Vincenzo Andraus è attualmente recluso nel carcere di Voghera, dove sta scontando l’ergastolo. Dal 1989 assieme ad altri detenuti ha avviato l’esperienza del Collettivo Verde.

La vera svolta per me è stata nell’88-89, un anno prima che nascesse il collettivo. In quel periodo infatti ho aperto gli occhi e finalmente ho iniziato a vedere come, per causa mia, mia madre fosse precocemente invecchiata e mia figlia fosse stata costretta a maturare in fretta, perché per il fatto di essere la "figlia del killer Andraus", era stata sistematicamente bistrattata nelle scuole, sul posto di lavoro, dappertutto. E proprio da lei infatti a un certo punto mi è arrivato l’ultimatum: "O io o gli omicidi. Decidi. O io o il carcere".
Mia figlia oggi ha quasi 25 anni, per cui allora era piccolissima, io tra l’altro nel primo e secondo anno ero sempre evaso. Posso dire che è anche lei figlia di mia madre, perché è stata seguita da lei in quegli anni, in cui ero assente. Del resto, allora tutto ciò che non era carcere, contrapposizione, per me finiva automaticamente in secondo piano. Ero entrato in un meccanismo perverso, ma il carcere di allora era così, oggi sicuramente è cambiato. Mia madre e mia figlia comunque non mi hanno mai abbandonato, mi hanno sempre seguito in tutt’Italia.
Cosa volevo allora? Non lo so, ho impiegato10 anni a capire chi sono, cosa voglio fare e se davvero lo voglio fare. Quando ho intuito che il mio essere rapinatore, ladro, contrapposto, non era più per avventura, ma stava diventando veramente un business (perché comunque anche all’interno della criminalità ci sono dei princìpi, dei codici e infatti inizialmente io non agivo in base al denaro, all’interesse, ma per un ideale, un sentimento), mi sono fermato. Purtroppo, mi sono fermato tardi, quando molte persone già non c’erano più.

Io sono nato a Catania, ma all’età di 7-8 anni la mia famiglia si è trasferita nel Veneto, a Cavalcaselle, in provincia di Verona, perché mio padre era un ingegnere navale, si spostava di continuo e noi lo seguivamo. Avevo 11 anni quando l’ho perso, andavo ancora a scuola. Adesso capisco che quanto è successo non è da addossare esclusivamente ai famosi "altri", resta però il fatto che ci siamo trasferiti in una zona che a quei tempi era fortemente razzista: io ero il "terrone".
All’inizio è stato terribile, almeno fino a che non ho fatto una grossa scoperta: finché abbozzavo, ero umiliato ed ero il terrone, reagendo con violenza, invece, nessuno osava più prendersi gioco di me.
Così a 14 anni avevo già formato una banda di minorenni che era il terrore di queste zone. Di lì a poco mi hanno arrestato per uno scippo, era la prima volta.
Fino allora avevo vissuto con mia madre, ma con il primo arresto c’è stato uno stravolgimento di tutto: basta scuola, basta famiglia, basta paese... C’era soltanto la banda con tutta una serie di trasgressioni, che mi portavano a essere diverso, senza rendermene conto, se non altro per la paura che incutevo negli altri, che così non mi scocciavano più. Rapidamente, la trasgressione è diventata devianza e la devianza, criminalità. Dallo scippo sono passato alle rapine in banca e il salto è stato fatto.
Del resto, nel periodo trascorso nel carcere per minorenni non ho imparato a non fare più il delinquente, ma a farlo in maniera più proficua. A quel punto è cominciato un dentro e fuori dalle carceri, un susseguirsi di arresti, condanne ed evasioni. Sono scappato da Venezia e anche da Treviso, insieme a Prospero Gallinari. Il livello di scontro si alzava costantemente.
Nel ’77 sono nate le carceri speciali e io le ho inaugurate. In quelle carceri è successo di tutto: ogni mese rivolte, omicidi, un casino dietro l’altro. In quegli anni credo di aver girato tutti i carceri d’Italia. Nell’82 hanno istituito i braccetti della morte, e io ho inaugurato anche quelli: completa segregazione. Terribile: ero diventato un animale.
Eravamo 18 detenuti in tutta Italia, molti si sono suicidati, molti si son pentiti per uscire di là, molti son diventati deficienti, solo qualcuno è tornato quello che era.
C’erano tre braccetti della morte in tutt’Italia, Torino, Foggia e Rendo Irpino(?). Dopo i 5 anni di "cura", hanno visto che era anticostituzionale e hanno chiuso quell’esperienza; così sono stato reintegrato nel servizio speciale e ho continuato a fare il ribelle finché sono arrivato a Voghera, che allora, nell’88-89, era definita l’ultima spiaggia come carcere speciale, il più duro. Pr ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!