Renato Mannheimer è docente di Sociologia Politica all’Università di Genova.

Secondo recenti sondaggi solo il 2% degli italiani sarebbe interessato all’antitrust, alla libertà di informazione...
Non ho idea della percentuale degli interessati all’antitrust, comunque non può essere tanto alta; il 2% è poco, ma mi sorprenderei se fosse più del 10%. Vorrei però sottolineare la mia disapprovazione per l’impostazione di questa domanda. Ne approfitto per esagerare un po’, ma così formulata questa domanda esprime un punto di vista che nasconde una non comprensione delle dinamiche reali della società, e questo è un atteggiamento comune che io trovo pericoloso. Cerco di spiegarmi. La domanda era: “solo il 2% degli italiani dice di interessarsi alla questione della libertà”, e sottintendeva: “ma allora di cosa si interessano?”, tuttavia prima di formulare una domanda di questo genere occorrerebbe parlare della questione della libertà così come è stata presentata dai giornali, dalla Rai. Il portinaio di questa casa, per esempio, è una persona di grande sensibilità e intelligenza, ma sicuramente non capisce bene che cos’è l’antitrust, né ha letto sul giornale il dibattito sulla Rai, né conosce bene la proposta dei tre saggi. Non conosce queste cose perché sono difficili, perché non ha il tempo per seguirle bene: la sera arriva a casa stanco, probabilmente segue un po’ il telegiornale, poi guarda un’altra roba, dopodiché va al bar a discutere di sport... Tutto questo non vuol dire che non gli interessi la questione dell’antitrust, gli interesserebbe tantissimo se gli fosse spiegata in termini chiari, perché non è certo stupido, solo che non ha studiato... E poi non tutti hanno l’interesse per la politica e per le cose sociali. Qui di fronte c’è una sala corse dove gli avventori stanno tutto il giorno a scommettere sui cavalli. Queste sono persone intelligenti a cui però non frega niente della politica: quando andiamo a prendere il caffè insieme mi spiegano tutto sui cavalli, che è un mondo interessantissimo, molto diverso dal mio. Anche loro, come me, la mattina comprano il Corriere, solo che lo guardano rapidamente poi leggono “Tuttotrotto” o un’altra roba. Cosa voglio dire con questo? Voglio dire che vent’anni fa il problema della comunicazione politica non si poneva come si pone oggi. Forse non si poneva perché, per esempio, a tutti interessava l’uscita dell’Italia dalla Nato e la gente era più informata? Non è così, la differenza è che vent’anni fa la nostra mobilitazione politica era organizzata dai partiti, era il partito che ci diceva che l’Italia doveva uscire dalla Nato e bene o male si dava una delega al partito. Non è che ognuno ragionasse su tutto; uno diceva “in fondo io sono di questo partito”.., ed era anche un atteggiamento giusto, era un modo di risparmiare tempo, mica tutti possono stare tutte le mattine sul giornale a studiare... Una volta non c’era il problema di avere un’opinione su tutto, perché in qualche modo si apparteneva a una formazione politica, a una corrente ideologica (quelle che i sociologi chiamano “sub-culture”), e tutto, nel bene e nel male, funzionava tranquillamente. Oggi i partiti non hanno più questa forza trainante, non ci sono più le ideologie, non c’è più il comunismo, il cattolicesimo si mantiene sempre di più nell’ambito religioso, per cui la gente non ha più una guida e cerca come può di capire i problemi, ma senza farsene una ragione di vita. E’ per questo che la comunicazione è diventata importante. Una volta non lo era, in fondo una volta ogni partito per vincere le elezioni diceva “gli altri sono cattivi, votate per me”. E diceva che gli altri erano cattivi non per evitare che i suoi votassero per gli altri, perché non lo facevano, ma per rafforzare l’identità, mentre oggi non basta rafforzare l’identità, bisogna convincere la gente. Secondo i nostri studi, nel ’92, ancora col vecchio sistema politico, ogni italiano era, in media, indeciso fra tre partiti, il che vuol dire che per uno orientato a votare per un solo partito ce n’era un altro che era indeciso tra quattro, cinque, sei partiti. Per questo oggi, col sistema politico nuovo, la maggior parte della gente, che non legge a fondo il giornale tutti i giorni, se viene intervistata sull’antitrust non sa rispondere: non sa cos’è, perché è una parola in inglese, e poi non ha avuto il tempo di seguire.
Il punto chiave è la comunicazione, questo Berlusconi l’ha capito molto bene e ha cercato di comunicare ...[continua]

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