Khaled Fouad Allam insegna alle università di Trieste e di Urbino. Recentemente ha pubblicato, per la Rizzoli, L’Islam globale.

Molti si chiedono, e tu affronti il problema nel tuo ultimo libro, se l’Islam può instaurare un rapporto non conflittuale con l’Occidente.
E’ una questione che ritorna spesso, come la sua capacità di integrarsi o se l’Islam sia riformabile. Ho sempre ritenuto sbagliato il fatto di considerare i fenomeni religiosi come dei fenomeni iconici. Nel caso dell’Islam c’è spesso una rappresentazione iconica: l’Islam viene dipinto o percepito come una struttura religiosa astorica, atemporale, che sarebbe condizionata, condannata, fin dalla sua origine, a ritornare sempre alla casella di partenza, come nel gioco dell’oca. Questo impedisce di vedere ciò che muta nel profondo dell’Islam. Eppure, anche se vediamo spesso, nel campo sociale, tendenze regressive, non dobbiamo ignorare che esistono anche tendenze che contraddicono totalmente ciò che appare come regressivo. La questione dell’Islam contemporaneo è in realtà molto complicata e ogni semplificazione, come sempre, indebolisce la comprensione. Prendiamo il rapporto fra tradizione e modernità. Talvolta la tradizione è più moderna della stessa modernità e ne rimaniamo spiazzati. Nell’introduzione al mio libro ho raccontato il rapporto di una madre con sua figlia, così come è andato in onda in un programma della tv francese. Entrambe sono musulmane, la madre è nata in Algeria; la figlia, nata in Francia, brillante a scuola, laureata in filosofia, sta preparando il concorso per poter insegnare all’università. E’ una ragazza musulmana che ha letto Kant, Cartesio, Pascal e tanti altri, eppure fra le due c’è un atteggiamento completamente diverso rispetto alla religione. Sono a tavola e fanno colazione prima di uscire. Si guardano e la madre dice: “Perché porti l’hijab?”, e la figlia risponde: “Perché è scritto. E perché Dio mi ama e ci ama”. E la madre, che è analfabeta: “Ma se ami Dio non hai bisogno di mostrarlo, amalo nel tuo cuore”. Al di là del conflitto generazionale, latente, ho voluto mostrare due modalità di relazionarsi con il fenomeno religioso. Da una parte una donna, legata, antropologicamente parlando, al sistema tradizionale del pensiero, che è tranquilla e in pace con se stessa; dall’altra, una ragazza che sente il bisogno di definire la sua relazione attraverso un codice scritto, un codice di comportamento fisso. La figlia è l’immagine stessa della modernità, la madre della tradizione. Ma chi delle due è più integrata? Tutto è mescolato, è difficile tracciare linearmente le demarcazioni. Ci sono tendenze estremamente contraddittorie che si svolgono anche all’interno dell’Islam. Il problema è interpretare i mutamenti, le tendenze. C’è chi dice che l’Islam è condannato ad essere esclusivamente una religione politica, che si definisce in funzione di un codice scritto, dunque il vecchio Islam duro e puro; e invece altri, attraverso osservazioni sul terreno, sostengono che le cose stanno mutando, che esistono tendenze completamente diverse nel rapporto con il religioso, che può essere, sì, basato sull’enfatizzazione dell’identità, ma può anche essere reinterpretato tenendo conto di condizioni moderne, sovramoderne, ecc. Dunque la situazione dell’Islam contemporaneo è tale che ci impedisce di dire dove andrà, perché il suo divenire non è legato solamente alla sua essenza religiosa, scritturale, ma anche a condizioni estremamente complesse.
Quali sono queste condizioni?
Sostanzialmente è l’andamento del mondo, quello che noi definiamo globalizzazione. Ripeto, è difficile dire dove andrà l’Islam; ci sono tante tendenze all’interno di un rapporto complicato con contesti regionali, nazionali, internazionali, storici, culturali che impediscono di dare risposte univoche. Ho scritto che l’Islam sta attraversando una zona di turbolenza. Ma c’è di più: se le grandi crisi internazionali mostrano atteggiamenti diversi dell’Islam in funzione dei contesti, abbiamo però anche l’avvento di un fenomeno che ho chiamato il “pensiero unico” dell’Islam, cioè una standardizzazione dei comportamenti. Oggi vediamo che da Giacarta a Casablanca, da Marsiglia a Roma le ragazze portano il velo allo stesso modo. E’ una sorta di deculturalizzazione che viaggia da un punto all’altro del globo. Semanticamente parlando, l’ordine del discorso, il lessico utilizzato, le parole d’ordine si standardizzano e la tendenza è un impoverimento della cultura is ...[continua]

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