché ordinata e sicura; per bene. Ma la scuola pubblica di Stato non potrà rifiutarsi ai nuovi compiti che non possono solo essere di funzionalizzazione industriale. Viviamo anni luce di distanza dai giovani d’oggi se pensiamo che la scuola sia soltanto svolgimento dei programmi ministeriali. Nelle settimane di autogestione che in dicembre si sono presi i nostri studenti, son venuti fuori i loro reali interessi: temi sociali e sessualità. La scuola può diventare un luogo privilegiato di crescita umana e non solo di istruzione, classica o professionale.
Questa scuola di tutti dovrebbe essere la vera cura dei cattolici; come si diceva: “meno istituzioni cattoliche, più cattolici nelle istituzioni”.
Sergio Sala