Liviana Collodet vive a Codognè, in provincia di Treviso, con la figlia.

… Con la separazione avevo firmato che lasciavo tutto là, anche il corredo; me n’ero andata senza niente. Volevo che capisse che non lo facevo per interesse o perché non lo amavo più; volevo solo ritrovare la pace.
Nel giro di pochi mesi è tornato e ha messo in moto un altro corteggiamento, un altro fidanzamento, con gli inviti per il fine settimana e tutto il resto. E’ riuscito a trovare questa casetta, piccolina, ma ci siamo detti: per noi è sufficiente, tanto nostra figlia è grande, tra poco se ne andrà per conto suo. E ci sono venuta ad abitare prima io, per essere più tranquilla.
Dopo tre mesi che ero qui, ancora con la casa vuota, tutta da arredare - perché avevo perso tutto quello che avevamo di là…
Avevate lasciato tutto là?
Sì, nell’altra casa, la casa di suo padre, perché me n’ero andata dicendo: voglio ricominciare da zero.
Dopo tre mesi è venuto qui a dirmi di aver questo mal di denti, all’inizio sembrava che il dente toccasse, e questo e quello… poi sembrava un ascesso, e ha fatto gli antibiotici per un mese e mezzo, però il dolore non passava. Un giorno mi è arrivato un messaggio: stasera passo di là che ti devo parlare, e mi ha detto che gli era stato diagnosticato il tumore. Allora gli ho detto: "Vieni qua subito… arrederemo un po’ alla volta…”. E anche se era ammalato, posso dire che sono stati tre anni molto belli; lui aveva veramente capito quanto bene si stava noi due da soli. Infatti mi diceva tante volte: "Quanto ho sbagliato, quanto avrei voluto… Averlo capito prima…!”.
Come vi eravate conosciuti?
Andando a ballare la domenica pomeriggio. Lui aveva ventidue anni e io quasi diciotto, e potevo uscire solo dalle tre alle sette. Avevo solo quelle tre orette poi dovevo essere a casa. Lui invece il pomeriggio giocava a calcio perciò faceva la scappatina finita la partita. Quel giorno è entrato e mi ha salutato, non mi ha invitato a ballare perché allora si ballava lo shake, dopo mi ha raccontato che era rimasto colpito. E la domenica dopo è venuto proprio per cercarmi e da lì è partito tutto. Che io poi, non sapendo che la domenica giocava a calcio non capivo perché arrivasse così tardi e mi chiedevo: "Se ci tiene tanto a me perché arriva alle cinque e mezza quando io alle sei e qualcosa devo tornare a casa?”.
Dopo tre anni e mezzo ci siamo sposati, io avevo ventun’anni lui venticinque. Poi abbiamo aspettato altri quattro anni prima di avere la bambina. Comunque lo rifarei…
Com’è stato il decorso della malattia?
Oh, quando me l’ha detto ho pianto tre giorni di seguito. Però gli ho detto: "Vieni qui, l’impossibile non lo posso fare ma il possibile sì, ti do un aiuto, tu pensa solo a guarire”. Infatti è venuto ad abitare qui, e ci è venuta la forza di farcela, abbiamo combattuto insieme, lui lottava per la sua malattia e io lo aiutavo. Aveva cominciato la chemio e la radioterapia in modo molto positivo e io gli stavo vicina, gli preparavo i cibi, gli facevo tanta minestra, passati e frullati, di tutte le vitamine possibili, un po’ perché aveva difficoltà a deglutire -il tumore aveva colpito la bocca- e un po’ perché non gli si abbassassero i valori così da poter proseguire con le cure e non perdere tempo prezioso. La chemio infatti abbassa i valori dell’emoglobina e di tanti altri parametri, e finché non tornano nella norma non si può proseguire. Loris invece è riuscito sempre a fare tutto come era stato stabilito e si è sempre sforzato di mangiare tantissimo nonostante avesse la bocca bruciata -faceva la radio e la chemio in contemporanea- per cui mangiare era doloroso, ma lui si sforzava, gli ci voleva tanto tempo. Ha sempre cercato di vivere, non è più vivere come prima sai, perché vivi con la paura, senza più fare programmi, però abbiamo fatto le nostre serate…
Mi ricordo il giorno che ha cominciato a perdere i capelli; lui ci ha sempre tenuto al suo fisico, all’estetica, ai suoi capelli, così ha cominciato a mettere un cappellino, anche se era luglio e faceva caldo.
Io gli ho detto: "Ma ce ne sono tanti senza capelli…”. Così l’ha tolto e siccome la testa era bianca e non era tanto bella si dava l’autoabbronzante, olio e autoabbronzante, in modo da renderla lucida. Alla fine si era abituato, aveva superato anche quell’impatto.
Un’altra cosa che l’ha aiutato è stato il fatto che qui eravamo appena arrivati e non lo conosceva nessuno, si sentiva libero. Vicino c’è un bel ...[continua]

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