Loris Campetti è redattore de il manifesto. Recentemente ha iniziato un reportage sui paesi dell’area balcanica che hanno rapporti economici con settori della piccola imprenditorialità italiana.

Qual è il filo conduttore di questo viaggio?
Il mio viaggio è iniziato dalle Marche per andare in Albania, e successivamente sono partito dal Veneto per andare in Romania. Questo spiega l’intento del mio tour, che vorrei allargare anche agli altri paesi dell’est europeo, il cui obiettivo centrale è cercare di capire come è cambiata l’economia italiana.
Ne avevo parlato con Pino Ferraris e lui mi raccontava che quando aveva voluto sapere come si produceva la ricchezza in Italia era partito da Torino, poi aveva attraversato la Liguria, Piombino, per approdare a Bagnoli. Oggi -mi confessava- se dovessi fare una cosa analoga, l’itinerario sarebbe completamente diverso.
Infatti oggi bisogna iniziare dal “mitico” Nord Est per arrivare fino alla Puglia. Basta prendere in esame i dati statistici da cui sono partito, per vedere come l’Abruzzo e la Puglia hanno un tasso di disoccupazione minore della Liguria e del Piemonte, anche se la Puglia ha una situazione a macchia di leopardo con situazioni di crisi e zone di sviluppo dissennato, che non è chiaro dove vadano a parare. In ogni caso l’Abruzzo, dal punto di vista economico-culturale, è praticamente diventato Italia centrale. Ovviamente questo viaggio coinvolge l’Emilia e le Marche, con l’intento di capire anche se esiste un rapporto tra il vecchio modello emiliano e il Nord Est e le Marche. La mia impressione è che il miracolo dell’area veneta è direttamente collegato al decentramento produttivo nei paesi dell’est europeo, in particolare nei Balcani. Qui l’innovazione tecnologica è minore, ma il costo del lavoro è in un rapporto da uno a dieci. E poi l’abitudine al lavoro è diversa, ne discende che la quasi totalità del made in Italy targato Nord Est è fatto in Albania, in Romania, in Bulgaria, Macedonia, Ucraina. Un po’ anche in Russia. Sicuramente in Ungheria, anche se l’area magiara e la Croazia sono sotto la grossa influenza del marco e quindi in un rapporto economico più stretto con la Germania.
In definitiva lo scopo del viaggio è di andare a vedere come è fatto questo nuovo miracolo economico. Questo anche per dire che non c’è solo il problema del rapporto Nord-Sud in Italia, ma anche quello Est-Ovest! C’è il crinale degli Appennini che divide due paesi completamente diversi. Per la prima volta nella storia il porto di Trieste ha superato per fatturato il porto di Genova e ciò non è dovuto al fatto che quest’ultimo è un porto in crisi ma è piuttosto la conseguenza di uno sviluppo che ormai si muove verso Est. Un ruolo fondamentale in questa partita lo gioca l’Adriatico, che è un mare la cui importanza economica è aumentata enormemente grazie a fattori sciagurati e a fattori positivi. La dissoluzione della Jugoslavia ha rotto un canale di comunicazione naturale e storico che dalla Turchia, dal Medio Oriente, dal Nord-Africa andava fino al Nord Europa. Inoltre la Grecia ha iniziato, giocoforza, ad usare come riferimento intermedio la sponda italiana, in particolar modo Ancona. Ma un altro elemento rilevante è stato il nuovo porto di Gioia Tauro, una località che nell’immaginario comune evoca fantasmi di un certo tipo. Invece è stato deciso di fare questo porto (che è una specie di cattedrale nel deserto perché non è collegato a nulla e quando una merce vi sbarca non può risalire lungo la terra ferma perché non esistono collegamenti) il quale funziona perché ha dei fondali profondi e quindi vi approdano navi provenienti non solo dal Mediterraneo, ma anche dall’estremo Oriente dall’Africa.
Queste scaricano su navi più piccole e movimentano tutto l’Adriatico. Gioia Tauro è stato quindi un ulteriore impulso per lo sviluppo di tutta questa area in questione.
La tipologia di imprenditore che hai incontrato è omogenea?
Dal punto di vista economico, è abbastanza omogenea, ma per quanto riguarda i modelli industriali e culturali è totalmente disomogenea. Non voglio incorrere in razzismi facili o nei più banali luoghi comuni, ma oltre al modello del Nord Est, che è puro e semplice decentramento produttivo, c’è sicuramente anche una parte di criminalità pugliese che ha trasformato la sua attività da criminale in impresa economica soprattutto verso l’Albania e il Montenegro.
Dal Veneto le scarpe, i vestiari, la piccola produzione ormai viene fatta completa ...[continua]

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