Luca Mortara è socio fondatore di Innosense Partnership, agenzia italiana per l’innovazione sociale, specializzata nello sviluppo e nell’implementazione sperimentale di modelli avanzati di welfare attivo nei settori della salute, della casa, dello sviluppo delle città e dei servizi alla persona. E’ fondatore e uno dei principali animatori di Cohousing.it.

Cos’è il “cohousing”?
Il cohousing è un modo di abitare che è anche un modo di vivere. Nasce in Danimarca negli anni Sessanta, sulla scia di un periodo di grande fermento e innovazione che, dal design all’urbanistica, porta a una reinvenzione della casa e della città, e così alla nascita, tra le varie utopie, del cohousing. Il primo villaggio viene inaugurato in Danimarca nel ’63.
Il villaggio di cohousing coniuga una dimensione abitativa privata con un’organizzazione a villaggio delle case e con spazi condivisi, facilmente raggiungibili da ognuna delle abitazioni, che costituiscono un po’ il cuore delle relazioni sociali del villaggio.
La ricostruzione della cultura e dell’economia del villaggio resta un’utopia sociale danese fino agli anni Ottanta, dopodiché comincia a diffondersi, un po’ per caso, negli Stati Uniti, in particolare in California, e nel resto del Nord Europa. Oggi in California sono più di 100 villaggi in cohousing realizzati. Non ci sono tipologie, diciamo, canoniche: il cohousing può nascere dentro la fabbrica ristrutturata, in una vecchia cascina a corte, in un borgo medioevale abbandonato, può essere costruito ex-novo in un prato di periferia, non c’è una “gabbia”, un layout architettonico particolare perché la vera peculiarità è il design dei servizi che in questo caso è anche il design delle forme di vita.
Quali sono le motivazioni che spingono le persone a scegliere il cohousing?
Vivere in cohousing è il desiderio di moltissime persone. Nell’agosto-settembre del 2005 abbiamo lanciato una ricerca a Milano e siamo stati sepolti vivi da quasi 4000 interviste completate su internet in dieci giorni e 2800 manifestazioni di interesse; proiettati su base nazionale, questi dati significano che in Italia ci sono 250-300.000 famiglie che desiderano vivere in cohousing.
Perché? Direi che si possono individuare due ordini di ragioni che attengono a gruppi diversi. La maggior parte sono giovani coppie con due redditi che hanno già scoperto quale sia la piacevole-diabolica complessità di una vita in città in cui alle quattro i bambini escono dall’asilo e vogliono andare a scuola di danza, e poi vogliono andare a trovare il loro amico e tu nel frattempo hai la riunione da finire, la presentazione a un cliente importante, tuo marito come al solito sta facendo le sue importantissime cose a cui non poteva rinunciare e i nonni non sono più quelli di una volta: hanno la loro vita, sono disponibili, ma fino a un certo punto e allora cominci con asili prolungati, ragazzine che vengono a prenderti i figli a scuola e poi però quel giorno sono ammalate… Insomma la vita urbana per le famiglie a doppio reddito è molto complicata, e anche molto costosa.
Ecco allora l’importanza di vivere in un posto dove posso lasciare il bambino alla vicina, dove arriva a casa da scuola e c’è una nurse, una madre di tutti, una zia Pina che lo accoglie, gli dà la merenda… Questo è il primo filone.
Il secondo filone -questa è una cosa che in verità abbiamo scoperto noi e di cui nessuno si sta accorgendo- è la “giovane terza età”. Oggi molti over 50 anni stanno in gran parte riprogettando la propria vita o desiderano farlo. Una volta che i figli sono grandi non è detto che uno abbia voglia di vivere dove ha sempre vissuto. Con l’avvicinarsi della pensione si può pensare di andare a vivere al mare, in campagna, a Londra, in Provenza, o semplicemente accorgersi che il proprio appartamento è diventato troppo grande, che il quartiere non è più quello di una volta. Quando l’età aumenta subentra anche il problema della solitudine: sono morti i tuoi amici, alla bocciofila non ci sei mai andato… con cosa riempi questa terza età?
Ecco, la dimensione del villaggio può essere un’aspirazione molto profonda per questa terza età dinamica, che teme l’isolamento, che sa che non sarà autosufficiente per sempre e che ha però un atteggiamento aperto agli altri, solidale, disponibile a dare e a ricevere... Queste sono le due dimensioni prevalenti.
Qual è il vostro ruolo?
La genesi di un progetto spontaneo di cohousing è estremamente complessa. Il 95% di progetti spon ...[continua]

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