Joan Tronto, esperta in studi di genere e femminismo, insegna Political Science e Women’s Studies all’Hunter College della City University di New York. Recentemente è stato tradotto e pubblicato il suo Confini morali. Un argomento politico per l’etica della cura, (a cura di A. Facchi), Diabasis, 2006.

Di solito, quando si parla di cura si pensa alle donne. Nel tuo lavoro tu non solo metti in discussione l’idea di una “superiorità morale femminile”, ma aggiungi che questa è un’idea pericolosa, in quanto in qualche modo può arrivare a legittimare l’esclusione femminile dalla sfera pubblica. Puoi spiegare?
Sostenere che le donne abbiano un senso morale particolare, e un posto morale speciale, quello della cura, può essere un argomento politico molto pericoloso. Innanzitutto perché “essenzializza”, per così dire, uomini e donne, per cui tutte le donne sarebbero fatte in un modo e tutti gli uomini in un altro. Questo argomento della natura essenziale di uomini e donne è profondamente radicato nella nostra cultura. In realtà sono categorie “storiche”, che nelle varie epoche cambiano, anche in base alle convenienze politiche.
Facciamo un esempio. A metà del XVIII secolo gli autori inglesi si riferivano agli uomini più interessati al raggiungimento della ricchezza piuttosto che delle virtù civili, definendoli “effeminati”.
Pensa solo se oggi qualcuno si rivolgesse a Donald Trump, dicendogli: “Il tuo interesse per il denaro ti rende effeminato” sembrerebbe un pazzo, perché quello non è più considerato un atteggiamento femminile, bensì da “macho”.
Pertanto, l’idea che le differenze di genere siano in qualche modo “fisse”, statiche nel tempo è storicamente scorretta. Non solo, naturalizzare i generi può legittimare -fornendo in qualche modo degli argomenti- quella struttura di potere che tiene in vita queste nozioni.
Infatti, la moralità femminile è sempre stata legata a uno spazio ridotto, a una sfera limitata. La casa, o magari una cornice un po’ più allargata, ma solo a certe condizioni.
Non a caso, fino a che le donne di Plaza de Majo chiedevano dove fossero i loro figli sono state ascoltate. Ma quando è venuto il momento di creare un nuovo governo, le madri sono state relegate a quella piazza, non sono diventate leader nel nuovo governo argentino. Come dire: è bene che ci siano queste donne a ricordarci quella tragedia, ma non diamogli troppo potere…
Jane Adams fintanto che ha parlato del miglioramento delle condizioni dei più poveri, negli Stati Uniti era uno dei personaggi più popolari, ma quando ha cominciato a discutere di politica, rimanendo tenacemente pacifista, non solo ha smesso di essere popolare, ma è stata etichettata come “stupida”, accusata di essere comunista, nel periodo della “paura rossa” (red scare) in America, e quindi emarginata. Era sempre la stessa donna, aveva la stessa visione morale, ma tutt’a un tratto la “moralità femminile” era diventata negativa, cattiva perché dava voce a un movimento allora impopolare.
Per questo dico che la “moralità femminile” è una specie di trappola per le donne. Le donne sono sempre state concepite come legate al corpo, alla natura, alla cura della prole, alla sessualità; escluse dalla politica e dalle decisioni in quanto troppo pure, delle madonne, per cui la madre è sempre perfetta. Ma la politica è un luogo di conflitti e se le donne sono solo madonne o madri non hanno un posto in quest’ambito.
Per questo io propongo, in primo luogo, di parlare di “cura” senza ricollegare il tema istantaneamente ad un genere. O magari riconoscendo che fino a oggi è stato legato a un genere, ma capendo che dobbiamo concepire la cura in modo diverso. Tutti noi nella vita ci prendiamo cura di qualcuno, o qualcosa. Tutti inoltre siamo stati bambini, quindi vulnerabili, ed abbiamo avuto bisogno di cure, e tutti noi, molto verosimilmente, sul finire della vita, saremo ancora più vulnerabili e bisognosi di cure.
Insomma, la cura è una dimensione sempre più centrale della nostra vita.
La “femminilizzazione” della cura è andata di pari passo con la sua svalutazione. Eppure la cura è anche potere…
La svalutazione delle mansioni di cura non riguarda solo le donne, ma anche -a seconda delle società- le persone di razza, classe, lingua o religione diversi… Nelle nostre società sono infatti gli immigrati i nuovi “addetti alla cura” perché non è un lavoro ambìto; così accade per le caste inferiori in India, a cui sono delegati i lavori di pulizi ...[continua]

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