Luisa Cattaneo, psicologa, psicoterapeuta, è socia della Cooperativa sociale multiculturale Crinali (www.crinali.org), con sede a Milano, che promuove la salute psicofisica e la qualità della vita delle donne, attraverso iniziative e servizi nei settori sanitario, psicologico, sociale ed educativo.

Com’è nata la Cooperativa Crinali?
Siamo partite come associazione: eravamo un gruppo di donne che orbitavano attorno all’associazione per una Libera Università delle Donne. Con l’arrivo in città di un primo flusso di donne straniere abbiamo iniziato a interrogarci su come si poteva fare per conoscere ed incontrare queste persone che vedevamo in giro per la strada, che incrociavamo sui mezzi pubblici, ma anche nell’ambito del nostro lavoro. Alcune di noi infatti lavoravano all’interno dei consultori famigliari o dei reparti di maternità di alcuni ospedali e vedevano presentarsi sempre di più straniere soprattutto in occasione della gravidanza. Molto spesso queste donne erano accompagnate da parenti, da mariti e le operatrici, le ginecologhe, le ostetriche avevano delle difficoltà rispetto a queste presenze che magari traducevano, ma che filtravano anche molto la comunicazione e non permettevano un rapporto diretto con le donne.
Di lì a poco abbiamo fatto un seminario su queste tematiche (eravamo nel ’95) e abbiamo deciso di realizzare un progetto di formazione per delle mediatrici linguistico-culturali che potessero essere inserite all’interno dei consultori famigliari e dei reparti di maternità proprio per rispondere a questo bisogno di stabilire una comunicazione che superasse la diversità linguistica e culturale che le operatrici percepivano in modo molto chiaro.
Il progetto sulle mediatrici linguistico-culturali, tra l’altro, prefigurando un futuro inserimento lavorativo, rendeva più facile il coinvolgimento delle potenziali candidate.
Così, grazie a un piccolo finanziamento, siamo partite con questo corso di una decina di mediatrici che venivano da diversi paesi -gli stessi da cui provenivano anche la maggioranza delle utenti dei consultori famigliari.
Successivamente siamo riuscite ad inserirci in un progetto transnazionale, con dei finanziamenti europei, che aveva come tema proprio la definizione del ruolo delle mediatrici linguistico-culturali. E’ stato un percorso importante perché ci ha permesso di confrontarci anche con quello che stava succedendo in altri paesi europei, in particolare con la Francia, con cui abbiamo continuato una collaborazione, ma anche con l’Olanda, il Belgio, la Germania.
L’associazione era stata costituita da un numero abbastanza ristretto di donne italiane; finito il corso di formazione, c’è stata l’esigenza di allargare la base sociale, di far entrare le mediatrici anche all’interno della gestione della struttura. Abbiamo così ritenuto più utile, anche rispetto alle prospettive lavorative, costituire una cooperativa. Questo è accaduto all’inizio del 2000. Inizialmente le donne straniere presenti erano perlopiù le mediatrici culturali, col tempo il gruppo si è allargato aprendosi a un numero crescente di donne provenienti dall’Egitto, dal Marocco, dall’Albania, dalla Romania, e anche dalle Filippine.
Puoi parlarci di questa figura della mediatrice, che tra l’altro è nata in quegli anni…
In effetti noi siamo state tra le prime, non certo le sole però. In quegli anni sono partite iniziative analoghe a Torino, e nella stessa Milano nella cooperativa sociale Kantara. La nostra specificità è stata fin dall’inizio quella dell’attenzione al genere. Essendo un’associazione femminile ci interessava soprattutto il tema delle donne migranti nel nostro paese. Ci è sembrato che, anche rispetto ai temi della maternità e della sessualità, fosse impensabile inserire in un consultorio famigliare o in un reparto maternità un mediatore maschio perché questo contrastava con l’impostazione di quasi tutte le culture da cui provenivano le donne straniere, in cui la maternità è un luogo fondamentalmente di donne. C’è stata una sorta di “métissage” tra la cultura tradizionale delle donne straniere, che dicevano che la maternità e la sessualità sono una questione femminile, e i discorsi degli anni del femminismo, sul fatto che le donne si dovevano riprendere il potere sul loro corpo, sulla maternità, sulle relazioni affettive.
Insomma questo incontro è stato particolarmente prezioso, perché si partiva da presupposti diversi, da storie diverse, dando a questo stesso luogo significa ...[continua]

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