Peppino Ortoleva insegna Comunicazioni di massa all’Università di Torino.

Qual è la situazione attuale della televisione italiana?
Un verso di Nebraska di Bruce Springsteen dice: “99 canali e niente da vedere”. Questa è oggi la sensazione di moltissimi utenti italiani: si accende la tv e la quantità di offerta è inversamente proporzionale alla qualità. Questa caduta di qualità, avvenuta negli ultimi 5-6 anni, si manifesta sia nei singoli programmi e generi che in una maggior sciatteria delle riprese. Per i programmi, a un’inflazione di talk-show, corrisponde l’estinzione del documentario, genere nato con il cinema e che in tv, soprattutto negli anni ’50 e ’60, aveva conosciuto un’ampia crescita. E col documentario scompare la capacità propriamente audiovisiva di riflettere sul mondo. Il talk-show non è necessariamente superficiale o sbagliato, a seconda delle persone presenti e del livello della conversazione si possono sentire le cose più assurde o più sublimi ma il documentario è un’altra cosa, ha alle spalle il tempo per un’elaborazione. Perché dunque questa caduta di qualità? Innanzitutto per un motivo economico: l’economia della tv, sia di Stato che commerciale, è in crisi profonda in tutto il mondo a causa di un calo graduale, ma ormai consistente, di interesse delle aziende e dei pubblicitari per il mezzo tv, al quale sempre più vengono preferiti mezzi più mirati.
Un secondo aspetto è quello messo in evidenza, già all’inizio degli anni ’80, da alcuni studiosi come Eco o Casetti, con il concetto di “neotelevisione”. Finita l’epoca della tv classica, fatta con programmi di genere cinematografico per appuntamenti settimanali, cominciava un’epoca nuova in cui la tv diventava una presenza quotidiana in tutte le ore della giornata: una tv onnipresente, conversativa, più flusso che testo. Era un fenomeno nuovo per l’Europa, non per gli Usa dove la day-time tv era una miniera d’oro fin dagli anni ’60. Questo cambiamento deriva dal fatto che nessun mezzo di comunicazione vive da solo, ma vive insieme con altri in un ambiente comunicativo dal quale ricava parte del suo significato. Dal 1955 al 1975, mentre hanno continuato a crescere tv e fonografia, cioè giradischi e mangiacassette, e mentre ha tenuto fortemente le sue posizioni la stampa quotidiana e periodica, la tv ha continuato a sottrarre ascoltatori alla radio e spettatori al cinematografo. Una volta affermatasi la tv, è stata la radio che per prima si è dovuta infilare in una sua nicchia, privilegiando flusso e conversazione, sopprimendo progressivamente gli aspetti più narrativi e testuali. La soap opera e il romanzo a puntate sono diventati nel frattempo generi televisivi. Ora, di nuovo, il passaggio alla neotelevisione come flusso continuo avviene perché, a sua volta, la tv viene insidiata dal videoregistratore e dalle tv via cavo o da decodificare. Se io guardo la tv per vedere i film o per vedere lo sport, non è più necessario che guardi la solita tv via etere, perché posso guardare film videoregistrati o seguire canali specializzati.
A questo punto si rischia che la tv diventi flusso conversativo sempre meno specializzato, sempre più tappezzeria, innestando un circolo vizioso: la funzione della televisione si riduce perché ci sono altri mezzi. E nel momento in cui il pubblico televisivo diminuisce o diventa più distratto, il pubblicitario finanzia di meno e così si fanno programmi che costano di meno, i talk-show appunto, in cui basta prendere quattro pirla, metterli intorno al divano e farli chiacchierare. Questo però porta anche ad un appiattimento sul flusso...
C’è poi un terzo punto del decadimento televisivo: la fretta. Intendiamoci, la tv è sempre stata fatta in fretta. Anzi, la tv delle origini era quella fatta più in fretta perché, fino all’arrivo della videoregistrazione professionale nel ’56, tutta la tv era in diretta. Era una fretta, però, che sollecitava il mestiere, una fretta teatrale, da messa in scena in diretta. La fretta attuale è diversa: la diretta non è molta perché la videoregistrazione si è banalizzata e c’è la necessità di fare, con pochi soldi e in tempi brevissimi, moltissima programmazione il cui contenuto scade molto rapidamente. E’ una tv fatta in fretta che ha fretta di imporsi all’attenzione dello spettatore.
E’ la questione del telecomando?
E’ scomparsa l’abitudine di guardare la tv avendo prima selezionato il programma; la selezione ormai avviene sul programma stesso. Questo, poi, è uno de ...[continua]

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