Campo di Ricostruzione Icahd - 2007
Primo giorno, sabato 15 luglio

Sono un cittadino israeliano e non ero mai stato nel West Bank, ma questa mattina mi sono svegliato qui, assieme a 25 “stranieri”, con l’obiettivo di fare qualcosa che per me è un dovere morale e che il mio governo considera illegale. Francamente, io penso che le persone dovrebbero conformarsi al proprio senso morale, ed è questo che rende questo mio viaggio degno di essere compiuto.
Dopo la colazione un gruppo dell’Ism, l’International Solidarity Movement, è venuto a spiegarci come comportarci qualora dovessimo trovarci faccia a faccia con il “demolition team” dell’Idf, l’esercito israeliano.
Più tardi abbiamo fatto un tour per Anata e incontrato il leader della locale tribù beduina, Abu Mussa. Ci ha spiegato quanto sia duro vivere da esiliato, e come si sia visto amputare entrambe le gambe a causa della carenza di assistenza sanitaria ad Anata. Ci ha raccontato di come la sua stessa famiglia non abbia potuto andarlo a trovare in ospedale dopo l’intervento e dei suoi sogni: un giorno vorrebbe tornare nel suo paese e vedere la tribù di nuovo unita. Così lui e la sua famiglia potrebbero avere di nuovo un luogo da chiamare “casa”. Ascoltare la sua storia e vedere le sue condizioni mi ha molto rattristato, ma il suo desiderio di andare avanti mi ha colpito.
Come israeliano, è particolarmente difficile assistere alle terribili condizioni in cui vive la gente a sole poche miglia da casa. E’ decisamente scoraggiante vedere questi posti e tutto questo mi interroga rispetto a un governo, su cui già ripongo pochissimo fiducia.
Alla fine del giro, ci siamo recati al sito della ricostruzione. Le fondamenta erano già pronte perché l’Icahd aveva iniziato questa casa già lo scorso anno, tuttavia la costruzione era stata interrotta dall’esercito. Con i miei ora-non-più-così-stranieri compagni abbiamo creato una catena umana per portare i mattoni da un livello all’altro della casa. E’ stato un lavoro duro, ma non è questo che ricorderò, perché la chimica che si è creata tra noi e il gruppo di palestinesi che ha prestato aiuto nella costruzione è stata eccezionale. Nonostante la barriera linguistica, siamo riusciti a cooperare e abbiamo fatto un grosso lavoro. E’ stata una sorpresa anche rendermi conto -non me n’ero accorto- che le persone attorno a me venivano dalla Svizzera, dall’Italia, dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna, dalla Palestina…
Credo sia questo che alla fine di tutto ricorderò: eravamo un gruppo di persone provenienti da tutto il mondo e infine semplicemente delle persone che aiutavano delle altre persone.
P.R. (partecipante del Campo Estivo dell’Icahd)