Erminio Scopino, sindacalista Uil per il settore tessile-abbigliamento, vive e lavora a Napoli.

Negli ultimi anni, in particolare a Napoli, sono stati fatti degli interventi, anche in campo legislativo, per affrontare il fenomeno del lavoro sommerso. Si può fare un bilancio?
Premetto che il problema non è il lavoro sommerso, ma l’economia sommersa, il che vuol dire che deve cambiare la struttura economica di un territorio.
Quando si parla di sommerso poi va considerato che la situazione è articolata. Ci sono strutture produttive totalmente sommerse, o con una percentuale molto alta di lavoro nero, per cui c’è un’azienda che esiste in quanto iscritta alla Camera di commercio, che ha due-tre dipendenti ma che in realtà lavora in alcuni periodi con 25-30 persone. Insomma, c’è una flessibilità interna del lavoro nero: c’è una parte proprio di disoccupati o di nuovi soggetti che si immettono nel mercato del lavoro. C’è poi un’altra parte che ha un altro lavoro e che integra con questo; è gente in cassa integrazione, in mobilità lunga, che trova un modo per arrotondare. Del resto, con un’indennità di 6-700.000 lire al mese non si riesce a sopravvivere; quella somma serve per sperare di trovare una collocazione definitiva, per mille altre cose, dal pagamento delle tasse al pagamento della pigione della casa popolare.
Ci sono poi le attività sommerse del falso, dell’imbroglio, che sono marginali; anche queste producono ricchezza, perché tutto il lavoro produce ricchezza, però qui siamo proprio nell’illegalità. Infine ci sono aziende che lavorano per conto terzi, per terza mano addirittura, che lo fanno in nero, perché lavorano per imprese locali o nazionali o anche internazionali, ma soltanto nei periodi dell’anno in cui c’è maggiore necessità di produzione.
Il caso più frequente, che riguarda molte aziende anche con un numero superiore a 50-60 dipendenti, è comunque quello delle imprese che utilizzano una quota di lavoratori non dichiarati: ad esempio un’azienda di 60 dipendenti, può averne 10-12 quasi stabilmente in nero, gente che lavora 4 mesi e poi va via. Parlo in particolare del settore tessile-abbigliamento. E mi risulta che questo succeda anche con grandi nomi, in cui ci sono produzioni di eccellenza, che significa marchi internazionali.
Nella zona del vesuviano citava un nuovo fenomeno, quello della presenza dei cinesi…
In quest’area vivono quasi 3.000 cinesi. E’ evidente che per avere un’attività così consistente in un territorio come quello della provincia di Napoli, zona vesuviana, c’è bisogno di appoggi. Queste coperture vengono da chi ha interesse ad avere la presenza di questi lavoratori, ossia i grandi distributori, i grandi commercianti. L’altra componente è la malavita, cinese e italiana, ripeto: cinese e italiana.
Il fatto è che la presenza straniera sul territorio è costituita esclusivamente da nuclei familiari, e allora diventa difficile pensare a un nucleo familiare di gente completamente regolarizzata con permesso di soggiorno e contratto di lavoro; c’è sempre qualcuno irregolare in famiglia, quindi disposto a entrare in questo mercato parallelo. Qui poi parliamo di gente che viene direttamente dalla Cina; in passato c’è stata anche un’immigrazione da Prato, dalla Toscana, ma ora viene direttamente da là. La novità allora qual è? E’ che in qualche modo alcuni di loro hanno cercato di emergere, di strutturarsi in azienda, con iscrizione alla Camera di commercio.
Così oggi abbiamo aziende con 20-30-40 dipendenti, tutti con permessi di soggiorno e con strutture a norma di legge. C’è stato anche un tentativo di rendersi visibili.
Ecco, questo è potuto avvenire grazie alle iniziative e all’intervento della task force della prefettura, delle organizzazioni sindacali, dell’ispettorato del lavoro, Inps-Inail in particolare; con la presenza costante sul territorio questa task force in qualche modo ha fatto capire che non ci sarebbe stata più tolleranza, obbligandoli così a strutturarsi, a organizzarsi in modo regolare. Finalmente è passata la convinzione che sul territorio bisogna “marcare” continuamente la presenza; non fare un blitz e poi riparlarne l’anno dopo.
Se c’è una presenza costante e si fanno sopralluoghi continuamente, allora i risultati si vedono.
Ci sono anche nuclei di carabinieri specializzati sul lavoro sommerso. Su questo però già ho maggiori perplessità, perché una cosa è l’intervento di una struttura controllata dalle istituzioni che hanno anche il pot ...[continua]

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