Jovan Diviak è un generale dell’Armja, l’esercito bosniaco. Come grado è secondo solo al Comandante in capo.

Probabilmente lei conosce i comandanti che circondano e bombardano questa città.
E’ un fatto molto triste, che si aggiunge agli altri dolori: ma fra quelli che dalle colline tentano di distruggere questa città e i suoi abitanti ci sono tanti giovani ufficiali che sono stati miei allievi all’accademia militare. A quei tempi non si parlava mai di serbi e di croati, di bosniaci e di mussulmani, ma solo di esseri umani, di popolo, di come essere un esercito popolare a difesa di tutta la nostra gente. Così è una sorpresa trovarli oggi dalla parte degli aggressori serbo-montenegrini, dalla parte dei fascisti. Purtroppo sono numerosi quelli che scelgono di seguire Karadzic, Mladic e gli altri paranoici. La maggioranza proviene da località rurali, dove non s’è mai sviluppata interamente un’idea di umanesimo, di atteggiamento cosmopolita, di apertura culturale. Per cui in fondo non è nemmeno sorprendente trovarli dalla parte di un modo di ragionare e di vivere la religione così unilaterale, così incapace di immaginare un popolo come l’insieme di diversità. Due terzi degli ufficiali dell’esercito aggressore provengono da paesini e luoghi sperduti della Serbia, del Montenegro e della Bosnia Erzegovina. Lo stesso Mladic, comandante in capo, è nato in un piccolo villaggio dell’Erzegovina ed è entrato nelle scuole militari a 14 anni ed evidentemente non ha potuto comprendere cos’è l’umanesimo, cos’è l’europeismo, cos’è la tolleranza. E’ questa mancanza di cultura, questa visione del mondo così paranoica che consente a lui e agli altri leader dei serbi di Bosnia e di Serbia di dire che è giunto il momento di riscattare la sconfitta del Kossovo, quando i turchi sconfissero i Serbi e occuparono per 500 anni la Bosnia! Quando Milosevic e Karadzic pretendono di essere i difensori dei serbi, quando dicono che "dovunque vive un serbo quella è Serbia", contemporaneamente pensano che per gli altri popoli non c’è spazio per i diritti umani, per la libertà di pensare, parlare, credere in un’altra religione. Per gli altri popoli, nella loro testa, c’è solo un grande buio. Per questo non riescono ad accettare che la Bosnia Erzegovina sia un’area con tante diversità e si comportano in un modo che posso definire solo fascista.
Anche lei vede questa guerra come lo scontro fra la democrazia e il fascismo. Cosa pensa del comportamento dell’Europa?
Il comportamento dell’Europa è coerente con la situazione europea. L’Europa ha i suoi problemi economici e di leadership; in Russia c’è una gravissima situazione di spaccatura e questo influenza i comportamenti europei; in tanti paesi c’è una ripresa del neofascismo, come in Italia; il Vaticano ha forse visto un vantaggio per i cattolici a lasciar passare l’idea che si tratta dello scontro fra Islam e ortodossi. Tutto questo ci fa capire che la situazione è confusa. I governi francese, inglese e spagnolo non si convincono che è un’aggressione contro la Bosnia, preferiscono credere che si tratti di una guerra civile, addirittura di una guerra religiosa e il loro aiuto non è per bloccare l’aggressione, ristabilire il diritto internazionale e i diritti umani, ma è solo un aiuto "umanitario" per tutte le vittime della guerra. E così la guerra continua e continueranno ad esserci vittime. Anche i popoli dell’Europa non capiscono cosa succede, cioè che qui sta nascendo un nuovo fascismo che sarà una minaccia anche per l’Europa. Per questo non c’è impegno politico, e quindi nemmeno militare, per risolvere la situazione. E’ evidente che ci sono grandi disegni sulla ex Jugoslavia, per cui Germania e Usa da una parte e Francia, Inghilterra e Russia dall’altra cercano di conquistare sfere di influenza più grandi. Quando Bush è andato a Mosca prima dell’inizio della guerra so che hanno parlato delle sfere d’influenza in Jugoslavia e la Russia aveva ottenuto fino al fiume Drina, cioè la Serbia e il Montenegro, mentre l’Occidente aveva la Croazia, la Slovenia e la Bosnia. Questa guerra è il tentativo di cambiare sul campo quelle sfere d’influenza. Ed è una guerra fra la democrazia e il fascismo.
Al tempo della guerra di Spagna gli schieramenti erano forse più chiari perché le dittature fasciste appoggiarono apertamente la rivolta franchista, e dall’altra parte ci furono le brigate internazionali. Fu anche quella una lotta fra fascismo e democrazia e la vittoria dei fascisti non portò nu ...[continua]

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