Luigi Pinto, 32 anni, laureato in sociologia, vive a Roma.

La prima vera esperienza lavorativa l’ho fatta con mio padre. I miei sono separati e lui si era reinventato un lavoro all’età di 50 anni: visto che la sua vecchia passione era la cucina, decise di aprire a casa sua una specie di ristorante per amici che funzionava solo su prenotazione alcuni giorni della settimana. Io mi guadagnavo così la mia paghetta perché questo era il suo modo di contribuire al mio mantenimento: così ho iniziato, a partire dai sedici anni, a trascorrere i miei fine settimana da mio padre dandogli una mano. Devo dire che questa esperienza di lavoro in cucina mi è poi molto servita nella vita.
Finito il liceo, durante il primo anno di università ho fatto diversi lavoretti, tra cui uno dei mestieri più belli che mi sia capitato: un amico mi ha proposto di collaborare con lui presso un falegname che stava ristrutturando una biblioteca antica. Ero bravo soprattutto nel rimontaggio: salivo sulle impalcature e con un trapano avvitatore fissavo al muro questa biblioteca.
Ho scoperto di avere una buona manualità e il titolare mi ha offerto di prendermi in bottega part-time mentre studiavo.
È bello, anche gratificante, scoprire di poter imparare a fare cose diverse. In fondo non sono mai stato "licenziato” perché non ero in grado di svolgere un’attività.

A un certo punto mi è capitata una nuova opportunità: nell’ambito del servizio civile sono stato selezionato dal Consorzio di cooperazione sociale Gino Mattarelli, che cercava giovani da inserire nella propria struttura con una specie di contratto di formazione che prevedeva una paga di circa 400 euro al mese. A ventiquattro anni non sapevo usare il computer ma feci una buona impressione.
Così lasciai la falegnameria e iniziai questo lavoro che mi sembrava più attinente al mio percorso di studi. Nell’arco di sei, sette mesi entrai a far parte della redazione del mensile del consorzio: all’inizio scrivevo piccoli trafiletti dando contributi un po’ marginali, poi il lavoro aumentò anche perché si era aperto un sito e cominciai a fare delle inchieste, delle interviste, a farmi conoscere all’interno di questa rete che raggruppava circa 2.500 associati. Dopo un anno mi proposero un contratto part-time e io pensavo di fare una tesi che avesse attinenza con questa esperienza. Purtroppo, di lì a sei mesi l’ufficio si spostò a Milano e persi il lavoro.

Sempre durante l’università, con un gruppetto di naufraghi senza reddito, durante l’occupazione della facoltà avevamo cominciato a organizzare delle feste molto grosse (anche con 3000 partecipanti) a pagamento che avevano avuto un grande successo. Nel corso della militanza politica avevamo acquisito una serie di competenze: l’attacchinaggio, la cura della grafica, l’organizzazione della sicurezza, la scelta della musica.
Eravamo in undici, sapevamo gestire gli impianti luce, organizzare forme di animazione, video attrazioni. Garantivamo anche un servizio d’ordine molto efficace contro lo spaccio e i comportamenti non consoni. Eravamo diventati davvero bravi: una festa ci fruttava anche cinquemila, seimila euro puliti. Quest’esperienza è durata circa sei mesi.

Mi sono laureato in Scienze Politiche con una tesi sull’immigrazione cinese in Italia. Il mio relatore stava scrivendo un libro su questo argomento e mi aveva chiesto un contributo di ricerca. Ho così realizzato un buon numero di interviste e alla fine ho ottenuto il massimo dei voti. Ho poi iniziato un periodo di collaborazione con il professore che mi aveva chiesto di affiancarlo nelle sue lezioni. Lui stesso tuttavia mi ha scoraggiato a fare il dottorato e, poiché venivo anche da una famiglia che non poteva finanziarmi altri anni di studio, ho deciso di mollare l’università.
Alcuni mesi prima un amico mi aveva proposto di sostituire il suo socio nella gestione di un pub: era un locale piccolo e stretto, ma c’era la possibilità di ampliarlo. Io non avevo una lira e nemmeno la mia famiglia aveva particolari risorse economiche, ma mi sentivo forte della mia capacità di organizzare feste e di lavorare nei ristoranti. Mi sono preso un po’ di tempo per parlarne con la mia ragazza e gli amici più vicini, ma dentro di me ero già deciso a buttarmi in questa nuova impresa. Mi sono dato da fare per procurarmi i soldi attraverso conoscenti e parenti.
Abbiamo iniziato ad allargare il locale, abbiamo fatto la riprogettazione generale, ho chiesto tutti i permessi necessari, ho ...[continua]

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