Fabio Levi insegna all’Università di Torino. Il libro cui si fa riferimento nell’intervista è Disegnare con le mani, Manuale di disegno in rilievo, di Fabio Levi e Franco Rolli, Silvio Zamorani Editore.

Ci puoi spiegare in cosa consiste il disegno in rilievo e quali possibilità offre ai ciechi?
Fino a poco tempo fa, magari senza che nessuno lo dicesse esplicitamente, si pensava che i ciechi non potessero percepire alcun tipo di immagine. Si trattava, e si tratta tuttora, di un pregiudizio molto radicato e destinato a produrre gravi conseguenze nell’educazione e nella vita di chi non vede: infatti a partire da quell’idea sbagliata è stata sinora negata ai ciechi una fonte essenziale di conoscenza. Viceversa si è dimostrato chiaramente che attraverso il tatto è possibile percepire e ricostruire nella mente strutture dotate di una specifica dimensione spaziale, assimilabili alle immagini di cui dispongono i vedenti. Va subito chiarito che simili strutture, rispetto a quelle di cui dispone chi vede, sono senza dubbio molto più povere, perché il tatto ha una capacità di discriminazione assai inferiore a quella della vista. Ciò non esclude, però, che ci si possa valere proprio del tatto e della sua capacità di cogliere e interpretare le immagini per cercare di compensare l’enorme carenza di informazioni di cui soffre necessariamente chi non dispone della vista. Basta pensare a tutto ciò di cui il cieco non può cogliere direttamente la forma: per esempio un grattacielo, un campanile, un lampione, un leone, una farfalla, una nuvola, tutte le cose insomma che sono o troppo piccole o troppo grandi o troppo delicate o troppo pericolose per poter essere analizzate direttamente con le mani.
L’importanza del disegno in rilievo sta proprio nel rendere accessibili le forme degli oggetti attraverso rappresentazioni appositamente concepite per poter essere facilmente percepite e interpretate attraverso il tocco delle dita: ad esempio la facciata di una chiesa, la topografia di un sito urbano, la forma di un animale, di una cellula, la struttura di uno schema, la pianta di un edificio e così via. In generale si può dire che il disegno in rilievo, per le straordinarie possibilità che offre ai ciechi di conoscere la realtà, rappresenta un vero e proprio salto di qualità, paragonabile soltanto a quello costituito dalla diffusione, nel secolo scorso, del Braille, che consentì ciò che era stato da sempre impossibile: leggere e scrivere senza l’aiuto della vista.
Solo il disegno in rilievo offre ai ciechi rappresentazioni degli oggetti utili a sviluppare le loro conoscenze?
No, non solo. Al di là dell’esperienza diretta, ma, come si è visto, assai limitata della realtà circostante, per gli oggetti più grandi, o comunque inaccessibili a chi non vede, da molti anni vengono utilizzati modellini in scala. La loro disponibilità è però molto scarsa, tanto più nelle scuole normali -per lo più poco dotate di strumenti specifici per l’educazione dei disabili- dove i bambini e i ragazzi con gravi problemi visivi vengono quasi sempre inseriti: si tratta infatti di strumenti costosi e per nulla facili da realizzare. Ecco allora che da qualche anno si è cominciato a produrre -per la geografia, ma non solo- rappresentazioni in alto rilievo: si costruiscono cioè delle matrici, sulle quali vengono fatti aderire dei fogli di plastica deformabili al calore; in tal modo si riesce a realizzare immagini “schiacciate” di questo o quell’oggetto, ma dotate di un volume residuo, sufficiente a rendere percepibili le forme essenziali di ciò cui esse si riferiscono. Si tratta anche in questo caso di una tecnica efficace, ma con alcuni limiti evidenti: essa non consente, fra l’altro, di realizzare con tempestività sufficiente e a basso costo rappresentazioni destinate ad uno solo o a pochi individui e capaci di illustrare volta per volta questo o quell’aspetto della realtà circostante, questo o quel passaggio dei vari programmi scolastici.
Il disegno in rilievo ha incontrato un favore immediato fra i diretti interessati?
Non sempre. Anche se una tale forma di rappresentazione della realtà sembra essere uno strumento naturale, direi quasi ovvio nel rapporto con chi non vede, essa invece costituisce una novità importante, un salto non da poco rispetto al modo in cui tradizionalmente si è comunicato con i ciechi. D’altra parte lo stesso alfabeto Braille, prima di essere unanimamente accettato, dovette vincere fortissime resistenze. L’opposizio ...[continua]

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