Luigi Olivieri è deputato del Pds e fa parte del Comitato permanente per i problemi penitenziari istituito dalla Camera.

Anche la Camera dei deputati ha deciso di istituire un apposito comitato preposto al pressante problema del sistema penitenziario...
Il Comitato permanente per i problemi penitenziari nasce come articolazione della Commissione giustizia della Camera, la quale ritenendo di dover dare la giusta rilevanza alle problematiche penitenziarie che da qualche anno non trovano un quadro di riferimento complessivo, si è alleggerita delle competenze che riguardano la questione carceraria affidandole a questa struttura interna, una sorta di braccio operativo della Commissione giustizia.
C’è un generale accordo sulla necessità di una specifica e costante verifica volta a conoscere e far conoscere a fondo l’attuale a situazione. Il Comitato intende dare avvio a una serie di audizioni di tutti coloro che si occupano dei problemi penitenziari. Abbiamo iniziato coi massimi vertici per capire che tipo di obiettivi il Governo intende perseguire, con quali prospettive e con quale struttura organizzativa. In questo modo il comitato, il cui lavoro potrebbe durare anche tutta la legislatura, potrà poi verificare anche gli esiti degli intendimenti del governo, la sua capacità operativa e i risultati ottenuti. Una volta fatte le audizioni, ci impegneremo in un lavoro di mappatura sul territorio nazionale con visite specifiche sulle carceri che riterremo più significative. La realtà nazionale presenta zone dove la struttura carceraria e il livello di trattamento rieducativo e riabilitativo sono elevati e altre che sono a dir poco fatiscenti, e impediscono l’effettivo e concreto raggiungimento di qualsiasi obiettivo. Un ulteriore fase prevede lo studio dei trattamenti penitenziari adottati dagli altri paesi stranieri, per capire se c’è qualche provvedimento da mutuare, o qualcosa da imparare.
Fatta anche questa verifica di tipo comparativo, saremo finalmente in grado di promuovere proposte tese a migliorare e rendere più efficiente l’attuale situazione normativa. Sono state previste anche delle relazioni alla fine di ogni fase, così da tener informata sia la Commissione che il Parlamento. Io ricevo quotidianamente lettere di detenuti che evidenziano situazioni di grande sofferenza e disagio, tant’è che stiamo pensando di verificare la possibilità di costituire uno sportello, anche se questo comporta dei problemi non indifferenti.
Abbiamo già fatto presente che se questo comitato non sarà sostenuto da strutture adeguate e quindi anche con una maggiore disponibilità di organico rispetto all’attuale funzionamento della Commissione giustizia, tutto ricadrà esclusivamente sulle spalle dei parlamentari, che lo fanno per lo più a livello di volontariato, con risultati decisamente inferiori alle reali possibilità.
Occuparsi del carcere comporta uno sforzo mentale particolare, perché costringe a fare i conti con la mentalità di quella parte dell’opinione pubblica che enfatizza la difesa sociale, vedendo il carcere come momento di restrizione e libertà di un soggetto criminale, pericoloso in quanto tale. Ecco perché il comitato deve avere la possibilità di lavorare molto nel tempo, perché se non può fruire di un sufficiente periodo di tempo si rischia che la necessità di un accordo immediato con l’opinione pubblica finisca col penalizzare l’efficacia dell’intervento.
E’ quindi opportuno anche un intervento rieducativo sull’opinione pubblica per trasmettere l’urgenza di provvedimenti volti ad umanizzare la struttura carceraria, che allo stato attuale sembra pensata e studiata, anche dal punto di vista della sua configurazione edilizia in modo tale da risultare privativa di tutto, comportando un’umiliazione continua e ingiustificata. Io non auguro a nessuno di andare in carcere, ma sarebbe interessante organizzare delle visite, come avviene per le altre strutture pubbliche, tipo la Camera. L’obiettivo dunque è quello di avviare un processo d’informazione, di verifica, e soprattutto di sensibilizzazione pubblica, che è forse la parte più impegnativa e urgente.
Bisogna far capire che da un lato vi è la necessità della difesa sociale e dall’altro il dovere morale di fare in modo che la qualità e quantità di tempo che un soggetto passa in carcere perché nella sua vita ha sbagliato sia tale da garantirgli la possibilità di non uscirne snaturato.
Attualmente chi abita il “pianeta carcere”?
La convinzione che ci ...[continua]

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