Carlo Casini, esponente del Movimento per la Vita, è deputato al Parlamento europeo, dove si sta occupando dei temi della bioetica.

Quali problemi etici pone lo sviluppo della fecondazione artificiale e qual è la sua posizione in merito?
Mentre la procreazione artificiale in vivo, con introduzione diretta nell’utero femminile dello sperma maschile, era conosciuta da tempo e praticata anche sull’uomo, non solo sugli animali, lo sviluppo recente di quella in vitro, con prelievo, cioè, dell’uovo femminile e sua fecondazione con seme maschile in ambiente esterno al corpo della donna, creando una quantità enorme di possibilità, tante delle quali ancora da sondare, ha posto tutta una serie di problemi estremamente inquietanti. Io ho fatto il paragone con la scoperta dell’intimità della materia inanimata: la bomba atomica nasce come sviluppo negativo di una conoscenza, in sé positiva, dell’intimità della materia inanimata. Qui si tratta della conoscenza dei meccanismi della materia animata e i rischi potrebbero essere anche più gravi di quelli della bomba atomica, perché l’uomo potrebbe, al limite, attraverso la manipolazione del genoma, diventare proprietà totale di un altro uomo e quindi perdere il suo carattere di soggettività: la stessa dignità umana verrebbe distrutta.
Il fatto che ci sia un embrione umano in un laboratorio di biologia ci pone delle domande. Di chi è? Chi può decidere per lui? E’ proprietà del medico o di chi ha dato il seme o di chi l’ha commissionato? Cosa si può fare su questo embrione? Si può fare l’analisi del genoma? Si possono buttar via gli embrioni che non sembrano tanto adatti? E, vista la velocità con cui procede la ricerca, sono tutti problemi oltre che inquietanti anche estremamente urgenti da affrontare. Problemi che, secondo me, riguardano due questioni fondamentali.
La prima grande questione concerne il significato stesso del vivere umano. Questi embrioni costruiti in provetta che, in attesa di essere impiantati nell’utero della donna che desidera una gravidanza, vengono conservati a decine di migliaia nei laboratori di biologia sotto azoto liquido, cosa sono? Sono pezzetti di carne senza significato? Sono masserelle genetiche? Sono individualità umane?
E questa domanda rinvia a un’altra, ancora più grave e profonda: in fondo cosa rende umano l’umano? Il volto, il nome, l’intelligenza, la salute, il colore della pelle, l’autoconsapevolezza? Oppure il dato biologico, l’appartenenza biologica alla specie umana in forma individuale, è già sufficiente a indicare il mistero e tutta la ricchezza dell’uomo? Sono grandi domande che vengono poste in modo ultimo su questa frontiera dell’inizio della vita umana e che la procreazione artificiale ripropone in termini ancora più drammatici che nella materia, così controversa, dell’aborto.
Recentemente a Bologna, durante un congresso di ginecologia presso l’Istituto S. Orsola della Facoltà di Medicina, è stata fatta una relazione nel corso della quale è stata documentata con filmati, attraverso meccanismi ecografici, la cosiddetta riduzione fetale in 36 casi. Di che si tratta? Si trattava di casi di concepimenti avvenuti mediante procreazione artificiale, con prelevamento di uova femminili, loro fecondazione con sperma maschile e impiantazione degli embrioni nell’utero femminile, che avevano dato luogo a gravidanze plurigemellari.
Sono casi relativamente frequenti perché, siccome la possibilità di impianto dell’embrione nell’utero è più difficile che non nella fecondazione naturale e siccome tale impianto dipende anche dai richiami che l’embrione manda, si immettono tre, quattro embrioni in modo che più forte sia il richiamo e maggiore l’adattamento della mucosa uterina. Il rischio qual è? Che gli embrioni si impiantino tutti. Allora che si fa quando l’ordinativo è di un bambino e invece ci sono più bambini? Riduzione fetale. E’ stato documentato che all’ottava settimana di gravidanza si fa un’iniezione nel cuore di alcuni di questi gemelli in modo da poterli sopprimere, perché ne restino uno, due, quelli che interessano ai genitori o al medico. Sono fatti avvenuti a Bologna, non in Canada o chissà dove. Ora, questa come la chiamiamo? Decimazione? Selezione?
Io sono antiabortista per principio, ma posso rendermi conto delle difficoltà, delle angosce, dei timori e delle solitudini che possono portare una donna a dire: “beh, io questa gravidanza proprio non la voglio, abortisco”, ma non riesco neanche a immaginare un ...[continua]

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