Paolo Vegetti è membro di Libera Uscita (www.liberauscita.it), un’associazione laica che si propone di promuovere il dibattito sulla dignità della vita e della morte e sulla possibilità dell’individuo di scegliere in piena responsabilità, in presenza di certe condizioni -come ad esempio una malattia insostenibile- se intende o no continuare a vivere. L’obiettivo è poter arrivare anche in Italia, come già accaduto in altri paesi europei ed extraeuropei, all’approvazione di una legge che depenalizzi il ricorso all’eutanasia. A questi fini è stata promossa la presentazione, da parte di parlamentari sensibili a questi temi, di due proposte di legge, una riguardante appunto la depenalizzazione dell’eutanasia, l’altra la legalizzazione del testamento biologico.

Il tema dell’eutanasia, anche alla luce degli ultimi casi di cronaca, è tornato di grande attualità. Potrebbe darci un quadro generale della situazione?
In effetti in questi ultimi tempi il dibattito sull’eutanasia è divenuto di grande attualità in tutto il mondo occidentale ed anche in Italia. Il dramma di Piergiorgio Welby ha dimostrato a tutti, penso proprio al di là delle proprie idee, che nel nostro sistema c’ è qualcosa che non funziona. Posso testimoniare di persona che questo tema, fino a 10-15 anni fa relegato a discussioni tra piccole minoranze, ora è un argomento di ampio dibattito. Basti pensare che un notissimo giornalista, Corrado Augias, socio onorario dell’associazione Libera Uscita, tiene quasi una rubrica sull’argomento su uno dei più diffusi quotidiani italiani. I sondaggi rivelano che la maggioranza degli italiani è sostanzialmente favorevole: non ultima un’indagine Eurisko, commissionata dalla Chiesa Valdese, la più aperta a queste problematiche, che dà una percentuale del 67% degli intervistati favorevole a qualche forma di eutanasia.
Perché questo? Per due motivi. Il primo sta nella consapevolezza che la fine della vita può diventare -con molte più probabilità rispetto ai tempi passati- un lungo, doloroso e tragico percorso verso la morte. Quella che la Chiesa si ostina a chiamare “fine naturale” sta diventando, anche proprio per effetto di alcuni aspetti collaterali dei continui progressi della medicina, sempre meno naturale, compromettendo in modo decisivo la qualità della vita stessa.
Il secondo motivo è da ricercarsi in una convinzione che va sempre più radicandosi nella cultura del nostro tempo: quella del valore della qualità della vita e non della vita in sé; chi è convinto di questo dà più valore alla cosiddetta vita “biografica” più che a quella biologica, fino a riconoscere che oltre un certo grado di dolore, di mancanza di prospettive future, di impossibilità ad adempiere alle attività e funzioni minime o anche di perdita delle facoltà mentali (si pensi all’Alzheimer o alla demenza senile), la vita non vale più la pena di essere vissuta. Il tutto in un quadro di principi che vede nell’individuo il soggetto unico dei diritti sulla propria vita. Questa è, molto in sintesi, l’eutanasia così come oggi la vedono coloro che la sostengono, il frutto, quindi, di una cultura e di una situazione storica.
Questo il quadro sociale e culturale. Volendo affrontare anche il quadro politico, devo dire che non è molto incoraggiante, purtroppo. Le posizioni irrigidite su principi astratti della Chiesa rendono i progressi molto problematici, soprattutto in un paese come l’Italia.
E’ inoltre mia impressione che, sui temi dell’eutanasia, del suicidio assistito, del testamento biologico, ed anche dell’accanimento terapeutico, si parli molto spesso in modo improprio, anche da parte di coloro che sono deputati a emanare leggi in materia. Oggi si parla molto di testamento biologico e se ne parla sempre mettendolo in contrapposizione con l’eutanasia. In più occasioni il nostro Ministro della Salute ha fatto dichiarazioni di questo tipo: “Sono contraria all’eutanasia ma favorevole al testamento biologico”.
Spiegherò più oltre come questa affermazione sia indice di poca chiarezza di idee. Altro esempio: pochi giorni fa il Prof. Marino, presidente della Commissione Sanità del Senato -che ha il compito di discutere le varie bozze di proposta di legge sul testamento biologico- partecipando ad una nota trasmissione televisiva di medicina (Elisir dello scorso 7 gennaio), ha affermato che un esempio di eutanasia è l’iniezione fatta ai condannati a morte, poi, di fronte ad un’ obiezione del conduttore, si è parzialmente corretto. Se que ...[continua]

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