La forza e la debolezza di cui si parla non riguardano solo i movimenti, ma tutto ciò che è spontaneo, immediato, espressivo; vicino alla democrazia diretta, lontano dalle istituzioni. Ci si può ritrovare insieme a sostenere una causa facilmente, se non c’è una dittatura in atto. Altrettanto facilmente ci si può separare. La forza e la debolezza si sono accresciute da quando le reti e i gruppi hanno sostituito, in parte, le manifestazioni. La primavera araba, che ha dato a molti, e a me, una speranza, ha avuto nell’uso della rete, dei blog, di twitter, uno strumento potente, ma insieme anche un punto di vulnerabilità, di debolezza, di implosione -forse di illusione. La rete è a due facce; è possibilità immediata di accesso al mondo, di comunicazione globale, ma anche impossibilità di verifica, e immediata, globale tracciabilità. Il leone del Panshir, come tanti altri invincibili guerrieri, si è fatto ammazzare per una telefonata con un satellitare a cui gli americani hanno indirizzato il missile che lo ha ucciso. I politici, che avrebbero dovuto saperlo da prima, perché le centrali di ascolto le avevano organizzate alcuni loro dipendenti, hanno scoperto a proprie spese che i cellulari si intercettano. I mafiosi lo avevano scoperto da tempo e usavano i pizzini. Lo stanno scoprendo i giovani blogger e twitter egiziani, che non erano letti e ascoltati solo dai loro amici, perché una dittatura impara presto i modi nuovi del controllo totale. Se la comunicazione è rapida e automatica, e si rafforza per il facile accesso ai grandi numeri, per la diffusione a catena, più che per la tenuta, l’approfondimento, la condivisione, chi ha i grandi mezzi e una buona competenza nel marketing, se entra in gioco, vince.
Vorrei chiarire che mi sono sempre identificato e mi identifico con i movimenti che abbiano come fine maggiore la libertà, che sono contro le burocrazie, le uniformità, le norme imposte. Neanche la sicurezza sul lavoro si può imporre per legge; e si è, in parte, realizzata, per l’iniziativa dei diretti interessati, quando si sono resi conto delle cause e si cono convinti che solo rimuovendole potevano salvarsi la salute e la vita. Ma non si può pensare che le mobilitazioni conservino per sempre la vivacità del momento in cui esplodono perché cause sociali di lungo periodo hanno varcato una imprevista soglia. Anche quando ci si conosce e ci si frequenta molto, quando c’è compresenza fisica quotidiana, come è avvenuto negli anni 60 e 70 in Europa e l’anno scorso in Tunisia e in Egitto, anche quando si sa di rischiare la vita e perciò si partecipa solo se si è totalmente convinti, i movimenti non esprimono tutte le esigenze di chi ci partecipa. Esprimono una esigenza fondamentale, non necessariamente proprio la stessa, non necessariamente altrettanto prioritaria o vitale per tutti. Le differenze di priorità, di opinione, di impegno emergono quando chi comanda concede qualcosa, una parte, della esigenza fondamentale; o quando decide di liberarsi di quelli che protestano -li infiltra, li confonde, li bastona, li fa piangere coi gas, ne uccide qualcuno. Quando il primo militante, magari nel bel mezzo di una manifestazione o di una riunione, si trova a chiedersi, davanti a un oratore: "Ma chi è quello lì? E perché pretende di parlare anche per me?”, il movimento comincia a morire. Se è andata bene, perché ha raggiunto una parte importante del suo obbiettivo fondamentale e perde i già soddisfatti; se è andata male, perché ha, a sua volta, varcato una soglia che non sapeva di varcare ed ha convinto chi comanda ad infiltrarlo, a corromperlo, a reprimerlo, a sterminarlo. I potenti hanno reagito concedendo, in Europa con i movimenti degli anni 70, negli Stati uniti con i figli dei fiori e i renitenti alla leva; hanno reagito con la violenza contro le Pantere nere, che sono state ammazzate quasi tutte.
Sidney Tarrow (in Democrazia e disordine: movimenti di protesta politica in Italia, 1965-1975, Laterza, 1990) ha dimostrato, su fonti giornalistiche, che, in Italia, nel periodo considerato, le manifestazioni pubbliche dei movimenti politici all’inizio sono state sempre più numerose e importanti. Raggiunto un massimo, sono state sempre più rare e marginali. Il grafico del loro numero è una gaussiana. Prima cresce il numero di coloro che si riconoscono negli obbiettivi e si mobilitano per raggiungerli; poi molti obbiettivi vengono raggiunti e la maggior parte dei militanti si ferma. Nel caso in questione gli obb ...[continua]

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