Gianluca, 22 anni, è nato e cresciuto in un piccolo paese della Val Pusteria, dove tuttora vive, da madre sudtirolese di lingua tedesca e padre del centro Italia arrivato in Alto Adige come funzionario dello Stato.

Il mio essere mistilingue l’ho sempre vissuto come una grande spaccatura, una vera e propria schizofrenia, nel senso che la mia parte sinistra è completamente tedesca, mentre la mia parte destra completamente italiana. Le ho sempre vissute come due estremità che non possono andare d’accordo, come l’acqua e il fuoco. Solo ultimamente sto trovando una via di mezzo. Prima, o ero completamente tedesco (a casa parlavo un dialetto molto stretto), o ero completamente italiano. O una parte o l’altra. Quando ne vivevo solo una, l’altra ne soffriva. Dovevo sottomettere una parte per far vivere l’altra. Ho sempre vissuto così, fino a quando mi sono accorto che si trattava di una vera e propria violenza.
In Alto Adige, per i miei amici, ero troppo caldo, troppo italiano; quando invece andavo da mio nonno paterno, nel Lazio, mi sentivo troppo tedesco, distaccato. Di questo mi sono accorto quando ho iniziato a frequentare delle ragazze: su da noi, per la nostra gioventù, ero troppo aperto e anche precoce. Per questo motivo non riuscivo a trovare un dialogo con le ragazze della mia età e andavo a cercare quelle un po’ più grandi di me. Quando andavo giù da mio nonno conoscevo invece queste ragazze molto calde, molto aperte e mi chiudevo. Si risvegliava la mia parte fredda.
Io parlo molto meglio l’italiano rispetto al tedesco (inteso come Hochdeutsch). L’italiano è per me come un dialetto, allo stesso livello del dialetto della Pusteria. Il tedesco invece è una lingua che ho imparato. E quindi la sento più lontana, non la sento mia. Ho una sorella di 17 anni che, invece, è molto più "tedesca" di me, è molto più radicata in Pusteria e apparentemente sembra ben integrata.
Tuo padre come è arrivato in Alto Adige?
Mio padre era un funzionario spedito in Alto Adige dallo Stato italiano e qui ha conosciuto mia madre. Dopo il matrimonio si sono trasferiti nel Lazio, dove sono nato. Siamo rimasti per qualche tempo a Roma, per tornare poi definitivamente a vivere in Alto Adige.
Tuo padre parla il tedesco?
No, mio padre non lo parla. Ha sempre detto che ha rifiutato di impararlo perché altrimenti noi non saremmo mai riusciti a cavarcela con l’italiano. Lo capisce però. Se uno gli parla in tedesco lui risponde in italiano. Capisce anche il dialetto.
Io ho frequentato solo la scuola tedesca. La prima elementare l’ho fatta al mio paese e mia madre mi racconta che ero molto bravo, andavo bene. Poi hanno deciso di mandarmi in un paese più grande dove le classi erano più omogenee per età. In classe ero emarginato, sentivo che ero diverso, anche se magari non me ne rendevo veramente conto. Ero sempre un po’ ai margini, non mi facevano mai sentire veramente uno di loro. Un po’ perché ero il più piccolo, e un po’ perché avevo il padre italiano. Anch’io ho comunque fatto la mia parte: sentivo la mia diversità e, visto che loro la rifiutavano, cercavo di proteggerla e perciò non sono mai riuscito ad inserirmi. Così è stato anche alle medie e alle superiori.
Quali sono gli ambiti dove senti più forte la pressione?
Devo dire che la politica influisce parecchio: io contesto sia i partiti tedeschi che quelli italiani perché non accettano o distruggono la mia realtà. I primi sottomettono la mia parte italiana, gli altri la mia parte tedesca. Questo aspetto lo sento molto forte.
A scuola, alle superiori, quando si parlava tra di noi della Svp o dei Freiheitlichen e del loro atteggiamento nei confronti degli italiani, mi sentivo ferito e cercavo di proteggere la mia "italianità". I miei compagni fraintendevano, interpretavano male: credevano che io facessi parte di Alleanza Nazionale e si sentivano feriti a loro volta. Questo perché non si vuole uscire dal ragionare per schieramenti etnici e perché i mistilingui non sono "previsti".
Non siamo quindi mai riusciti ad andare d’accordo. Loro accettavano solo la mia parte tedesca. Ed io, subito quando mi attaccavano in quel modo, correvo a difendere l’altra parte. Questo comunque accadeva su tutti e due i "fronti": pensa che per ben due volte ho votato per reazione, scegliendo una volta Alleanza Nazionale e l’altra l’Union für Südtirol. Da un estremo all’altro: quando sentivo ferita una delle due parti sceglievo chi, in teoria, rappresentava e difendeva quella soccombent ...[continua]

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