Pubblichiamo alcuni brani dell’intervento che Guido Bolaffi ha tenuto a un convegno di ricercatori e collaboratori dell’Aaster tenutosi a Rovato (BS) il 27 luglio ’96.

Per cercare di capire i costi dello sviluppo oggi, bisogna mettere da parte gli occhiali dell’ideologia e cercare invece, molto onestamente, di misurarsi effettivamente con le contraddizioni che lo sviluppo oggi determina.
La prima cosa che voglio dire è che trovo sconfortante che si scambino per un ragionamento sui costi dello sviluppo le discussioni sulla variante di valico o sul Giubileo di Roma. Intanto, io non posso accettare che l’alternativa a fare le cose possa comportare il far morire le persone. La cultura verde nasce come critica del sovrappiù, non del necessario. Una critica del necessario non la condivido ed è lontana dalla mia cultura. Ma, a parte questo, veramente possiamo pensare che il non fare sia una forma di possibile terapia per ridurre i costi dello sviluppo oggi? Che non fare il sottopassaggio a Castel Sant’Angelo a Roma per le Olimpiadi ci aiuti a evitare uno sviluppo distorto? Secondo me non c’è cosa più distorta dell’impiegare tre ore per percorrere dieci metri. Certo, allora andiamo a lavorare tutti col motorino, e fortunato chi vive al centro. Anche questo è interessante: quando facevano la metropolitana a Cinecittà nessuno ha protestato, perché riguardava gli altri, i poveracci che dalla periferia devono andare in centro a lavorare. Succede come con i nomadi a Milano: sotto casa nessuno li vuole.
Allora, tornare a ragionare su quali sono i costi delle sviluppo oggi, significa riaprire una riflessione sui punti più avanzati delle contraddizioni create dallo sviluppo.
Ora, e vengo al secondo punto che volevo toccare, quali sono oggi queste contraddizioni? La principale è costituita dal welfare europeo, quello che io definisco il "sociale di Maastricht". Non c’è solo l’economia di Maastricht: quando ragioniamo di Europa, abbiamo un’ipertrofia dell’economico, ci sono i super-ministri dell’economia, i tagli, le regole monetarie e il sociale è sempre ciò che rimane come residuo. Io voglio entrare in Europa con una cultura europea del sociale, anche se significherà entrare in rotta di collisione con gran parte della cultura sindacale. Perché? Perché oggi portare avanti la solidarietà intergenerazionale comporta esattamente il ribaltamento di trent’anni di politica sociale. Coloro che stanno male oggi sono i giovani, non i vecchi. Il problema che si sta aprendo è che, per la prima volta nella storia dell’umanità, le vecchie generazioni detengono una quota di potere talmente grande da impedire lo sviluppo alle giovani generazioni. Un figlio erediterà quando sarà un ultracinquantenne e le sue scelte sono state fatte da tanto tempo, e il nipote, già ventenne, dovrà aspettare altri decenni. Nel frattempo, a chi affiderà questo anziano signore la gestione del suo patrimonio? Alla SIM, al fondo mobiliare, che lo investe per le giovani generazioni rampanti nell’Est asiatico. L’Europa non invecchia semplicemente demograficamente, invecchia perché le giovani generazioni, che sono quelle che hanno bisogno di risorse per entrare nei mercati e competere, vengono ormai stabilmente saltate. Se oggi volessimo fare un’operazione utile in questo senso, dovremmo fiscalmente rendere agevolato il passaggio dell’eredità dai nonni ai nipoti, che hanno già oltre vent’anni, e dare loro il capitale per entrare sul mercato. Sto banalizzando, ma non c’è dubbio che oggi il problema sociale numero uno è il rapporto rovesciato anziani-giovani. Non si è mai dato, nella storia dell’umanità, che le vecchie generazioni concentrassero un potere così forte, un potere che vede cumularsi proprietà immobiliare, proprietà mobiliare e costi della salute.
Ci sono degli studi della Cee che evidenziano come le curve del rapporto tra quanto si dà e quanto si prende, tra vita lavorativa e vita non lavorativa, ad un certo punto, superati i settant’anni, hanno una brusca impennata, impressionante. Ovviamente non possiamo lamentarci di questo, ma dobbiamo renderci conto che la concentrazione di queste risorse determina ormai uno squilibrio intollerabile che aprirà un problema drammatico. Il buco dell’Europa è questo. Gli americani, che sono un popolo molto attento a questi fenomeni, stanno pubblicando studi dove si dimostra che, tra tre generazioni, i nipoti degli attuali nipoti saranno i vecchi più poveri del mondo perché si innescherà un effetto valan ...[continua]

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