Il termine «regionalismo» è assai pericoloso se include il concetto che le regioni debbano essere costruite per legge dai signori che stanno seduti a Roma, sieno essi, o un dittatore o alcune centinaia di parlamentari.
Molte delle province italiane sono regioni naturali. Per esempio, le province di Reggio Calabria, Catanzaro, Cosenza, Potenza, Lecce, Bari, Foggia, Roma, Perugia, Genova combaciavano, prima di certe riforme fasciste, con vere e proprie regioni naturali: le tre Calabrie, la Basilicata, la Terra d’Otranto, la Terra di Bari, la Capitanata, il Lazio, la Liguria, l’Umbria. In altri casi, per esempio Sicilia, Toscana, Emilia, Lombardia, Veneto, Piemonte, la regione è divisa in più province. Sarebbero queste province disposte ad associarsi in unità regionali?
Se si accetta il principio autonomista, bisogna accettarlo con tutte le sue conseguenze. I comuni debbono essere liberi da ogni influenza prefettizia come sono in America, in Inghilterra, in Svizzera; le province debbono essere federazioni di comuni amministrate da consigli provinciali senza bisogno di prefetti.
Nell’accentramento amministrativo italiano, la frazione di un comune non può costituirsi in comune autonomo se una legge del parlamento centrale non lo permette. Perché mai il deputato di Aosta debba metter becco in una faccenda che interessa solamente alcune centinaia di uomini e donne nella provincia di Chieti, è un mistero impenetrabile. Quando il progetto di legge per la erezione in comune autonomo della frazione di Vattelapesca, arrivava alla Camera, il progetto passava senza che nessuno se ne occupasse in una di quelle antimeridiane sedute, in cui si varavano, senza discussione, centinaia di «leggine» cucinate o consentite dalla burocrazia centrale irresponsabile e a cui non interveniva nessun deputato. Ma ci erano "voluti anni prima che una faccenduola come quella della frazione di Vattelapesca arrivasse a maturazione: suppliche al prefetto; consigli comunali le cui maggioranze dovevano dare parere favorevole; commissioni al deputato a domandare la grazia e a promettergli i voti; viaggi a Roma per andare insieme col deputato a scongiurare il ministro o almeno il segretario competente e il burocrate sedentario che doveva preparare il progetto di legge, e spiegare il perché e il per come; eppoi aspettare una benedetta seduta antimeridiana per varare la grande impresa. Mistero impenetrabile? Niente affatto! Quello era uno degli infiniti filamenti che tenevano incatenato l’elettore al deputato e il deputato al ministro. Se gli abitanti della frazione di Vattelapesca non votavano per il deputato ministeriale, niente comune autonomo. E se il deputato non votava per il ministero, niente comune autonomo. Perciò la faccenda era mandata per le lunghe più che fosse possibile. La gratitudine della gente è di così corta durata!
Con Mussolini i segretari federali presero il posto dei deputati. Fu peggio. Coi deputati una frazione non poteva diventare comune autonomo, e un comune autonomo non poteva essere aggregato ad un altro comune se la faccenda non era discussa dagli interessati. Si poteva bestemmiare, se non altro. Col segretario federale non si discusse e non si bestemmiò più. Un bel giorno gli interessati erano informati che Mussolini li aveva dichiarati per decreto reale autonomi o aggregati a un altro comune, e guai a chi non cantava immediatamente «Giovinezza, Giovinezza!».
Vogliono gli Italiani ritornare alle pratiche schiaviste prefasciste e fasciste? Si decideranno mai ad affermare che nei loro affari essi stessi debbono essere i padroni e non i padreterni, burocratici o parlamentari che sieno di Roma?
Una legge generale deve senza dubbio, fissare la procedura che gli interessati debbon seguire nel deliberare su queste materie affinché decidano a ragion veduta e non per capricciose improvvisazioni. Ma entro i limiti della legge generale, la deliberazione deve spettare agli interessati e non ai padreterni di Roma.
Le regioni, se debbono nascere, debbono nascere non perché una maggioranza nella Assemblea Costituente della Repubblica di là da venire deciderà che debbano nascere. L’Assemblea Costituente abolisca i poteri dei prefetti in questo e in molti altri campi, autorizzi le frazioni a costituirsi in comuni autonomi, autorizzi i comuni e le province ad associarsi o dividersi secondo lo credono opportuno e poi abbandoni ciascuno a se stesso. Ognuno per sé e Dio per tutti.
Che cosa avverrebbe se le province fosser ...[continua]

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