Peter Schneider, scrittore, vive fra Berlino e New York.

Che ruolo giocherà questa Germania riunificata in Europa? La Germania è di nuovo presente, e giustamente, sulla scena politica internazionale. Che peso continua ad avere la shoà in questa fine del “ritiro” della Germania dalla politica mondiale?
Penso che la Germania riunificata sia totalmente diversa da tutte le Germanie che abbiamo avuto prima: abbiamo avuto una Germania di Bismarck, una Germania di Weimar, una Germania divisa fra Repubblica Federale e Ddr. Fondamentalmente non si può parlare di una Germania riunificata, bensì di una Germania unificata, perché la forma che ha adesso non ha precedenti storici. Come Germania unita poi non è mai stata così piccola, geopoliticamente, come lo è adesso. Non è più la Germania con la Slesia, la Prussia e tutti gli altri territori, ed è una Germania che per la prima volta è accerchiata da amici. In tutta la nostra storia passata non ci siamo mai trovati in una situazione così felice. Le controversie sui confini sono tutte quante finite. Non esiste più nessuna lite virulenta per qualcosa, le associazioni degli espulsi (per esempio quelle dei sudeti) non hanno più, per fortuna, alcuna possibilità di portare avanti i loro obiettivi. E come Germania unita siamo una parte attiva d’Europa, forse anche la più attiva. Devo dire: “Chapeau!, signor Kohl”: fare l’unificazione contemporaneamente all’integrazione europea; questa era la visione prospettica giusta e importante. Riguardo a ciò, sono convinto che la Germania non darà origine in tempi prevedibili ad alcun pericolo.
Per quanto riguarda la shoà -non so se lei lo sa- esistono solamente a Berlino centinaia di rimandi a questo capitolo della storia tedesca. Posso mostrare una lista con tutti i monumenti a Berlino che rimandano alla shoà. Adesso costruiamo anche un Holocaust memorial. Non ne sono particolarmente felice, non perché sono contrario a un Holocaust memorial, ma perché sono contrario a un atteggiamento che privilegi soltanto un gruppo delle vittime dell’olocausto. Non trovo positivo che sia un memorial esclusivamente per gli ebrei. Gli ebrei senz’altro contano ampiamente il maggior numero di vittime, ma non erano gli unici. Non si può fare una graduatoria, e quindi una gerarchia, delle vittime. Dire: “Gli zingari vanno qui, gli omosessuali là e i prigionieri sovietici da quell’altra parte”; per me non ha senso.
Credo che il dibattito sull’olocausto, incominciato in modo serio solamente negli anni Ottanta, si sia protratto fin troppo, anziché troppo poco. Il problema principale mi sembra essere il fatto che i tedeschi non amano loro stessi. Un popolo che non ama se stesso rimane sempre molto inquieto e perciò c’è questo ricordo-riflesso dei nostri vicini esposto nella domanda: “Che posizione avete riguardo al vostro passato?”. E subito si cade in un atteggiamento di difesa. Anche le generazioni successive lo sentono. Lo vedo dai miei stessi figli: che colpa hanno i bambini per quello che hanno fatto i nonni? Inoltre non credo alla colpa collettiva; credo ai colpevoli e alla punizione dei colpevoli, ma non alla colpa di un intero popolo.
E’ questo un motivo per passare ad una storicizzazione della shoà?
Cosa intende con storicizzazione?
Traslare nella storia un oggetto di per sé non ancora “storicizzabile”, in quanto la dimensione dell’orrore non è ancora traducibile in categorie storiche…
Questo è troppo astratto per me. Per essere sinceri si tratta di menate intellettualoidi. Non me ne faccio nulla di affermazioni di questo tipo. Perché in tutto questo campo regna un’atmosfera terribilmente avvelenata. Ognuno vuole dimostrare di essere l’antifascista migliore segnalando all’altro che sta nuovamente storicizzando, dunque l’altro è una persona che non è capace di comprendere l’orrore dell’olocausto. Io sto sopra di te, perché ho compreso meglio l’orrore.
E’ una nuova forma di delazione che si sta diffondendo, perché ci si vuole sentire superiori all’altro.
Dovremmo essere più modesti. Si può litigare su questo tema come si è litigato in modo legittimo durante l’“Historikerstreit”. Quella era una lite importante. Ma all’estero non è stato percepito che solamente due-tre persone hanno appoggiato le tesi di Nolte mentre 40-50 oppure 60 persone erano contrarie. Qui la polemica si è risolta totalmente a sfavore di Nolte.
Anche il dibattito sulla memoria della Shoà in Germania aveva acquistato una grande attualità con la polemica Bubis ...[continua]

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