Giovanni Salierno ha 32 anni, impiegato, è delegato Fiom in un’industria metalmeccanica della Val di Susa, vive a Torino.

Nella mia ditta siamo 110 lavoratori, metà operai e metà impiegati e commerciali. Nelle ultime elezioni per le Rsu i candidati erano tutti Fiom: io e tre operai; si era infatti pensato che se c’era anche un impiegato era meglio. Siamo stati eletti in 3 con un’elezione bulgara. La mia azienda fa macchine di misura, strumenti per il controllo di qualità sui pezzi che vendiamo alle industrie metalmeccaniche. Fortunatamente non siamo legati alla Fiat, abbiamo clienti in tutto il mondo; l’anno scorso, quando l’Italia e l’Europa erano bloccate, ci ha salvato il mercato cinese. Nel nostro settore siamo leader abbastanza buoni, nel senso che riusciamo a difenderci bene, nonostante le dimensioni ridotte, in un settore dove c’è una grossa multinazionale, la Browning & Sharp, che sta acquisendo in tutto il mondo e ha messo insieme un bel cartello e con un diretto competitore, Zeiss, che fa prodotti nettamente superiori ai nostri, anche come prezzo.

Dopo la laurea in fisica avevo trovato un posto nell’informatica, ho fatto 4 anni nel software bancario per il San Paolo, mi occupavo dei crediti. Il lavoro mi piaceva, ma ero stufo di lavorare per il San Paolo che fa crediti alle ditte produttrici di armi. Politicamente sono di sinistra, mi ero avvicinato ai verdi, ma non sono entrato, per ora preferisco fare politica nelle associazioni e nel movimento legato al Social Forum. E’ dall’età di vent’anni che milito nell’associazionismo, ho iniziato nella Gioc, la Gioventù Operaia Cristiana, che qui a Torino è una realtà molto forte. Per entrarci non bisogna essere necessariamente operai, il suo scopo infatti è l’evangelizzazione dei giovani, anche se come ambito privilegiato ha le fabbriche e le fasce popolari in genere. Io l’ho sempre considerata e vissuta come un’esperienza di frontiera: nelle parrocchie noi della Gioc eravamo quelli che andavano nel quartiere e che stavano sulle panchine coi ragazzi. Una delle esperienze più belle che abbiamo fatto come Gioc torinese sono stati i centri di informazione per i giovani disoccupati; c’era la grossa crisi degli anni ‘80 e lì spiegavamo ai giovani come fare le domande di lavoro, dove farle, facevamo simulazioni di colloqui e garantivamo un sostegno nel tempo, ad esempio nei momenti più difficili. Per fare questo lavoro dedicavamo serate e serate alla formazione: lettura dei contratti, lettura dei giornali, preparazione di lettere d’assunzione. Ci aiutavano sindacalisti, psicologi o militanti che avevano già esperienza nel campo. La Gioc è un movimento molto giovane, sopra i trent’anni si esce, e questo è molto bello perché permette a tutti di crescere, le responsabilità non si concentrano sempre nelle stesse mani. Io provengo da una famiglia di tradizione cattolica, poi c’erano gli amici che già erano entrati, e sì, anche la motivazione personale per stare sulla frontiera, in quartieri come le Vallette o Lucento. Non ho un’estrazione proletaria, i miei erano insegnanti elementari e se devo dire cosa mi hanno insegnato direi la coerenza, poi uno sceglie come viverla, ma ad avere certe attenzioni l’ho imparato da loro. Sono mancati tutti e due abbastanza presto, quindi non so come avrebbero preso le mie scelte attuali, però, quando avevo fatto l’obiezione di coscienza, mia madre aveva capito e accettato.

Il sindacato l’ho conosciuto in Gioc, molte iniziative, come i centri di cui parlavo, ma anche le indagini sulla sicurezza sul lavoro, sono state fatte in collaborazione con la Cisl o la Cgil. Ho scelto la Cgil un po’ perché in fabbrica c’è solo la Fiom e un po’ perché dal punto di vista politico mi sembravano più seri e coerenti, oltre che più vicini alle mie idee. Quando ero in banca ero Fim, perché mi fidavo del loro delegato, un ex Gioc. Non ho mai avuto altra tessera che quella sindacale, una cosa bella della Gioc infatti è che non c’è tessera. Dovessi votare adesso farei fatica, la speranza sono i verdi, perché rifondazione può contare su ottimi militanti, che ci mettono il cuore, ma ha il limite di una grossa struttura di partito che eredita alcune tradizioni troppo pesanti. Ho iniziato come no-global a titolo individuale a Praga, nel 2000, alla manifestazione contro la Banca mondiale. Mi è dispiaciuto sapere di Seattle quando ormai era in corso, l’avessi saputo due mesi prima mi organizzavo per andarci. A Praga ero andato con degli a ...[continua]

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