Maurizio Antonioli insegna storia contemporanea alla Facoltà di Scienze Politiche della Statale. E’ autore di vari saggi sulla storia e sui leaders del sindacalismo rivoluzionario italiano.

Cos’è stato storicamente il sindacalismo rivoluzionario?
Il punto centrale è che non c’è stato un solo sindacalismo rivoluzionario, ma diverse forme di sindacalismo rivoluzionario che, pur facendo riferimento ad alcune idee forti comuni -sostanzialmente la pratica dell’azione diretta e lo sciopero generale-, si sono differenziate a seconda delle componenti sociali, culturali, ideologiche e politiche nazionali. Certo è esistito il modello tradizionale francese, definito l’archetipo del sindacalismo rivoluzionario, ma gli altri sindacalismi rivoluzionari hanno avuto dei percorsi, non sempre lineari, diversi da esso. Forse il sindacalismo rivoluzionario italiano è stato quello che, in una certa fase, ha maggiormente tentato di adeguarsi al modello francese, ma non è stato così, ad esempio, per le esperienze americane, per quella inglese, svedese, norvegese, o per quella spagnola, più specificamente anarco-sindacalista. All’origine del sindacalismo rivoluzionario francese, che nasce come tentativo di superare il modo di fare politica dei partiti socialisti nati dopo la Prima Internazionale, c’è certo una componente anarchica molto forte -Fernand Pelloutier ed Emile Pouget, due fra i fondatori del sindacalismo rivoluzionario, erano dichiaratamente anarchici-, ma ci sono anche altri settori del socialismo, gli allemanisti per esempio, che, pur apprezzando la forma partito, la ritenevano subordinata al sindacato. In Francia, quindi, ci fu la convergenza di diversi filoni dell’area socialista al di fuori del Partito Socialista, cosa che, invece, non accade in Italia, dove il sindacalismo rivoluzionario nasce come corrente della sinistra socialista, quindi non in rottura col Partito Socialista. Il sindacalismo rivoluzionario italiano è un’esperienza che si precisa piano piano, che cerca la sua identità partendo da un iniziale antiriformismo, da un rivoluzionarismo che non ha caratteristiche ben precise, e che solo gradualmente -attraverso la riflessione di alcuni personaggi come Arturo Labriola o Enrico Leone e esperienze come lo sciopero generale del 1904- precisa poi la sua identità in senso sindacalista. Al fondo delle primissime esperienze del sindacalismo rivoluzionario italiano rimase però una sorta di nostalgia per il partito e non a caso molti fra i primi sindacalisti ritornarono al partito, mentre altri tentarono la costruzione di esperienze politiche alternative. Fu solo attorno al 1909-10, dopo lo sciopero generale di Parma del 1908 e la ricostruzione della Camera del Lavoro parmense che, acquistando un certo peso la corrente che faceva capo a quella realtà e ad Alceste De Ambris, si precisò anche una identità politica più precisa e si concretizzò una corrente sindacalista rivoluzionaria vicina all’esperienza francese, al di fuori della Confederazione Generale del Lavoro, senza particolari nostalgie nei confronti del partito. E’ questa corrente che si incontra con una parte degli anarchici che, dopo essere passati attraverso l’esperienza dell’insurrezionalismo, avevano optato per una soluzione di tipo sindacale. Dalla confluenza di queste correnti nacque l’Usi (Unione Sindacale Italiana), che in fondo contraddiceva il modello unitario francese. Mentre i sindacalisti rivoluzionari francesi della Cgt (Confédération Générale du Travail) avevano sempre puntato sull’unità sindacale, vista più che altro come simbolo dell’unità di classe, come trasferimento nella realtà del mito dell’unità della classe operaia, l’Usi nacque dalla confluenza di correnti che avevano nella pratica una identità di vedute, ma che continuavano a mantenere la loro specificità in quanto alla definizione ideologica, perché i sindacalisti rivoluzionari non si definirono mai anarchici e gli anarchici non si definirono mai sindacalisti rivoluzionari.
Anche se, come dicevo, fra i fondatori del sindacalismo rivoluzionario francese molti erano anarchici, in Francia l’espressione “sindacalismo rivoluzionario” nacque per unificare quello che la politica divideva ed il sindacalismo era concepito come un superamento delle divisioni ideologiche, ritenute dannose e superate. Per i sindacalisti italiani non fu così, non ci fu mai questo tipo di affermazione né da parte dei sindacalisti, né da parte degli anarchici, i quali, fra l’altro, erano prof ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!